RE NUDO - Anno VIII - n. 60 - dicembre 1977
munque l'incomunicabilità il dato pre– minente. La stessa gestualità (più ricca e meno mediabile) è in gran parte incomprensibile. Per cui ci troviamo nell'incredibile condizione di non rico– noscere un'esperienza di ciò che si sta modificando in noi. Quindi dicevo che siamo in paranoia perchè non abbiamo il cervello sgom– bro. Intendo dire che è come se ci stessimo svegliando da un incubo, é che i lembi dei sogni fatti ci stessero ancora svolazzando nella testa, facen– doci vivere la nuova giornata in modo funambolesco. Quello che accade ai nostri tempi non può essere spiegato con le tradizionali "categorie scientifi– che". E forse anche durante la lotta studentesca ed operaia degli anni pas– sati abbiamo sbagliato a capire, sicura– mente oggi, e forse anche allora, non bastava criticare il leninismo. Limitarsi alla critica della teoria politica marxi– sta applicata, è non voler riconoscere il dato reale: che la stessa "scientificità" della strut– tura logica del sistema di comprensio– ne delle dinamiche sociàli marxista, scientificità fondata sul dato "oggetti– vo" dei "rapporti di produzione e scambio", è inadeguata alla liberazio– ne dal capitalismo antropomorfo (o del corpo docile): una situazione in cui ogni individuo tende a riprodurre, nel– la struttura dei suoi bisogni, l'immagi– ne fedele delle merci disponibili nel mercato. Ma non basta. Non è suffi– ciente dire che uno è quello che può consumare. Proprio per questa for– zata coincidenza fra essere ed avere, fra ricchezza materiale disponibile e strati– ficazione dei bisogni, io mi domando che razza di Rivoluzione può essere quella che si ripropone di sostituire solamente dei meccanismi formali di "socialità" e di coesistenza sempre nel– la Istituzionalità e nel Mercato, mante– nuti luoghi necessari di definizione dell'umanità intera? Mi rifiuto di voler continuare a riconoscermi in base alle mie funzioni economiche ed istituzio– nali. Non mi va di affogare nella Classe, che trascende gli individui, per dare origine ad un Individuo Colletti– vo in cui tutti sono identici, ma che proprio per questo non corrisponde a nussuna persona concreta. La possibili– tà della liberazione sta nel previlegio dell'emergenza delle "particolarità" contro la sintesi soffocante dell"'uni– versale". Non mi va allora di eternizza– re nella Lotta di Classe, la Classe stessa. La lotta per il potere non la si fa più ·come l'abbiamo intesa fin'ora. Il• "Potere alle masse" è solo il Potere ad ognuno per sè. Non è più un'aspettati– va presente in una pratica formalmen– te collettiva, ma è presente come conte- o eca nuto nella vita quotidiana di ognuno. Ma voglio spiegarmi con ancora più chiarezza, partendo da un altro punto. Il limite esistenziale di una persona, l'insieme dei bisogni dalla cui soddisfa– zione essa trae la possibilità della pro– pria sopravvivenza, è definibile in base alla Consuetudine. Si sa che mangiare un cibo cotto è il modo consueto e necessario oggi di soddisfare il bisogno "naturale" di mangiare. Quindi non vi è una separatezza delineabile antropo– logicamente fra l'uomo inteso nella sua "entità naturale" e l'uomo come insie– me di determinazioni storiche. Non vi sono quindi, bisogni necessari sempre uguali a sè stessi ed alla propria "natu– ralità"; ormai lo dicono tutti che i bisogni necessari sono sempre crescenti e che si formano nella produzione materiale, nello sviluppo progressivo delle possibilità dell'uomo in quanto genere. Quindi l'insieme dei bisogni che, soddisfatti, garantiscono la so– pravvivenza fisica di una persona, han– no scarsa rilevanza se considerati in ragione della loro "naturalità"; essi possono essere più proficuamente con– siderati, nel loro insieme, come il limite esistenziale consueto agli individui di una determinata classe, e quindi diffe– renteai diversi gradi della stratificazio– ne sociale. Questa pisciata per dire che ogni componente sociale, nella necessi– tà di garantire la sopravvivenza ad ogni suo membro, deve riprodurre con– tinuamente la propria specializzazione nella divisione del lavoro. In una socie– tà classista la cosa funziona così. E la Classe Operaia (nella sua terribile unità generica) deve necessariamente identificare in se stessa la possibili– tà della sopravvivenza di ogni suo membro, con la necessità del lavoro salariato. La· lotta di classe si intreccia continuamente con la sopravvivenza. E la sopravvivenza (dai tempi più veloci di quelli dello scontro politico) rimanda continuamente alla conserva– zione. C'è la tendenza della classe ad eternizzarsi, nella stessa lotta di classe. E con se stessa eternizza i rapporti sociali capitalistici. Allora c'è una con– traddizione non solo tra classe e capita– le ma anche tra singolo operaio e Classe, tra i tempi di liberazione dalla necessità. esistenziale del lavoro salaria– to, e i tempi del superamento della consuetudine alla autoriparazione alie– nata che la stessa classe impone ad ogni suo membro. E' chiaro allora perchè nessuno vuole andare più in fabbrica, e perchè tanti operai <lei '68 se ne sono andati dall.a fabbrica nel momento crescente ddle lotte. 'Tutti hanno la sensazione che dentro ad· una fabbrica saranno sem– pre e solo Classe Operaia. Procede così ·RE NUD0/1-3 il piano di unificaiione della totalità del processo di autoriproduzione so– ciale. E lo Stato Etico diviene il momento regolatore di tutta l'unificazione, in virtù d'un assunto a priori (etico) che gli garantisce la legittimità di definire i confini della stessa coesistenza civile, di "pianificare" la riproduzione sociale, e di unificarla nelle condotte forzate di un sistema di rappresentatività univer– sale. Ed in base a queste funzioni unificatrici, lo Stato acquista una pro– gressiva autonomia di potere "separa– to". L'emergenza della vita è allora la discriminante rivoluzionaria; la ROT– TURA del progetto di unificazione della autoriproduzione totale; la rottu– ra della classe e della sua terribile unità; il superamento della classe oggi non è tanto nella lotta operaia quanto nel rifiuto del lavoro. Il soggetto che emerge, come soggetto attualmente ri– voluzionario non è definibile nelle rela– zioni di mercato, ma nell'individualità trascendentale, che precede l'esperien– za della Coesistenza Sociale, e che afferma la propria marginalità alla consuetudine unificata dell'autoripro– duzione sociale. Se "sopravvivere" tende a "conserva– zione", la demarcazione fra conserva– zione e rivoluzione non è più costituita dalla qualità della Politica, ma dalla scelta di RISCHIARE la modificazio– me del proprio fimite esistenziale con– sueto. Rifondare la possibilità della liberazio– ne su una trama di itinerari di toprav– v1venza marginali alle dinamiche so– ciali unificate. Sopravvivenza come "gestualità" sovversiva continuata. In proposito mi piacerebbe che si svol– gesse un raduno nazionale sull'arte di arrangiarsi, convegno di guerriglia an– tropologica o a piacere, di ricomposi– zione del sapere individuale in un sapere collettivo marginale. . Stefano Carluccio
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