RE NUDO - Anno IX - n. 61 - gennaio 1978
RE NU00/34 storia e la loro sembra giocare un ruolo insignificante, come uno sfondo sceno– grafico utile solo in quanto riflettereb– be lo sviluppo di uno psicodramma. Non si spiegherebbe altrimenti la cu– riosa discordanza esistente tra i lunghi anni passati a viaggiare in Africa o in Oriente o in Sudamerica e l'assenza quasi totale nei viaggiatori d'un qual– siasi rapporto d'autocritica e di con– fronto con le realtà sociali e storiche dell'ambiente di viaggio. -E' difficile conoscere un paese e popoli diversi, è molto più facile abbandonarsi al flusso delle più diverse impressioni e lasciare il paese e l'incoscio collettivo del popo– lo che ci ospita agire su di noi. Niente di male se non si scambiassero per fatti quelle favolose metafore tra le quali ci si aggira in attesa di un risveglio che potrebbe anche, essere brutale: "Ma che cazzo ci faccio in questo posto pieno di cimici?". Molti viaggiatori si arrestano alle prime scoperte, al primo shock e allo spaesamento che ne conse- ....... C• •r l gue. Essi non ricevono dall'esperienza del loro scollamento culturale il benefi– cio che potrebbero ricavarne. Certo, può succedere che trovandosi tra due culture, in-trance-fra due mari e come in bilico su quel punto (forse ideale) di passaggio da una civiltà all'altra, si abbia l'impressione della relatività del– le culture, delle gabbie e dei labirinti nei quali ci dibattiamo. Allora si gode di una gioia improvvisa, si accede all'improvviso - inaspettatamente - ad un enorme senso globale, che non è più frammentato. Le frontiere della terra tra uno stato e l'altro appaiono come ridicoli anacronismi, l'Autorità che ci condannava alla colpa, al sacrificio e all'ordine dei suoi steccati, ora fa solo ridere. Cosa possono più farci, ormai, questi zombies miserabili, questi borio– si padroni della terra a cui la Realtà ha già tolto, da sempre, la terra da sotto i piedi? C'è chi crede che questo sia l'illumina– zione, ma molto probabilmente si trat- • •y !'- :•·' 1;;.:~/,--:-,~ :·,_·, , .. -, ta di un abbaglio. In realtà non ci siamo mossi, non abbiamo fatto altro sforzo che quello di sollevarci in alto, il più lontano possibile, tirandoci su per i lacci delle nostre stesse scarpe. Forse abbiamo solo sentito, per un attimo, la vertigine del nostro stesso "spirito',. Ma cosa c'importa di questo imbuto di solitudine, di questa "Anima Bella" che in privato, qualche volta, ci ritros. viamo e che, spesso, nel loro ego-trip, molti accarezzano fino a farla diventa– re viziosa? In viaggio può succedere di credere d'essere finalmente arrivati. Ci si ferma, ci si traveste da sannyasin o da Grande Iniziato, si chiudono gli occhi alla propria miseria e alla mise– ria del mondo e s'incomincia ad evan– gelizzare i popoli e a tormentare i compagni ficcandogli per forza in ta– sca gli opuscoli patinati stampati in qualche super-ashram di lusso messo su da quei monaconi indiani o sofisti che hanno capito il vento che tira. E questa è la più grande buddhanata che si
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