RE NUDO - Anno IX - n. 64 - aprile 1978

'74 quando incideva per la Virgin. E' stato George, George Martin voglio dire, che ha fatto il suo nome come secondo percussionista. E' un bravo batterista e siamo amici, anche con tutte le sue teorie su musica politica e cose simili, che io non condivido molto. D. Ecco, sulla politica ... ho sentito un paio di pezzi, Nuclear Power? No, thanks e What's up in the Centrai, che parlano del problema della energia nucleare con frasi non certo favorevo– li... R. Questa è un'altra cosa, non è la prima volta che prendiamo una posi– zione dopo tutto. Abbiamo fatto Revo– lution, e anche Strawberry Fields Fore– ver o Baby You're a Rich Man, dove c'erano delle posizioni, forse non dei trattati, ma qualcosa ... cioè, vedi, quel– lo che ci interessa è l'uomo, la gente ... oggi c'è molto male nel mondo, perché la gente non è rispettata, nemmeno si preoccupa di nessun altro. E i governi che costruiscono le centrali non si preoccupano del benessere, le centrali sono... smisurate, fuori misura. Però se cerchi delle bandiere rosse nelle can– zoni allora sei fuori strada ... le bandiere non risolvono niente per nessuno. D. E Deadly Needle? Un rock duro, sgraziato, quasi punk ... lontano dalla vostra abituale levità e leggerezza ... R. Bene, Deadly Needle è una can– zone sull'eroina. Come fai a parlare di eroina senza calcare un po' la mano, senza diventare un po' duro? Capisci, non è un argomento facile, poi aveva– mo in mente di fottere un po' certa gente, che scrive una certa musica ... non dico Hendrix, che era uno onesto, questo no, prendi Heroin di Lou Reed, ecco, era quel tipo di gente che voleva– mo colpire; no, non colpire, dargli un po' una scossa, sai cosa voglio dire... poi l'eroina è pericolosa. Noi siamo stati aggrediti, tanto tempo fa, per queste cose, ma l'eroina non l'abbiamo mai provata, né cantata, poi. Le nostre canzoni parlavano d'altro, a parte Lucy in the Sky with Diamonds, che di LDS non parlava davvero, c'è stata l'm the Walrus, o It's àll too Much ... ma nien- t'altro che acido, o erba ... niente di pericoloso. D. A dir la verità, in questo disco c'è un po' di tutto. Reunion Raga, per esempio ... o forse dovrei chiedere a Harrison ... R. Sappiamo tutti che George cono– sce bene la musica indiana. Con Ravi Shankar è sempre stato in contatto. Devi sapere che il tema ... non si chiama proprio cosi... di Reunion Raga è adattato da un Raga autentico. George è a suo agio al sitar, anche se non sta proprio dietro a Shankar; noi abbiamo avuto un po' più di difficoltà, io col tabla e Paul col tampura. Bisogna un po' immedesimarsi in quella musica, sai ... del resto noi abbiamo sempre preso qualcosa da tutta la musica che sentiamo ... quello che conta, per noi è sentirci una musica, poi possiamo farla, basta che venga a·entro. D. Non so... éomunque, tra il Raga, il rock, e poi Stockhausen, come hai detto tu. Come vi è nata l'esigenza di fare tutte queste cose... voglio dire, perché così tanto in una volta sola? R. Sai, noi abbiamo fatto tutti le musiche, una volta o l'altra, quando eravamo assieme e anche dopo. Ho già parlato del doppio bianco, dove ab– biamo messo un sacco di cose tutte diverse ... io, dopo ho fatto Ringo, ho fatto Goodnight Vienna, George è pas– sa,to da Ali things must pass dove c'era anche Dylan, e Dark Horse. Non so, John ha fatto la Plastic Ono Band, con Clapton e Voorman, e Paul... Paul va bene, ha fatto i Wings. Quello che · voglio dire ... è insomma c'è modo e modo di prendere le cose. Noi pren– diamo le cose, la musica, con spirito, umorismo, ridiamo un po'. Tutte quelle tirate sul significato delle canzoni dei Beatles sono campate pe·r aria. Non è che noi non ci mettessimo ... mettiamo niente,. anzi, cerchiamo di fare musica con dentro qualcosa, ma non ci faccia– mo i problemi di affrontare cose troppo lontane e sconnesse ... il fatto stesso che siamo noi a farle le mette già insieme. La nostr~ musica è nostra, anche se la prendiamo da dove capita. Non so, una volta John ha fatto una canzone par– tendo dallo slogan dei cornflakes! RE NUD0/35 D. Il brano più rappresentativo, più emblematico del disco, è forse The Return of the Son of the Cavern. Parla– mene un po', se voui. R. Il disco è imperniato, in un certo senso, sul Cavern, che è stato il primo locale dove suonavano John, Paul e George con Tony Sheridan, verso il '60. E' stato John, John è molto- rock in questo periodo, a lanciare l'idea di una specie di rock semplice semplice, come una volta. Poi non poteva venire così... facile, è passato tanto tempo, e allora è saltata fuori questa specie di scherzo, che è poi una rievocazione ... ogni rie– vocazione è unò scherzo, no?... poi non potevamo rifare noi stessi, le voci sono cambiate, anche con gli strumenti la tecnica è un'altra. Io per esempio ho studiato molto, ho visto anche Max Roach qualche volta, lo vedi anche in Schellentrommel, e allora non si pote– va fare l'imitazione dei Beatles marca '61, non ti_pare? D. Dicevi dì.Max Roach. C'è qualche influsso jazz, o anche di free, nei Bea– tles del '78? R. Non ci siamo interessati di free, noi, non strettamente voglio dire. Poi dopo tutto i Beatles del '78 sono ancora i Beatles e basta. Però la musica è più libera (free ndr), anche se non siamo d'accordo con molti metodi del free jazz, quelle cascate di nbte, qualche volta frastornano, noi preferiamo mantenere uan certa linea melodica, qualcosa di più immediato. D. Non so se dare per scontato che farete altre cose· insieme. Tra l'altro, con Yellow Submarine all'inizio del– l'album ed alla fine, mi pare che vo– gliate quasi già mettere una pietra sopra la vostra collaborazione odierna. E' cosi? R. No. Non proprio. Cioè, inserire Yellow Submarine come introduzione, e poi come chiusura, è stato in parte un ricordo del vecchio Sergeant Peppers, e in parte ci eravamo affezionati tutto lì. D. Molti "addetti ai lavori" e no, leggendo quest'intervista, penseranno subito che è una grossa montatura giornalistica del tutto falsa. Tu che ne pensi di questo? R. (Ride) Io so che esisto, e anche che esistono gli altri. Dico, John Paul e George. Per il resto la gente può pen– sare quello che vuole. Crederà chi sentirà il disco. Chi ha orecchie per intendere, ìnsomma. (intervista a cura di Cristiano Alzetta e Paolo Bertrando)

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