RE NUDO - Anno IX - n. 64 - aprile 1978

RE NUD0/22 possa sembrare mcredibile - di stabi– lire un "contatto" diretto e concreto, senza mediazioni istituzionali, con il "sacro", con la "potenza salvatrice" che allora intuivamo essere come alla radice dei nostri corpi e delle nostre anime - più che nell'oganizazione burocratica delle chiese. L'uso sacramentale degli psichedelici, oltre che una ardente inclinazione, ca– talizzò esperienze non-ordinarie che ci misero in contatto con "energie" anco– ra misteriose, peraltro semi-magiche e perfettamente rimosse dalla coscienza ordinaria, meccanica. Si disse allora che ilGrande Viaggio era un viaggio verso il Paese Che Non Esiste In Nessun Posto. Anche se non esistesse una terra per l'approdo (e io credo che questa terra sià uno svegliarsi dentro il nostro proprio sogno), ebbene ci resterà addosso il profumo della cosa del sogno, una visione di purezza e di gloria, una Bellezza splendente nel– l'imil)aginazione, un Tu (luogo del– l'Altro, ma anche più che un semplice essere di retorica, di linguaggio) che fu il Confidente dei nostri segreti nascosti. Forse non è un potere proprio dell'a– nima quello di rendersi immortale, ma è certamente in suo potere quello di rendersene perlomeno degna. Cosa c'è da temere? L'antipsichiatria inglese ha tentato in questi ultimi anni di dare una risposta. Ronald Laing, in particolare, è molto esplicito a questo proposito:" Questo mondo umano esterno essendo quasi completamente dissociato dal mondo interiore, ogni coscienza perso– nale diretta del secondo comporta già dei gravi rischi. Ma mentre la società, senza saperlo, hafame di questo mondo interiore, gli uomini sono costante– mente diffidati dal suscitare la sua presenza se non in una maniera "rassi– curante", vale a dire in un modo che non ha bisogno di essere preso sul serio, mentre l'ambivalenza è ugualmente intesa. Non stupisce che sia così lunga la lista degli artisti che, diciamo da centocinquant'anni, hanno fatto nau– fragio urtandosi a questi scogli: Hol– derlin, Rimbaud, Van Gogh, Nietz– sche, Antonin Artaud, ecc.". Oggi tale impresa non concerne più solo alcuni "-artisti': c'è tutta una gene– razione che sta facendo domande "in– quietanti''., e che per essere abitata da una terribile sete di sapere rischia ad ogni passo falso il rogo, il deserto, il silenzio, l'erranza. E mentre vaga nei silenzi di una disperazione che non merita, che non dovrebbe affliggerla, dei suoi comportamenti più superficiali si fa spettacolo, merce che va molto di moda. L'hippie è stato, sulle nostre scene, l'idiota di famiglia al quale si è fatta giocare una parte buona per tutti gli usi. Il commercio, si sa, non ne ha sofferto; anzi. Oggi forse non è più possibile fare parti uguali tra disuguali. E ora che - come scrive su Gong n. I di quest'anno Oscar Molinari - anche il Pop è musica ufficiale e i capelli lunghi accanto ai dolci calumet che facevano sognare un modo migliore sono ormai scalpi impolveriti al collo dell'establi– shement -, non stupisce (ma semmai rattrista) che alcuni disperati non ve– dano altra via d'uscita che quella di alzare il tiro di una spanna. Non è questa la strada. E' per dire anche questo che osiamo scrivere senza pau– ra, rimembrare quella che è pur sempre una storia nostra, una storia parallela, sotterranea e segreta. Il drop out e il viaggio sono la "forma" della vocazione terrestre comune sia agli hippies che a uomini come Ibn Arabi. E' naturale quindi che ci avvici– nassimo a lui, sia attraverso la lettura che-la frequentazione d~i luoghi dove· ancora vivevano i suoi eredi che ancora oggi, a Damasco, nel quartiere detto dalla Salihlya, ai piedi delle colline del Qassioun, raccolti attorno alla sua tomba, ne tramandano la benedizione e la memoria. Dopo aver viaggiato in Marocco e in Oriente, lbn Arabi, nato in Andalusia il 28 luglio 1165, mori a Damasco il 16 novembre 1240. Tutta la sua vita fu "ricerca", percorso puntuato da avvenimenti-visioni, iniziazioni estatiche, il cui tempo e luogo sono il 'iìlam al-mithiìl, vale a dire il mondo intermediario del corpo in stato spiri– tuale. L'organo di percezione del corpo "acceso" è l'Immaginazione attiva, che Henry Corbin suggerisce di tradurre con il termine "Immaginatrice" per di– stinguerla dalla "fantasia". In altre pa– role, si tratta del mondo in cui si accede · attraverso il viaggio o trip: un mondo che si è convenuto di chiamare l'incon– scio. Nessuno saprebbe definire esattamen– te la natura, nè precisare i limiti della parte oscura della totalità umana. Quello che però i "viaggiatori" affer– mano in tutta tranquillità è che questa ignoranza di fondo (per cui ogni idea appare chiara sempre su sfondo oscu– ro) non è destinata a restare per sempre incoscienza ma è susc_ettibile di diven– tare una visione più lucida e più dia– bolica. Per cui se proprio deve esserci messaggio non potrebbe essere che di nuovo questo: allargate l'area della coscienza. Il valore attribuito agli strati più profondi dell'animo umano come fonte di conoscenza e di virtù, qualsiasi sia la diversità che le disposizioni e la cultura fanno regnare tra gli uomini, sembra assurdo solo quando regni il pregiudizio e la tendenza a supporre che ogni conoscenza derivi sempre, in ultima analisi, dall'esterno. Malgrado_

RkJQdWJsaXNoZXIy