RE NUDO - Anno VIII - n. 60 - dicembre 1977

Mirella: la cosa che mi aveva colpita subito, la prima volta che l'ho sentita, è la contraddizione tra la dolcezza del modo in cui la canti e quello che dici. Gianfranco: questa è una cosa che ho maturato con la gente mentre la canta– vo. Nello spettacolo quando dico que– ste cose violentissime... per esempio dico "tirare i sampietrini" lo dico come se parlassi di uno che sta cacciano le farfalle. E questo non per prendere per il culo il lancio dei sampietrini, ma per dare una chiave contraddittoria. La contraddizione è un richiamo di rifles– sione. Roberto: prima (n.d.r.: prima di ini– ziare l'intervista) tu parlavi di come certe cose che si rifiutano. come il mito" dello spettacolo, fatte in un'altra chia– ve possano divertire proprio perchè la gente le smitizza; io non sono d'accor- do nel senso che anche nel tuo spetta– colo c'è stata una tendenza abbastanza fredda di fronte a discorsi più intimisti, più difficili o complicati, mentre l'epi– sodio di Ricky (imitazione di Elvis Presley) è stato vissuto con la chiave spettacolare. Così, a un diverso livello, anche le battute. Marina B.: in un momento come que– sto in cui manca l'entusiasmo per fare delle cose insieme, in cui mancano i valori, manca tutto quanto è molto facile che di fronte alla riproposizione di cose che una volta hanno avuto davvero significato, si sia spinti a ritro– vare questo tipo di emozione e di partecipazione che però non è nuovo per niente. Gianfranco:ma guarda che il nostro non è uno spettacolo di revival, è uno spettacolo di cadaveri. E' vero che non è nuovo per niente ed è proprio l'ipote– si che c'è a monte ... Marina B.: sì, ma basta che anche gli spettatori non rivivano i cadaveri. Roberto: non diventino necrofili. Gia.nfranco: il problema è che gli spettatori rivivano i cadaveri, non diventino necrofili e si rendano conto, così come noi cerchiamo di renderci conto facendolo, come mai questi qui che sono cadaveri però sono ancora cadaveri viventi, degli zombi, sono ancora delle cose con cui uno può identificarsi; ecco dove sta il nocciolo del problema, che poi cadavere non è solo il rock and roll ma anche il marxismo, e anche un certo tipo di psicanalisi ... Viviamo tutti di ideolo– gia, di religione, di frammenti di ideo– logie cadaveriche del secolo scorso. Si vivono anche situazioni mimetiche ab– bastanza allucinanti: quando c'era la politica, il modello era Lenin, Lenin sui manifesti ... poi è arrivata la svolta culturale: Majakowsky. Siamo sempre lì ai primi del Novecento, sempre a rivivere i cadaveri. Che bisogno c'è di ritirare in ballo Majakowsky o i Dada? In parte può essere la riscoperta di certe cose, ma in parte si continua a vivere ossessionati di cadaveri. Invece di riconoscere il nuovo e però spiegare anche perchè dentro questo nuovo c'è anche una riacquisizione di elementi vecchi, fantasmi, cadaverici, si copre tutto e si fa una specie di indebita identificazione. Marina V.: secondo te, il nuovo c'è? Gianfranco: siamo in una situazione di perpetuo riciclaggio. L'unica situazio– ne nuova può essere questa specie di RE NUD0/29 strano ciclo organico della merce. I due cicli che si intrecciano: il ciclo fisico– corporale di cui cerchiamo di riappro– priarci e di viverlo ad un certo livello e poi c'è il ciclo della merce che si cerca di superare. Questi due cicli si intrec– ciano perchè ormai anche la nostra sensibilità, il nostro tatto e il nostro gusto sono stati formati dalla merce. Se tu vivi criticamente il bisogno del tuo corpo, altrettanto devi imparare a rivi– vere, analizzare, smontarti criticamen– te i meccanismi della tua sensibilità meccanica, quella direttamente più coinvolta con la merce, ma godendo, non facendo la c1·itica a tavolino. E' un discorso molto complicato ... Marina V.: la merce è il prodotto finale di una civiltà tecnologica ed è . poi quelio che la tiene in moto, però è la civiltà tecnologica, o no, secondo te, che dà una grande, fondamentale insi– curezza all'uomo inteso come essere umano, come capacità creativa, come capacità di sviluppo del pensiero, delle emozioni ecc, per cui è un fatto che dalla fine della guerra non c'è produ– zione di reale nuova cultura, reale nuova politica ...? Secondo me ridurre tutto al problema della merce è forse poco. Gianfranco: certo, ma anche il discor– so del nuovo è un po' lo stesso discorso. Il modo di produrre è basato sul continuo rivoluzionamento apparente delle sue basi, il nuovo è una riproposi– zione del vecchio. Marina V.: questo è un aspetto del circolo vizioso. Se l'uomo è insicuro-di sè,non è capace di creare reale nuova cultura o reale nuova politica e allora che cosa fa? Sta al gioco del riciclaggio, è incapace di uscire da questo circolo, Q no? Gianfranco: probabilmente è capace. Qui siamo sul filosofico generale ... io sono convinto che la rivoluzione indu– striale è stato uno dei più colossali, tragici errori sulla terra e questo lo si sperimenta quotidianamente. Roberto: l'unica rivoluzione riuscita Marina V.: certo perchè è stata anche una rivoluzione culturale, nel suo orro– re... Gianfranco: se fai un minimo di anali– si della tua sensibilità del corpo, ci scopri dentro dei fatti meccanici. La civiltà delle macchine ha formato or– mai la nostra percezione anche del mondo. Ad esempio, leggevo un libro sul cinema scritto negli anni trenta, che

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