RE NUDO - Anno IX - n. 63 - marzo 1978

RE NUD0/20 Anche la perversione conosce un mo– mento magico. Travestita da compo– nente rivoluzionaria percorre la via crucis d'ogni organizzazione che si ri– spetti, raccogliendo, ora quà ora là, una sostanziosa quantità di altri stracci: autonomia, teatro, radio libere e de– mocratiche, pratiche psichedelich~, editrici alternative. Poi...la piazza. Abbiamo chiesto la piazza e l'abbiamo avuta: piazza Cai– roli quando eravamo poche migliaia; piazza duomo se eravamo 100.000. E per l'estate? piazza Vetra; il giorno di quà e la notte di là (dove si batte); fintantochè non c'è stato il pericolo di rovinarsi i piedi con le siringhe. Troppo per me che mi ero preso le bacchettate sulle dita a sostenere che l'ero c'entra ....,... e come! - col piacere. E dopo la piazza? Il palco! C'è .un'in– trinseca relazione dialettica tra la piaz– za e il palco: la piazza solitamente ama stringersi intorno al palco; e il palco è necessario per avere in mano la piazza. Infatti, proprio poco prima di Natale mi hanno scritto: "e m'è stato riferito che in quel momento ...ho avuto in ma– no la piazza" (2). L'entrata in scena, cominciata in sor– dina ma perseguita con tenacia, è fi– nalmente portata a compimento. Ciò ha provocato anche una nuova revisione del lessico: ci chiamano gay, oggi, in– vece che finocchi; che è come dire non-vedenti al posto di ciechi. Come gay siamo chiacchierati, desiderati, ri– chiesti, temuti. E siamo ormai dapper– tutto: a suggerire una moda, ad augu– rare buon capodanno, a fomentare la folla. La scena - a dire il vero - comincia ad essere un po' sovraffollata; a sfo– gliare i famigerati (un tempo) giornali borghesi sembra di vedere l'album di famiglia. Figurarsi se ho motivo di di– spiacermene! Proprio io che non dor– mo la notte per l'ansia che sia un "gay" il nuovo presidente ...che so... dell'ordi– ne dei Cavalieri di Malta. Ma è che ho l'impressione che ci sia qualcosa che non va; come un timore che dietro un "pubblico" troppo allettante si na– sconda un "privato" troppo disperante. lo, poi, sono all'antica. Per me sulla scena bisogna starci con gusto della teatralità; e uscire prima che finiscano gli applausi. E, dopo il sublime arresto nel salotto Guattary, come sostenere il confronto? Svenandosi nello sgabuzzi– no di Lacan? Gay is orrible! Ma l'entrata in scena, la messa in scena, la messa sulla scena è un giochino lo– goro: serve ad esorcizzare le grandi paure collettive. Cosi è anche per la figura sociale del finocchio: che parli, arringhi, proponga; purchè non insidi. Purchè resti rappresentazione. Dalla realtà al teatro: è il classico spo– stamento d'accento, dal desiderio alla censura, divenuto spostamento di to– pos. Necessario, se non si è in condi– zioni di guardare "la propria ombra e di sopportarne la conoscenza" (3). E la paura che l'omosessuale ha di sè? Cacciata dalla porta anche questa. "Gay is beautiful" è la parola d'ordine rimbalzata da una sponda all'altra del– l'oceano. Facciamone l'esegesi. Come tutte le parole d'ordine anche questa può essere letta nei termini di un rove– sciamento dello schema di valori do– minante; ma, anche, come obiettivo escatologico. C'è di più: puzza insop– portabilmente di bisogno di giustifica– zione. Sennò non si capirebbe perchè tutta questa smania di "stare insieme in modo diverso" (?), di superare "la lo– gica della coppia", di scoprire "sessua– lità ideali e complessive", con un piglio edificante da maestrine della penna rossa. Ciascuno si trastulli come può. Però c'è un rischio e ha già mostrato di essere più che un rischio: co truire la perver– sione come un'a cetica; derealizzando il desiderio che non riesce ad esprimersi "con rispetto parlando". Non ho mai sentito tanto bisogno di fare ammenda di ma chilismo e di uea.!pestare gli aspetti "politicamente comodi" del proprio desiderio come ad una recente riunione di finocchi. E allora? Vi scandalizzate se l'uscita di scena mi embra l'unica mossa che può salvare la accia alla perversione? Fuori dalla scena, e si è onesti, si a almeno a sbattere contro la storia: la propria e quella della perversione. L'attualità e il luogo della perversione sono il Ghetto. E' cosi vero che lo riconoscono subito anche quelli che ci capitano di straforo (attraverso l'auto-giudizio d'essere fi– nocchio come...) e ciò li terrorizza. E ne han ben donde visto che il ghetto è il battere, il so petto degli altri, la paura d'essere scoperto, la polizia, le aggres– sioni. Per alcuni anche peggio. Se esce dal ghetto la perversione lo fa solo per salire sulla scena. E in dieci anni non è cambiato niente? Molto

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