RE NUDO - Anno IX - n. 65 - maggio 1978
rigore, 110no (ahimè) ancora prive di lampi creativi. Tornando ai libri, "Aurora" è quello che prefel'isco, più bel– lo il disegno, più sottile il lavoro del colore, più densa di spunti, di incontri, di IIZione la storia. Quella George Sand era davvero un bel tipo. Era una che piantava colpi di son– da nel futuro e ne riportava frasi come questa (scritta ad Adolphe Guéroult che imma– gino esterrefatto, 143 anni • fa): "Si r~cu~_,_non ambisco alla dignità maschile. Nfi sem– bra troppo ridicola per prefe– rirla di molto alla servilità del– le donne. Ma pretendo di avè– re, oggi e sempre, la superba e intera indipendenza che voi solo credete di avere il diritto di godere". Alla faccia. E dopo una vita di amori, passioni e variegati incontri con uomini anche straordinari che cosa sbofonchia mastican– do il sigaro? "Ne ho le scatole piene, gli uomini straordinari li lascio a Plutarco" Profondo messaggio; peccato non ci ab– bia indicato anche a chi lascia– re le "mezze calzette". Uigcl l'rìth La~di K'fiJ~}1rut . NigelFrith La Leggenda di Krishna Moizzi Editore L. 4.000 m.v. Alzi la mano chi non ha mai visto sotto casa sua, a un festi– val pop o nella piazza del pae– se un Rare Krishna vestito degli abiti tradizionali della cultura indiana (casacche e gonne per gli uomini, sari mul." ticolori per le donne) cantare, ballare al suono di cembali e tamburi e salmodiare in estasi la formula Rare Krishna Rare Rama. Di mani alzate ne vedo poche, quindi in molti ad ave– re incontrato almeno una vol– ta nella vita questo strano tipo di mistici che ballano per le strade e invocano un dio in– diano di nome Kri-.shnavesti– to di abiti meravigliosi e sgar- Gi o gianti. Ma chi è Krishna, questa divi– nità con cui si entra in rappor– to in un modo così strano per noi occidentali, e cioè tramite · il canto e la danza? Ce lo spiega in questo libro Nigel Frith, un professiore inglese di lettere che ha ricostruito le fasi principali della leggema e del mito di Krishna e ce le porge con un linguaggio molto poetico e incantato che, per esplicita ammissione dell'auto– re, si rifà ai grandi classici dell'epica omerica e alla poe– sia tradizionale medioevale. Profondo conoscitore della tradizione delle filosofie in<Ua– ne Frith ci fornisce un quadro esauriente della religione in– diana con un linguaggio molto piacevole e che nulla ha a che veder!! con le difficili e noiose opere che si pubblicano sull' argomento. Usando la struttu– ra del romanzo fantastico e · poetico Frith narra la vita di Krishna così come viene tra– mandata dalle grandi opere dei Purana e dell'epica sanscri– ta, mettendo in risalto l'aspet– to gioioso e ridente di questa divinità e riuscendo a dare un'immagine molto diretta del clima e del gusto della religio– ne indù e anche della stessa società indiana, almeno di quella che è rimasta fedele alla propria cultura e tradizione. Credo che chi è andato in India e vi ha trovato uno sti– molo potente a visitare e co– noscere i propri mondi inte– riori e ad_allargare l'area della propria coscienza riconoscerà certamente quella atmosfera particolare che scende cime una grazia, improvvisamente passeggiando per i boschi dell'Him_alaya o camminando con un contadino lungo le rive di un fiume... una grazia fatta di un'atmosfera antica e insie- me senza tempo, di una sere– nità profonda nata da un'im– provvisa e consapevolezza che esiste nonostante tutto una in– credibile armonia alla base della vita. Attraverso i v:lri episoèli della vita di Krishna, questo libro racconta di dei e di demoni, di paradisi e palazzi meravigliosi situati nel fondo dell'oceano o nell'empireo dei cieli, di viaggi nello spazio e nel tempo ... il .tutto narrato in uno stile che oltre ai poemi epici ricorda quello dei racconti della cerca del Sacro Graal e della saga dell'Hobbit. La leggenda di Krishna è dunque una "favo– la"? Forse. Certamente è una "favola" che tocca archetipi e immagini primordiali sedimen– tate nel nostro inconscio più profondo e riesce a parlar loro tramite uita lingua fatta di simboli oltre che di parole. Una "favola" che aiuta l'im– maginazione creativa dell'esse– re ·umano a venir fuori e a crescere, una "favola" di cui si potrebbe dire quello che anni fa si diceva di "certe" 'espe– rienze chimiche: è un vero "sballo"! ·Ed è proprio questo lo scopo che l'autore vuole raggiungere che gli interessa anche più che fornire un quadro esauriente del mondo mitolagica indiana, e dei costumi sociali dell'India trallizionale. Lo scopo più am– bizioso del libro di Frith è quello di suscitare nel cuore e nella mente del lettore una precisa risposta di carattere, spirituale, quello che l'antica cultura indiana chiamava l'e– sperienza del Rasa. Il termine Rasa indica infatti una emo– zione o un sapore particolare che il lettore sperimenta e che può essere di otto o nove tipi, eroico, poetico, meraviglioso, Quello che provoca orrore; Quello comico ·ecc. Nell'India tradizionale gli stjlti che il let– tore sperimentava leggendo un -testo erano considerati delle vere e proprie esperienze mi– stiche e si riteneva che purifi– cassero l'anima. Se il Rasa era abbastanza po– tente il lettore entrava in una vera e propria trance mistica. E' proprio una cosa del genere era negli intenti dell'autore de _La leggenda di Krishna. Per dirla con le sue parole: "Pas– sando per le differenti Rasa, il lettore dovrebbe arrivare fino all'ultima, la famosa Sringara Rasa. Questa successione di emozioni spirituali dovrebbe raggiungere il culmine nella parte... finale del libro in cui la comprensione della natura di– vina, di Krishna apparirà im– provvisa nel cuore del lettore. "Ma ci sarà riuscito? p.v. RE NUD0/45 Canti della protes,,a femminile Newton Compton - L. 1.600 La Newton Compton viene ad• arricchire la letteratura sulla creatività femminile con que– sto pregevole contributo che senza le asperità di un tratta– to specialistico, può ,ugual– mente soddisfare svariate ri– chieste di informazione e di ' studio. Il libro non è una antologia, è studiato per essere una guida e come tale gli è necessario complemento l'attività critica del lettere, ci sembra Qumdi di poterlo annoverare fra· gli struménti di lavoro. 1 curatori hanno orgamzzato il materiale in otto settori allo scopo di re{llizzare una sorta di itµierario, dalle nebbie del patriarcato, attraverso le lot– te per il lavoro, fino alla con– sapevolezza · politica della donna italiana. Ci si~o o no ~citi.___çp_!!. ~ sempre discutibile, resta il fat– to che siamo di fronte ad una vasta scelta di canti, autenti– camente popolari, non tutti femminili, che pongono più di un problema. Tenendo conto che quasi mezzo libro raccoglie ballate e stornelli in cui la donna è in– sultata, irrisa, sfruttata, usa– ta, diventa inevitabile affron– tare i contenuti reazionari e miopi di una produzione che non solo è popolare ma è an– che proletaria. Nell'ambito· della raccolta raccomandiamo con partico– lare calore i canti di risaia e di filanda, molti dei quali si pos– sono sentire ancora oggi im– mutati, per esempio nei campi della bassa lombarda. Sono belli ed efficaci fino alla vio– lenza, e preziosi perchè sono stati uno dei primi momenti di organizzazione contro lo sfruttamento .
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