RE NUDO - Anno IX - n. 62 - febbraio 1978

COM& OIC&V,t,. SCl•llLLILR, i Pi ,J ~RA~Ì FAVOR\ !>'UNA t)ONNA NON ~ç>t:'O R\P,4\G ~R.li L.A MIHIMA 0MILIA- 2ÌON • P&u..' UOl'fO c'entrano più. Adesso, sorelle, a noi! Perchè quando non daremo più il permesso sul piano sociale e individua– le, tut.«: insieme e ognuna per conto suo, nel lavoro nella famiglia, nel modo di essere e di esprimersi, quando semplicemente non "daremo più il permesso" (e voi sapete cosa vuol dire) allora le catene si spezzeranno. "Da sole~' (si fa -.~z: .dire). Ma per fare ~fitl:-9<».~~am<f1ibèrarci della com– ~1€fM'.' c6i maschi che ha reso possibile il nostro letargo. Cosi se avessi un.a bacchetta magica :che mi permettesse di cancellare quello che voglio, cancellerei la complicità, prima ancora dello sfruttamento, per– chè ne è un'indispensabile premessa. 'C'è un abbraccio mortale che unisce 'sfruttatori e sfruttati, repressi e repres– sori; vittime e carnefici e - certo - uomini e donne, al di là, molto al di là delle loro contraddizioni. Se noi donne non fossimo state compli– ci nel nostro processo di asservimento fisico, psichico e culturale, il nostro famoso "ruolo" non avrebbe potuto essere così duraturo e interiorizzato. Lo schiavo che non è complice è sempre ribelle e Io schiavo ribelle è in agitazio– n.e permanente. Niente altro che questa complicità femminile ha permesso loro non solo di vincere ma di legittimare la lo,ro oppressione. . Dov.e eravamo quando ci hanno chiuse in· casa, quando ci hanno messo la cintura di célstità, quando hanno nega– to il valore della nostra conoscenza? Dove eravamo quando hanno ridotto l'emotività e l'intuito a riflessi uterini? Mi sembra autolesionista e maschile, (oltre che falso) pensare che noi non ci fossimo, che non fossimo coscienti di quanto pian piano lungo i millenni ci stessero disastrando. Pensare così signi– fica riconoscere davvero che siamo esseri inferiori, creaturine deboli di mente, incapaci di riconoscere perfino il loro sfruttamento. E' l'ultima, ma non la meno lesiva, complicità col maschio quella che ci fa dire: è tutta colpa sua. Significa che siamo -te-lmen– te prive di libertà e coscienza da non poterci assumere nemmeno la nostra p~rte di responsabilità della nostra condizione. Significa che siamo a~cora dipendenti. Ricadiamo nello stesso ruolo proprio quando crediamo di uscirne. Perchè invece non prenderci sul serio tutto il peso del nostro passato per sentire bene la nostra passività, la pigrizia, il male, il dolore, la paura e _poi scrollarcelo di dosso, noi, da sole,? Anche perchè io credo che noi abbia– mo sempre saputo, ma che abbiamo sempre trascurato e di volta in volta rimosso l~ nostra consapevolezza, com– plici e quindi coautrici delle nostre mutilazioni. Attraverso i secoli e i , secoli, nel più profondo di noi stesse, non abbiamo mai davvero creduto che la nostra differenza fosse inferiorità e C.OMEDiCEVA0\JFfON, LA DONNA e- UN A!'IÌ""-\L..E DAi C.AP6LLi !--LJN<ò~I 6. DAL.LE IOEe che i nostri valori originari fossero così miserevoli. Abbiamo fatto a finta per migliaia di anni, ci siamo comportate come se fosse vero e di madre in figlia ci 'siamo dette che le cose stavano cosi. Quello che mi interessa di capire, e che il nostro inconscio collettivo dovrà ri– cordare, è, non come abbiano fatto gli uomini ad annientarci, ma come noi abbìamo· potuto subire apparentemen– te senza resistenza. E non è la stessa cosa. Anche .i piu deboli si ribellano e noi eravamo più forti, perchè madri medichesse e coltivatrici, perchè fisica– mente e psicologicamente più resisten– ti, perchè più sagge ed attente. Avrem– mo potuto, dall'inizio e lungo i millen– ni, non stare al gioco in tanti modi, come adesso facciamo, come solo le streghe prima di noi hanno fatto. Al di là delle cause sociali ed economi– che (sono note) è stata forse la paura reciproca, la paura degli uomini dei nostri poteri e la nostra paura della loro forza, la molla che ha scatenato la complicità e quindi la divisione dei ruoli. Agli uomini l'esterno alle donne l'interno: agli uomini di esprimersi attraverso la legge della forza, ma OME DÌCEVA DÌ~RA5LI, NON ci SÌ POO° COM– !>ERVAR& L& OONHE CME ci PiACC.iONO Er NON ci C:,j Puo- €18ARAz.- 2.ARE C>ELL& DOr-1/'i e CMiiii ci·' iNPA~TiDisco– MO, fuori; alle donne di esercitare i propri poteri, ma dentro. Un doppio esorci– smo, una doppia mutilazione, l'origine di una separai:ezza che arriva. al nostro tempo senza trait-d'union. Gli uomini sono certamente dall'altra parte della barricata, ma sull'altra par– te della barricata c'è anche una parte di noi. Tanto vale riconoscerla e farla fuori, non serve fare a finta. che non ci sia. E' quella parte di noi stesse che ha volentieri ceduto il nostro mondo in cambio di un onorato servizio. Quella parte di noi che si è venduta per un'identità prudente e riparata, quella parte di noi che volentieri si è finta fragile per schivare "i rischi della gior– nata". II vero nemico è quella parte di noi che ha collaborato con l'uomo. Ed è quella che dobbiamo colpire. Perchè COME DICEVA ~ACHA ~VÌTR,Y, LA PEG(oiORE VliiMDSTT A •- LA~IA~E L.A PROPRiA M06UI! A CMi VVOI.. PIU~.,..DeilL~. un'identità, anche umiliante, è sempre un'identità, un ruolo riconosciuto, an– che se subalterno, è sempre un ruolo, uno status sociale, anche subìto. è

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