RE NUDO - Anno VIII - n. 59 - novembre 1977
cercadi vederciuna dimensionedella vita la quale nonpuò esseredescrittaconil linguag– gio, poichè non c'è più corrispondenza tra linguaggioe realtà. Oggi i revisionistiattac– cano il movimentogiovanile e il pensiero rivoluzionario, accusandolo di irrazionalismo. Cooper: credo di aver capito ciò che vuoi dire. E' come una reazione mistifi– cata di fronte alla follia, la paura del folle, 'dei suoi tentativi verso l'autoge– stione e l'autonomia. Così se si deve usare la parola, bisogna distruggere il linguaggio, il discorso, disalienizzarlo nella pratica concreta dei piccoli grup– pi. Anche la pazzia è essenzialmente il processo diretto di destruttur~zione di una esistenza alienata. Elio: cosapensi del ruolo della musica zn generalee di quellarock? Cooper: qui ci sono molte difficoltà. Io credo che la musica in generale sia qestrutturante dell'esperienza normale. La forma classica della musica, la forma della sonata, è una destruttura– zione - ristrutturazione come nella paz– zia, in un certo senso un mezzo per una disalienazione. Ma credo che il rock sia J?avid Cooper, nato nel 1931 in Sud Africa (ha solo 46 anru"), laureato in filosofia e medicina, nel 1955 si trasferisce a Londra dove lavora in ospedali psichiatrici tradizio– nali. Nel 1965, dopo avere già diretto con Laing una unità sperimentale per giovani schizofrenici chiamata 'Villa 2 I', fonda sem– pre con Laing e un gruppo di medici e operatori sociali dissenzienti, la 'Philadel– phia Association', associazione che copre e rappresenta il complesso lavoro a rete (net•• work come lo chiama Laing) che viei;,e condotto dal gruppo, contro la psichiatria tradizionale e contro il concetto nazista e normale di 'malattia mentale'. Questo lavoro di gruppo, basato su presup– posti comuni, rispetta la diversa individuali– tà, elaborazione teorica e stile di lavoro di ognuno dei componenti, di cui importanti teorici sono J oe Berke (da leggere la storia di Mary Barnes, una donna uscita per sempre da una schizofreniia gravissima) e Morty Shatzam ("L'altra famiglia che uccide', Fel– trinelli) che oggi ha creato una associazione chiamata 'Arbours' con comuni e un centro di pronto soccorso per uscire in breve tempo da 'crisi' gravi. Su questo riprenderemo il discorso. Nel 1966 Cooper con gli altri organizza un grosso convegno internazionale 'Dialettica della liberazione' a cui partecipano Carmi– éhel, Marcuse, Sweezy, Ginsberg, Huxley, ecc. Negli anni seguenti, di grossissimo mo– vimento negli Usa e in Inghilterra, Cooper partecipa coinvolgendosi e pagando di per– sona alle storie e alle lotte di quegli anni, e: lavora nella prima grossa comune antipsi– chiatrica, Kingsley Hall, dove vivono insie– me per cinque anni studenti, persone in crisi e cosiddetti 'matti', intellettuali e antipsi- o so10 un ouon mezzo per 1pnot1zzare i giovani. Non so cosa voi ne pensiate ma ho visto delle cose terribili negli Stati Uniti, gli attivisti del '68 ridotti al rango di commercianti, che vivono e lavorano solo per guadagnare un sacco di soldi. E poi la musica rock non riempie tutta la vita sociale e allora trovano la liberazione in un pezzo di hascisch. E' una cultura totalmente chiatri. La comune chiude per boicottamen– to del comune di Londra. Nella crisi genera– le del movimento e nella dura repressione degli anni seguenti, Cooper viaggia e scrive e paga come tutti a caro prezzo le bestiali contraddizioni dello scontro tra lotta alterna– tiva e sistema. Non sappiamo niente di questa parte della sua vita e sarebbe bello che in un prossimo incontro Cooper ce lo raccontasse e testimoniasse. Nel casino politico e idelogico che segue (in Italia per esempio si discute ancora adesso con raro acume se Laing e Cooper hanno ragione o torto quando dicono, che la malat– tia mentale non esiste', senza approfondire che cosa in realtà vogliono dire con questo) e nel drammatico recupero socialdemocratico e nella mercificazione dell'antipsichiatria (in USA e altri paesi a capitalismo avanzato è pieno di false comunità terapeutiche e la terapia della famiglia viene usata · come strumento di violenza e di consenso sottile), Cooper prende posizione anche contro l'an– tipsichiatria per evitarne ogni tipo di mistifi– cazione e parla invece di non- psichiatria. "L'antispichiatria è nata come lotta dentro le istituzioni, contro tutte le forme di repressio– ne, violenza, di ghetto che ci sono nei manicomi. I I lavoro dentro le istituzioni è importante ma si deve andare avanti e stare attenti a non essere assorbiti. Bisogna politi– cizzare la follia vista come possibilità sovver– siva, convincere la gente ad accettare la propria follia senza paura. E per ottenere questo si devono buttare a mare gli esperti; tagliare la testa agli psichiatri. Per gli psi– chiatri non ci sono ormai che due alternati– ve. O si suicidano, oppure bisogna uccider– li" ( da 'Il linguaggio della follia' di D avid Cooper). svuotata, i suoi attivisti, che erano dei buoni attivisti, adesso non vendono che roba giapponese. Elio: puoifare un bilanciodella tua esperien– za? Hai dellec(Jse per cuiautocrilicarti? Cooper: puoi dirlo. Nei miei scritti c'era troppo insistenza sulla famiglia ed erano troppo carichi di terapia familiare. Ma questo quando ero in America; adesso credo di averlo supe– rato, forse non ancora abbastanza, verso una dimensione politica più generale. Elio: qualeè stata l'esperienzacheti hafatto cambiaredi più? Cooper: è difficile dire. Ne ho parlato un pò nel mio ultimo libro. Credo sia stata la mia propria follia, e dunque la mia ristrutturazione, a farmi avvicina– re ad una dimensione politica più vasta. E anche una ricerca in un mondo totalmente diverso come quello dell'Africa del Sud. Sono stato anche in Unione Sovietica, in Cina per pen– sare un pò sulla politica. In questi 3 o 4 anni, con contatti e legami internazio– nali, ho ritrovato questo mio passato "rivoluzionario". Guido: hai notalodeipassi in avantidopoil tuo ritornoin Europa nella liberazionedegli individui,soprattuttotra i giovani,dal punto di vista personale,sessuale,dei rapporti con lafamiglia e le strutturedi repressione? Cooper: credo che il fatto maggiore che si può riscontrare in questo bisogno radicale per l'autonomia è la capacità di essere soli. Se si può essere soli si può, infatti, vivere in ogni contesto, in comunità, in famiglia, in gruppo. In secondo luogo
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