RE NUDO - Anno IX - n. 61 - gennaio 1978
Il problema non sta solo all'interno della fabbrica. Quello che di nuovo vien -fuori da lotte ecologiche, nuove contestazioni, è la domanda sul perchè si produce e che cosa si produce. Do– manda che Marx, partiti e sindacati non si sono mai posti. Walter: il modo in cui l'uomo si rapporta alla macchina per produrre non credi che sia la radice di una nuova organizzazione totalitaria dello stato? Glucksmann: credo che sia l'opposto. La catena di montaggio è stata creata nella realtà dei miei desideri per spezzare le lotte operaie, non per motivi economici; la struttura tecnico- . organizzativa della fabbrica è contro i· diritti dell'uomo. Dal punto di vista della produttività la catena non è meglio della non catena. Catena è programma di disciplina. Ribadisco che tra macchina e uomo non c'è che un rapporto di disciplina. Per cui per cambiare la vita bisogna rompere il rapporto di disciplina pri– ma ancora di quello di produzione. E' l'inverso del marxismo. Il problema non è la linea pÒlitica ma la ribellione. Non è la rivoluzione tecnico-scientifica che libera l'uomo. Walter: ma non è proprio la rivoluzio– ne tecnica a far schiavo l'uomo in un modo nuovo? Òlucksmann: non credo che esistano rivoluzioni tecniche. Ci sono le inven– ziori1 tecniche assunte nella produzione per creare· un quadro di disdplina. Quest'ultimo conta di più dell'aspetto · puramente tecnico. Basso.: c'è un progetto europeo di esorcizzare la diversità. 1n Italia una forma di resistenza è quella del rifiuto radicale del lavoro. RE NUD0/11 Glucksmann: anche in Russia: l'ab– bassamento di produzione non è ritar– do tecnico, ma è causato dall'assentei– smo. La differenza è che lì non possono teorizzarlo.· Basso: cosa ne pensi di Bologna? Glucksmann: ho firmato il primo appello e ho seguito il convegno sulla stampa. Due cose importanti: la di– scussione all'interno dei gruppi sul ter– rorismo •(è importante discuterlo per non subito), la discussione coi giornali– sti. La terza cosa importante è stata la rottura col P.C.I. che però ha dimo– strato di poter reggere tutto ciò, per cui rottura ambigua. Vorrei dare il mio punto di vista sul perchè il terrorismo esiste in Italia e non esiste in Francia. Il gruppo di cui facevo parte (sinistra proletaria) stava per scegliere questa strada. Nel 73, dopo la morte di Auver– nais alla Renault, una parte di noi, quella decisa alla clandestinità, aveva deciso di sequestrare Negret. Poi ci siamo posti la seguente domanda: "lo ammazziamo (se lo scambio non fun– ziona) o lo rilasciamo? Se lo rilasciamo avremo fatto tutto il sequestro per niente". Non l'abbiamo ammazzato. Su questa non-morte il gruppo si è sciolto. Il nostro punto di partenza era: il potere sta nella canna del fucile, orà. e subito. Dopo la disapprovazione degli atti palestinesi alle Olimpiadi di Monaco e appunto il caso di Negret, ci siamo sciolti senza averlo deciso. Non c'era più ragione di esistere in quanto grup– po con questi obbiettivi che avevamo verificati non nostri. Oggi, dopo quello che è successo in Germania al gruppo Baader, mi viene voglia di farmi nuovamente questa domanda: perchè allora non abbiamo ammazzato Negret per vendicare Au– vernais? Credo di poter rispondere nel seguente modo. Nella testa di noi com– pagni c'era il ricordo del maggio 68, della fraternità di allora, del sorriso, dell'autodifesa. L'assassinio di Negret rompeva questo ricordo. Inoltre, finchè noi facevamo delle contestazioni era– vamo dalla parte dei governati e non in .quel nuovo stato che giudica la gente e la condanna a morte. Nel nostro gruppo la parte che ha vinto è la parte dunque dei governati e non l'altra, quella della violenza dei futuri governanti. Tra l'altro tengo a dire che non erava– mo isol.ati, ma ricevemmo il consenso di tanti, dall'operaio al piccolo com– merciante, fino a Sartre, Deleuze, Fou– cault, che hanno detto: "No, questo, no, violenza nelle fabbriche, nella stra– da, ma non l'assassinio." (a cura del collettivo di "Viola")
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