RE NUDO - Anno VIII - n. 59 - novembre 1977
ti in una nashville di movimento, per 3 giorni all'anno. Con chi parlo, se non trovo una faccia che conosco già? . Pensieri come questi mi hanno assillato · durante tutti i due giorni trascorsi a Bologna. Eppure sono ormai abituato a stare da solo, a non vivermi la collettivi– tà o la socializzazione come un'ideolo– gia costante, pensavo ... Niente da fa– re... risultati positivi se ne possono tirare fuori, qualcuno può anche rispol– verare la triade storica di tre giorni di pace, amore e vibrazioni, qualcun altro ha ripreso il suo processo di ricomposi– zione politica, altri ...non lo so. lo sul treno, domenica pomeriggio pen– savo ai titoli dei giornali ... del giorno dopo. Bologna ha vinto, il movimento sempre più isolato, folklore per /è strade e botte al palasport ... Nashville di nuovo o ricostruzione del mostro? Non lo so, ma anche Bologna ci ha insegnato che l'epoca del "siamo tan– ti" è finita da un pezzo e il compromes– so storico ce l'abbiamo dentro da anni, soprattutto quando non si tratta solo di forze politiche, realtà di base più o meno organizzate, ma principalmente della nostra castrazione quotidiana a sentirci isolati, soli per tutto l'anno ... ma improvvisamente liberati in tre gior– ni di spettacolo dejavù. Roberto. Arrivo e mi fiondo a sentire Guattari super star. "Avrò poi tutto il tempo - dico fra me e me - per partecipare a un .collettivo di lavoro" Entro nel circo e sono pronta a tutto. Me meschina! Felix sta ·dicendo che gli intellettuali non sono una classe ma piuttosto una casta e che "il deprimento della differenza fra lavoro manuale e intellettuale non toglie che il lavoro intellettuale E) anco– ra privilegiato." Ci ammonisce a rico– noscere l'artiglio grinfagno del potere anche quando ci viene dal PCI... ma è matto? Continuo a dirmi che non è possibile e che, certo, dopo verrà il bello; l'ovietà ululante delle sue parole è raddoppiata dalla simultanea in bolognese. I ragazzi lo interrompono: "Monsieur de la Patis– se dove hai nascosto Guattari?" Nel 68 lo avremmo lapidato. Colonialismo cul– turale? Perchè invece di fare il profes- sore di classe differenziale non ci parla un po' della Francia, di come vanno le cose da loro, di quello che fanno loro stessi medesimi? Queste rimostranze le farà molto bene Ba/del/i nel pomeriggio in piazza (le pubblichiamo in altra parte di questo numero di Re Nudo) e saran– no balsamo per le mie ferite. Dopo essere riuscita a fare la pipì (fare la pipì non è l'ultimo dei nostri bisogni e sa dio se in questo Bologna è stata ingenerosa con noi donne) entro alla commissione "avvocati e movimento". , Mi imbatto in Nanni Cappelli, uno degli organizzatori. "Si parlerà anche di car– cere?" "Certo, certo" "Voglio dire: non solo della difesa dei compagni detenu– ti, ma anche del movimento dei compa– gni detenuti, "dal momento che loro non possono venire qui di persona". Ampie assicurazioni. Di carcere invece non si parla, ma di se e come difendere i brigatisti e assimilati. Li rivedo tutti, gli avvocati. E mi ricordo quardo irr,plorai senza successo Spazzaii Giuliano di difende– re Sante Notarnicola, o quando sette anni fa cercavo di convincere Rocco Ventre che i detemuti comuni non era– no necessariamente dei grassatori. Beh, senz'altro le cose sono migliorate. Però ho l'impressione che qui gli avvo– cati autonomi cerchino di costituire un collegio nazionale di difesa che serva per tutto il movimento, clandestini compresi, che li copra un po' politica– mente altrimenti andrà avanti, come adesso, che al primo starnuto di un 1 brigatista arrestano il suo difensore. Ascolto e mi sembra un'esigenza legit– tima ma non mi coinvolge più di tanto (non sono nemmeno avvocato) e mi interesserebbe invece incontrare com– pagni vogliosi di lavorare nel movimen– to dei detenuti. Ne incontro fuori, per la strada dove da sempre succedono le cose più interessanti: Marco, il figlio di Petra Krause, un amico di Giovanni Marini, Beppe di Padova ... e così per la strada, con nelle orecchie lo scalpic– cio di mille passi si dicono le cose, si fissano i futuri appuntamenti. La sera del sabato è quasi dolce davan- · ti allo spazio di Re Nudo sotto i portici di piazza Verdi, più tardi arriverà un corteo di femministe in protesta perchè i gruppi e gruppazzi si sono rifiutati di concedere loro il palazzetto dello sport, non solo ma le hanno anche prese in giro e a botte. Mah: se si vuole il palazzetto, lo si espugna, combattendo come fanno gli uomini "da sempre", (e RE NUD0/19 si diventa come loro) ma non lo si chiede e non ci si lamenta per non averlo ottenuto. Altrimenti ce se ne freghiamo del palazzetto e andiamo ai giardini che è molto meglio. La domenica mattina il clima diventa di attesa per la manifestazione del pome– riggio. Al palazzetto avranno vinto gli indiani o i cow boys? Forse hanno perso tutti con tre giornate di inutili scazzi e ha vinto una specie di senso di responsabilità collettiva, la fierezza di essere così tanti e la voglia di vincere il confronto con una città così ostile. Perchè quando si è più di 70.000 non esiste servizio d'ordine possibile all'itr terno del movimento che pqssa garan– tire niente. L'unico senso al mondo era quello di esserci e basta, così tanti, responsabili e disordinati, trist(e allegri come eravamo. E ironici. Un ragazzo davanti a me un momento ha gridato duro: "W Marx w Lenin, w Mao tze tung" e poi sommesso "o no?" E anche il "facciamo il salto di qualità" col saltino collettivo finale non era male. Alla fine seduta sul piazzane ho visto lo spettacolino in tono minore di Dario Fo e Franca Rame tesi e stizziti, e il povero spettacolino di Mario, Mieli, vestito di raso verde, che prende il microfono e ci incita ad accorrere in centro a inter– rompere la conferenza ecumenica. C'erano 20.000 poliziotti a difendere la manifestazione religiosa; avrebbe volu– to guidare le masse al massacro, vesti– to da sciantosa. Perchè no? Ma le masse non lo hanno seguito . Il senso di tutto l'insieme? Un modo di dire al regime: ci siamo, eccoci, siamo tanti.ci state sfasciando il paese e noi ci permettiamo di venire a profanare, a parlare, a progettare: re– pressione, centrali nucleari, sessualità, violenza, informazione, scienza; con noi prima o poi i conti li dovrete fare. Anche un modo di dire a noi stessi: ci siamo, e_ccoci, siamo tanti, ma disgre– gati, incerti, fragili, diversi. Fra noi ci sono conflitti insanabili e in qualche momento questa città sembra un culo di sacco. Essere quelli "che dicono di no" non è ancora una comune piatta– forma di vita e di lavoro. Prima o poi i conti fra di noi li dovremo fare. Marina V.
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