RE NUDO - Anno IX - n. 66 - maggio 1978

RE NUD0/21 Sempre più di frequente la stampa quoti– diana ricorre ad una espressione situazio– nist.a per indicare l'unità e - al tempo stesso - la complessità ingannevole del mondo: società dello spettacolo. Questa familiarità col gergo situazionista non illuda, perché volutamente si omettono le necessarie conseguenze. Nella società del– lo spettacolo, infatti, l'egemonia della classe dominante si esercita a partire dal– lo spettacolo come rappresentazione fal– sificata del mondo. In questo modo, da una parte si offrono alla "massa" pseu– do-desideri e dall'altra si offre ai "rivolu– zionari" falsi modelli di rivoluzione. Mo– delli la cui inefficacia è già largamente calcolata.in partenza. Ciò - lo sappiamo - per meglio tacere s_uiveri desideri e mortificare le passioni autentiche. Ma anche perché indisturbate altre forme di terrorismo possano sconvolgere il mondo. Con l'espressione "white collar crime" · (criminalità dei colletti bainchi) s'intende una forma particolare di terrorismo mol– to più. pericolosa di quella classica degli oltranzisti politici: il terro~ economi– co. Così, accanto ad un terrorismo classi– co e visibile che la società dello spettaco– lo ha già'recuperato in tutte le sue forme come elemento essenziale della sua unità e lo ha recuperato coine Io spettacolo fra gli spettacoli, c'è un invisibile terrorismo economico i cui effetti si possono calco– _ lare solamente in termini planetari, iJ. livelli di macro-ecologia Convegni e ricerche su come gestire ed esaltare artificialmente il primo e occulta– re e svalutare il secondo sono all'ordine del giorno. (Ricordiamoci come rubare una mela sia ancora un delitto, mentre esportare capitali è una "infrazione" va– lutaria! ). La tendenza a trasformare in spettacolo il terrorismo classico l'abbiamo potuta rile– vare anche di recente nel "caso Moro". Da Mc Luhan sulle pagine del Corriere. della Sera a Umberto Eco sulla Repubbli– ca. Ma soprattutto nell'intervista, sempre sul Corriere della Sera, di Brian Jenkins (Esperto della Rand Corporation - una transnazionale americana - e del Ministe– ro degli Esteri USA. Un doppio incarico che va letto nel senso di un impero economico che presta un suo -esperto ad o ec o Terrorismo dei collet ovvero white collar crime e b una potenza politica alleata e dipenden– te). La tesi di •costui è elementare. Al terrorismo politico che sfugge alla nostra intossicazione e al nostro controllo si deve rispondere con due mosse: dramma– tizzazione dell'.avvenimento e teatralizza– zione della conclusione, della "soluzione finale"! Citiamo: "Negli ultimi due anni, su ventitrè situazioni (sic! ), dodici sono state risolte con la forza il che implica naturalmente conseguenze nell'uso dei media o addirittura (vedi il caso di Enteb– be) delle drammatizzazioni filmiche. Dapprima secondo le ricerche qui con– dotte, i governi erano riluttanti nell'uso dei commandos, poi la loro popolarità li incoraggiò. Opposizione di un teatro a un altro, soddisfazione spettacqlare (sic! ) a un pubblico frustrato. Il commando anti– terroristico - prosegue Jenkins - è un . espediente estremo. Perché è anche un potenziale pericolo nel· senso che crea una situazione teatrale di combattimento istituzionalizzato. Compito dei governi pertanto è quello di trovare il punto di e·quilibrio fra p~ricolo della reazione ec- ..cessiva (over-reacting) e quello di fornire un'immagine di impotenza, di perdita di controllo". Premette Jenkins, tutto ciò è un ·processo organico di cui dobbiamo tener conto, cioè, da una parte occorre·· istituzionalizzare le opposizioni deboli, dall'altra dobbiamo far fronte alle mino– ranze estremiste che si coagulano fra di loro come veri e propri cascami sottocul– turali delle ideologie dominanti. Per fare. fronte a ciò, prosegue, bisogna anticipare la "pulsione alla teatralità", insomma, controllare scenicamente l'inevitabile. spettacolo che ogni atmosfera di terrore e di allarme creano nella popolazione. Le stesse-cose, più o meno, avevano scritto qualche anno fa anche D.V. Segre e J.H. Adler in un famoso saggio intitolato The Ecology of Terforism (pubblicato su En– counter nel 1973) nel quale si cercava di analizzare il terrorismo come un processo di dissoluzione che occorre gestire (nota bene! ) per evitare che entri in risonanza con la natura del fenomeno sociale con– temporaneo caratterizzata da fenomeni di dispersione e di turbamento continuo. E, qui, riprendevano anche le tesi di E.V. Walter (in Theories of Terrorism and

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