RE NUDO - Anno VIII - n. 59 - novembre 1977

RE NUD0/18 Ci siamo sentiti coinvolti ed eravamo effettivamente coinvolti ed emozionati. Queste sensazioni sono il massimo che che uno spettacolo possa dare. E il convegno di Bologna ha raggiunto questo culmine. Le cinquantamila per– sone "ritrovate" per affermare la capa– cità e il diritto di esistere hanno confer– mato la forza e la debolezza della loro esistenza. Decine di migliaia di interrogativi e qu]Jlche migliaio di punti esclamativi. Chi ha prevalso è ancora l'esclamativo il perentorio. Di gran lunga maggiorita– rio è stato però quell'interrogativo, co– sciente o no di chi schizofrenicamen'te saltellava gridando "Facciamo un salto di qualità" per subito dopo urlare il suo illusorio bisogno di politica con un assurdo "W Marx Lenin Maotzetung" con cui voleva drammaticamente espri– mere un reale desiderio di socializza– zione. Dopo Bologna l'interrogativo rimane e i mille microfoni delle mille radio colle– gate in un "tutto il convegno minuto per minuto" hanno dovuto registrarlo. Su "Lotta Continua" c'è chi, il giorno dopo, trionfalmente scriveva che il con– vegno di B o/ogna era stata la giusta risposta al fallimento del Lambro '76. Nonostante l'intento de/l'articolista che mirava a dimostrare tutt'altro, la verità di questa affermazione deve fare riflet– tere. E' vero, la grande "fumata" collet– tiva dei giorni di Bologna ha rap– presentato la giusta prosecuzione più politicizzata delle feste al Parco Lam– bro di Milano. Nel '76 tentammo la riedizione del successo precedente e fu il fallimento del Lambro '76. A Bolo– gna, ecco il "salto di qualità" della politica spettacolare: dalla politica della festa alla festa della politica. Mario Mieli è stato l'unico che in.piazza ha tentato coraggiosamente di manife– stare questo sentimento senza tuttavia riuscirci. Nella sua interruzione dello spettacolo di Dario Fo, preso di mira come responsabile della espressione spettacolare del convegno, Mieli ha infatti commesso un errore di valuta– zione. Infatti Daria-Fo a Bologna non ha fatto altro certo ancora una volta, che recitare (a sua parte nel grande copione, non scritto da lui, della politi– ca gauchista. Prendersela con Dario, perchè riconosciuta ed amata super– star, significa attribuire le maggiori re– sponsabilità al grande attore invece che al regista, allo sceneggiatore e al soggettista di uno spettacolo. Sbaglia– to inolte da parte di Mieli sottintendere come alternativa, alla passività delle "comparse" sedute in piazza, l'andare a contestare l'arcivescovo in Piazza Maggiore presidiata da seimila fra cele– rini e carabinieri. Mutare infatti il carat– tere di commedia a lieto fine in tragedia con dramma finale, non avrebbe mini– mamente cambiato la questione di fon– do e cioè l'essenza spettacolare di questa manifestazione imponente e irrr potente che rimaneva nella sostanza autocelebrazione della politica rivolu– zionaria. Dicevamo: bastava partecipare, hanno vinto tutti. Il PCI che ha salvaguardato il mito di Bologna democratica, le persone del movimento che hanno dato prova di esistenza, responsabilità e autocontrol– lo, la polizia che vigilando discretamen– te ha pouto attribuirsi una nuova atte– stato di democraticità. Infine ha vinto la democrazia che ha dimostrato la possi– bilità di far convivere repressori e di:r senzienti senza spargimento di sangue. I morti e i feriti d'altra parte continue– ranno ad esserci nella tragica partita fra gauchismo e socialdemocrazia e tra terrorismo e polizia e continueranno a costituire tragici intervalli fra una para– ta e l'altra del comunismo da spettaco– lo proprio del neoriformismo e del co– munismo da tragedia variante del rifor– mismo terrorista. Intanto il proletariato guarda e discute questi fenomeni come si guarda e si discute una partita di calcio. Totalmen– te estranei alla propria esistenza; i pro– letari guardano il terrorismo di questi moderni bolscevichi come a qualcosa a cui ammiccare o da condannare ma mai come un qualcosa da condividere. E comunque arrivederci alla prossima Bologna per continuare a vedere, vive– re e capire. Andrea Quando sono arrivato a Bologna sono caduto immediatamente nella logica terroristica montata giorni prima dal– l'informazione di r13gime. Ho fatto subito attenzione alle facce della gente, alle espressioni di chi ave– vo intorno; timore, un senso di ango– scia, -ilprogramma mentale assurda– mente razionale di tagliare la corda nei momenti violenti che mi aspettavo scoppiassero da un minuto all'altro. Avevo deciso di andare a Bologna per un generico senso di solidarietà o per incontrare gente amica spersa da anni. Non sentivo partecipazione al di là di questo, paradossalmente mi sentivo dentro la situazione ma con la coscien– za e la paura di sentirmi anche un pesce fuor d'acqua, uno che comincia a rendersi conto di quanto sia diventFr to difficile identificarsi in questo strano mostro che è il movimento con le sue relative differenze, differenze estetiche, politiche, di comportamento, di logica, di linguaggio. Il primo amico vicino, assurdamente non aveva nessun aspetto umano ... era un mezzo tecnico, non una persona. Il registratore sotto il braccio con una voglia spasmodica di documentare tut– to. Il feticcio, la coperta di sicurezza, il mezzo tangibile per dimostrare a chiunque il motivo per essere n. Gioco pericoloso ma affascinante. Registrare l'happenning urbano, i suoi rumori, la sua confusione, la straordi– naria realtà di massa che è un concen– tramento di migliaia e migliaia di indivi- dui. · Coscientemente lasciai perdere la vec– chia logica di chi va a un convegno per seguirne tra virgolette i suoi lavori. Non mi interessavano mozioni, propo– ste o interventi verbali dietro ai micro– foni delle assemblee, non mi interessa– vano le logorroiche dissertazioni sul movimento, non avevo voglia di assi– stere a una sfilata di ruoli ... il politico, il teorico, il filosofo d'oltralpe, l'invitato riconosciuto che esprime solidarietà generica con linguaggi preziosi ... Non avevo voglia di questo. Avevo voglia di altro spettacolo, quello dei caroselli, delle teatralità dipinte, dell'irrazionalità, del soggettivo, del particolare, del rifiuto di un raduno di soli cervelli. Non è stato un rapporto facile, mi sono sentito diverso ovunque, non avevo legami con nessuno in particolare ma non era sufficente assistere allo spetta– colo quotidiano di U')a città affittata dal movimento, per evitare il disagio. La massa in sè mi ha dato fastidio, il semplice fatto di non conoscere chi mi stava accanto anche se occasiona/– mente, l'immagine di tanti compagni che rion comunicano mai quotidiana– mente, e se ne rendono conto nono– stante l'illusione di dimostrarsi tutti uni-

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