RE NUDO - Anno IX - n. 65 - maggio 1978
ne base di comprensione e di azione a favore della dissidenza nel mondo intero. Non pretendo di formulare· qui una tale base, ma è chiaro che noi, all'Ovest, dobbiamo definire i parametri della no– stra dissidenza in rapporto ai valori ed alla pratica delle classi e ceti dirigenti del mondo capitalista e dei suoi sviluppi, fascismo, imP,erialismo, neo-colonialismo ed anche lo 'Zaire-imperialismo. (Anche se passati di "moda", io persisto ad im– piegare questi termini, cui tutti coloro·· :he lottano in ogni parte del mondo !anno un senso pratico. Per comprendere sistemi sociali particolarmente mistifica- :i del prim~· mondo, occorrono tuttavia 'orme d'analisi del potere più minuziose , specifiche). L'attettzione privilegiata ::he tendiamo a prestare alle riforme par– tiali delle nostre istituzioni rischia qui di limitare la nostra comprensione. E' tem: po di intensificare i nostri sforzi per \ comprendere con l'aiuto di nuovi micro– scopi sociali, che inv,enteremo la nostra relazione concreta di fronte a ciò che, altrimenti, resterebbe al livello di grandi utrazioni: l'oppressione dei lavoratori e delle minoranze nazionali, la soppressio– ne dell'informazione (per mezzo della censura sottile e della misitificazione per– petrate nei mass-media e nel processo educativo), la repressione delle donne, dei bambini, delle "minoranze sessuali", ' degli studenti disoccupati e proletari e delle vittime della psichiatria e del pro– cesso giuridico-penale. E' così, in fin dei conti, per comprendere la nostra depres– sione, questa disperazione che nasce dall' esperienza di vedere la nostra forza devia– ta da impotenti che detengono il potere. Solo partendo dalla coscienza chiara della nostra depressione noi possiamo svilup,, pare dell'odio, una analisi, delle azioni, al posto del capitolazionismo che prevale. Cercare di stabilire qualche distinzione etimologica non è qui un gioco puramen– te verbale. Letteralmente, dissidenza vuol dire sedersi dall'altro lato, nell"'altro campo", dissenso vuol dire pensare e sentire un mon.do diverso dai poteri stabi– li. . Quelli tra i dissidenti dell'Est che sono politicamente coscienti sarebbero, se la parola esistesse in italiano, dei "dissenti– tori" (la parola "dissenter" in inglese ha una lunga storia ecclesiastica e politica). Passando all'Ovest, i dissidenti non scel– gono di far parte del mondo capitalista. Essi lottano ancora in modo troppo isola– to per la libertà dei loro compagni, e contano, forse invano sullo stesso atteg– giamento di lotta, da parte. dei loro con– fratelli occidentali. Forse Boukovsky ha ragione quando preferisce il.termine "re– sistenza" a quello di "dissidenza". Egli ci dice che nel sistema sovietico RE NUD0/31 attuale l'opposizione non è tra i "buoni pensatori" e i "cattivi pensatòri"; ma si tratta piuttosto della resistenza interna di gente che comincia a pensare contro il non-pensiero degli ideologi del sistema. E' il contrario di quelli che in Occidente risolvono i loro problemi di coscienza politica ripetendo come una litania priva di senso: Gulag! Gulag! Gulag! (I) Se il non-pensiero è uno dei prodotti più vistosi di un sistema di socialismo buro– cratico, non dimentichiamo che è anche il prezzo richiesto da tutti i sistemi capi– talisti produttori di forme di non pensie– ro eminentemente redditizio ed esporta– bile. Al contrario, in Occidente i pochi dissidenti che esistono sono realmente "seduti nell'altro campo". Essi si oppon• gono non solamente al ristretto numero di persone che detengono il potere eco• nomico e politico, ma anche allo stile stesso di questo potere, e alle modalità d'intervento della tecnologia del potere nelle sue diverse strategie (che fare nell'' altro campo è un'altra qùestione). E poi c'è questa zona confusa dell'origine e dell'uso delle parole che circonda il ter– mine "intellettuale", un termine molto legato nello spirito della gente con la dissidenza. Questo termine viene dal latino inter-le– gere che suppone l'esistenza di una scelta tra varie possiblità, una scelta che impli– chi una libertà. In questo senso, non si tratta di una selezione condizionata di possibilità come nel caso dei topi .nei labirinti della psicologia behaviorista, ma della screscita personale fino alla respon– sabilità d'essere conscio della posta: che è poi la caratteristica dell'intelligenza uma– na. Intellectus potrebbe significare anche "una lettura tra le righe" per decifrare un senso nascosto, o anche, per essere alla moda, un esercito di significanti che si presume siano nostri esploratori poten– ziali ultra-umani. Tutto questo rum coglie il contenuto del latino "intellegibilis": ciò che è percettibile ai sensi - a tutti i sensi che troviamo, - là dove li abbiamo perduti: nel nostro sangue, nelle nostre viscere, nelle nostre ossa, nel nostro cuo– re, e in tutta quella parte dei nostri corpi che è "inferiore" al cervello. Rimane la questione filosofica più urgente: perchè .alcuni di noi finiscono col conoscere i loro condizionamenti tanto da superarli, mentre gli altri vivono in simbiosi con le 1 forze che li condizionano? Perchè la 1 maggior parte, si aggrappa al significato letterale rifiutandosi di leggere tra le ri– ghe della stampa quotidiana e accettando il potere impotente del capitalismo e dei suoi agenti: un potere che è, per usare una delle metafore economiche che essi
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