RE NUDO - Anno IX - n. 62 - febbraio 1978
lettere - lettere - lettere - lettere - lette""'''--- la". Certo i tempi sono cam– biati: i miei primi spinelli ave– vano un gusto particolare: era come se fosse una ricerca; ricerca forse di me stesso, for– se del contatto con gli altri, forse di un semplice star bene, non so. Certo, comunque, che il fumo non mi è bastato an– che se mi è servito, perché senza l'autocoscienza non mi sarei mai realmente conosciu– to. Anche l'autocoscienza va usata perchè è un mezzo, un mezzo per conoscersi nel più profondo, per conoscere gli al– tri per cercare di amarsi, per cercare di uscire dai propri blocchi e dai propri meccani– smi, dalltJ propne dttese. lo, almeno, la interpreto così, ma non credo che bisogni darne una definizione assoluta, vali– da per tutti. E' meglio farla che parlarne. Potrebbe sembrare a questo punto che per me fumo e autocoscienza siano ... l'accop– piata vincente (quante volte, tra l'altro, ho fatto autoco– scienza con amici e compagni ed eravamo completamente fatti) e invece no. E invece proprio dagli ultimi numeri di Re Nudo mi accorgo quanta strada ho ancora (e forse ab– biamo anéora) da fare: mi accorgo come tutti i discorsi sulla meditazione, sull'ali– mentazione, sulla ri coperta del proprio corpo, siano per me proprio dei "di corsi", dei punti raggiunti con la testa ma non col cuore, ·non in pratica. Mi accorgo di come è facile dire all'amico che certo non aiuta il proprio corpo con tutto quel vino che beve e di come poi alle 8.30 del mattino ho già bevuto tre caffè per tenermi sveglio. E mi accorgo ancora come quella mattina alle 7.30 ero lassù con voi in cima alla collina/montagna di Guello per fare meditazio– ne dinamica e sono riu cito a farmi venire un terribile mal di testa, certo frutto del mio super-io e non degli eserc1z1, tanto da smettere e· "scappa– re" a metà pratica (forse non mi sembrava. tanto serio sal– tare e gridare· uhu··ùhu alle 7 di mattina). Ancora una volta dunque io ho perso e le mie difese hanno vinto.Pazienza, l'importante è prenderne co– scienza e riprovarci (spero in un altro Guello). Insomma è difficile mettersi in discussio– ne, è difficile vincere le pro– prie difese, spogliarsi fino in fondo, ed è molto difficile, almeno per me, riuscire a cambiare la propria vita, riu– scire a gestirsela, come è mol– to difficile capirsi, amarsi, co– noscersi, comprendersi, stare insieme. Non scoraggiamoci, gli stru– menti li abbiamo, il tempo è con noi (o contro di noi? certo io ho fretta) e poi c'è Re Nudo che una volta...al mese ti cari– ca, ti dà una spinta in più per continuare. Occorerebbe quindicinale, ma i soldi chi ve li dà? (Ma non è possibile tornare alla vecchia carta non colorata, togliere la copertina "bella" e uscire ogni 15 giorni?). Comunque appe– na posso vi mando qualcosa di sotto crizione, ma non sono un milionario. With Love, Danilo. Violenza vuol dire non dir mai mi dispiace Oggi è particolarmente senti– ta dai compagni il problema che possiamo definire "la que– stione della violenza". Violen– za sì violenza no, da Lotta Continua a Re Nudo ci si affanna in una maratona di interventi ora a favore, ora contro la violenza. Finiamola di parlare di que ta come valore separato dalla no tra umanità e peggio an- cora muovendo da pos1z10ni moralistiche o con freddo cal– colo politico (alla Nicolò) di opportunità dell'uso di questa o meno, come fosse un utensi– le.ambiguo e proibito. Parliamo· almeno una volta della· violenza per quello che essa biologicamente è: espres– sione di energia. L'l.lomo è biologicamente esi– stente come insieme di impul– si e scariche di energia; la sua psiche si forma appunto dal rapporto tra tali impulsi e i freni sociali che ne impedisco– no il soddisfacimento. L'inibi– zione da parte del potere, in forme diverse, dell'energia vi– tale causa il blocco dell'e– spressione di tale energia de– viata e resa funzionale al si– stema stesso. Quando però l'energia vitale, troppo a lungo repressa, rie– sce a uscire dal ghetto in cui era stata tenuta rinchiusa, di necessità non può che esplo– dere in modo distruttivo, vio– lento. In quanto tale, la vio– lenza è liberatoria. Certo, pur rappresentando delle concrete esperienze di presa di conscienza, è solo un momento circoscritto nello spazio e nel tempo; proprio come è episodica la violenza fisica del potere che serve a fermare solo momentanea– mente il movimento, e cioè proprio quando si. verifica questa "esplosione" di energia che si esprime in ribellione. Per questo ha buon gioco, non senza una punta di mistifica– zione, il caro Levy a parlare della violenza come - l'esatta immagine riflessa nello spec– chio, del terrorismo di Stato-. In realtà la violenza esce fuo– ri dai dogmi, dalla morale, dalla legge, e si accanisce con scettica determinazione con– tro tutto ciò che incanala in stereotipi. Essa non tiene con– to, nè potrebbe tener conto, delle ripercussioni che causa. Essa forse può non ribaltare la situazione complessiva pre– sente, tutta via crea instabili– tà, deteriora i valori, appro– fondisce le contraddizioni e i contrasti spostandoli dal li– vello formale a quello concre– to. Genera situazioni esplosi– ve. Perciò mai ignorarla, declas– sarla, esorcizzarla con assur– de formule valutative, mai condannarla come forma di azione necessariamente fasci– sta; ma prenderne atto: essa, con tutti i suoi limiti, è un'e– splosione di energia immensa che illumina a giorno, anche se solo per un attimo, tutto ciò che la notte nasconde. Tutta via voglio aggiungere che, se da un lato, essa è solo un momento della lotta d'in– sieme per distruggere lo stato di cose attuale, resti ben chia– ro, d'altro lato, che non è sufficiente da sola a mettere in discussione il sistema per– chè la ribellione degli istinti diventa una forza •politica solo a condizione che sia gui– data dalla ribellione della ra– gione: quindi un rifiuto del sistema che non sia soltanto pensiero, nè solo istinto, ma entrambi, pensiero e istinto, ragione e corpo. In quest'ottica, occorre pren– dere coscienza dei blocchi che ostacolano la libera espressio– ne della nostra. creatività; non ultimi quelli che ci impe– discono di reggere quei livelli minimi di violenza che ac– compagnano sempre ogni scelta di libertà, ogni spinta verso la liberazione. Rendersi conto che la prima cosa da fare è quella di abbattere in noi tutto ciò che fino ad ora ci ha indotto ad accettare la volontà imposta. E' una lotta dura anche contro noi stessi. E' una prassi scettica tesa alla distruzione dei valori che sono in noi e fuori di noi, che ci circondano. Dissacrazione di tu.tto. Azione tesa final– mente alla ricerca di ricom– porsi con se stessi riappro– priandosi in definitiva della capacità di reagire/agire, prendendo la propria energia vitale tra le mani. (segue a pagina 62) Roberto A.
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