RE NUDO - Anno VIII - n. 58 - ottobre 1977
RE NUD0/32 RRCRNnlf.sDITRICE via giulia 167 00186 roma NOVITA' a cura della rivista GONG TOP MUSIC '77 vademecumdella musica pop, jazz, d'avan– guardia e delle sue strutture. 197.S-1977. Dai grandi superstiti degli anni '60 alle nuove meteore del rock: un folle percor– so attraverso i mille sentieri del suono futuro. 14 x 20. 256 pagg., illustrato L. J.000 Emina Cevro-Vukovic,Rowena Davi• GIU' LE MANI doMe, violenza 1e11uale,autodifesa Un'analisi di tutte le violenze subite dalla donna da parte dell'uomo, delle istituzio– ni, del sistema. 14 x 20, 240 pagg., illustrato L. J.000 Autori Vari VIVERE CON POCO come fronteggiare la crisi impolta dal regime alla vita quotidiana Mercato dell'usato, cibo, libri, dischi, ci– nema, trasporti, tempo libero, autoridu– zioni ed esproprio. 14 x 20, 240 pagg., illustrato L. 3.000 John Reed AVVENTURA E RIVOLUZIONE brevi racconti ed altro Una raccolta inedita cli racconti e répor– tages dell'autore di « I dieci giorni che sconvolsero il mondo ,.. 14 x 20, 176 pagg., illustrato L. 2.500 RISTAMPE Riccardo Bertoncelli UN SOGNO AMERICANO storia della musica pop da Bob Dylan a Carter (seconda edizione aggiornata) 14 x 20, 208 pagg., illustrato L. J.000 Jack Kerouac VISIONI DI CODY introduzione di Allen Ginsberg prefazione di Fernanda Pivano lfx 20., 528 pagg., L. 5.500 Autori Vari VIVERE INSIEME il libro delle comuni 14 x 20. 256 pagg., illustrato L. 3.000 Georges Ohsawa LA VITA MACROBIOTICA 11 X 18, 208 pagg., L. 2.500 in mano, facendo salti di g101a, sono corsa in piazza Duomo, dove mi aspet– tava lui. Per festeggiare la buona no– vella, ce ne siamo andati al self-service del Motta a mangiare pollo e un'infini– tà di budini (una vera schifezza). E subito: "dobbiamo dirlo a tutti, agli amici, ai parenti". E così lui avvisò per prima la sua mamma. Per tre giorni a casa nostra sono arrivate telefonate di congratulazioni, ma per chi?, per lui, ovviamente. LA GRAVIDANZA Crema di riso. Il primo mese. "Non saprò mai essere una madre. Ho sem– pre avuto un così brutto rapporto coj bambini! Mi prendono sempre in giro! In che orrenda situazione mi trovo! Ma l'aborto, mai. Io il figlio lo voglio proprio". E così continuo a "non ragio– nare". Continuo a volere cose che la testa non mi 1 spiega e la mia gravidanza procede. mangiare bene, non ingrassare tanto, volermi bene, soprattutto il cibo dove– va essere quanto di più naturale ci fosse. Una vera e propria modificazio– ne dei sensi. Il Gusto: abbasso la cucina francese. Non sopportavo intin– goli, sughi, fritti, per quanto leggeri e cucinati ad arte. W gli yogurth, meglio se fatti in casa, i formaggi (sigh anche i formaggini, come siamo deformati or– mai), i succhi di frutta, le vitamine cercate fin nella buccia della frutta e della verdura trattata coi peggiori pe– sticidi e soprattutto il latte. Una vera e propria modificazione dei sensi: l'odore, il fumo, gli ambienti chiusi, il vino mi faceva ~enire. E così il corpo mi chiedeva di dormire tanto, di volermi bene, di curarmi, di profu– marmi, di preparare per me e la casa nuovi oggetti da cercare, da fare, pic– coli e belli. E che strano, all'ottavo mese ero solo 5 chili in più. Era ovvio che la mia "ragione" mi diceva che dovevo e potevo mettere al mondo il Mostro. Semolino. Questo periodo è stato rne– mviglioso ero tutta in armonia con me stessa. Ho imparato un sacco di cose in questi nove mesi. La più macroscopica è quella del rapporto col mio corpo. Tutti i sensi si sono acutizzati, u~iti finalmente dal torpore in cui li tenevo. Volevo sentire l'odore delle cose, so– prattutto del cibo, volevo cucinarlo, lo mangiavo con gusto. I primi rnesì di gravidanza mangiavo molta roba sala– ta gli ultimi invece non tolleravo il sale. La cosa fondamentale rimaneva però il sapore: doveva essere netto, buono, deciso, insomma saporoso. Il sonno, le passeggiate, la vita tran– quilla erano diventate la necessità più grande, stare bene per essere felice. E non dovevo fare altro che ascoltare, ascoltare quello che il mio corpo dice– va. E la saggezza del corpo mi ha guidata in tutto questo periodo del parto e anche nel rapporto con la piccolina. Verso i sei sette mesi finalmente la pancia viene e il mio corpo assume un aria buffissima, mi ìrnrnaginavo simile a quei paperotti gialli che se ne vanno in giro qm la pancia in avanti e fanno andare il culo. Questo è stato il periodo del grande affezionarnento alla pancia, mi piaceva, me la portavo in giro con molto orgoglio, la accarezzavo, pensa– vo che avrei. potuto vivere sempre con una pancetta così bella. Mi ero così affezionata ai movimenti che la picco– la faceva che pensavo "ma chi h~ più voglia di farla nascere". Ma invece man mano che mi avvicinavo agli otto/nove mesi sentivo che mi staccavo dal piacere che la pancia mi procurava per prepararmi psicologicamente e fisi– camente al parto. I racconti che le altre donne mi facevano mi impressionava– no un pochino ma mi rassicuravo pensando che nove mesi così belli, mesi in cui il mio corpo mi aveva sempre guidata, non potevano di certo conclu– dersi in modo brutto. Ero fiduciosa che il mio corpo avrebbe sopportato i dolori e la fatica del parto. Per prepa– rarmi meglio avevo fatto il corso psico - profilattico all'ospedale che avevo scelto. Era l'unico ospedale dove si praticava la cosiddetta "nascita senza violenza". Continuavo a dirmi "tutto verrà nor– malmente, basta aspettare - aspettare". La mattina dopo vado dal primario per la visita, convinta più che mai a fare una bella rissa, quando mi sento dire che il travaglio era già cominciato, che la dilatazione era già di tre cm. Mi attacco al telefono ed avverto pa– renti ed amici, ero felice. Sentivo che tutto veniva da solo. Era il 29 gennaio, un giorno dopo la data presunta, quel– la che stabiliscono i ginecologi sba– gliando quasi sempre. La mattina era grigia e piovosa, io non sentivo nessun dolore, aspettavo. Di pomeriggio esce il sole, la natura è con me, mi sembra un segnale - e quel pallido sole mi entra dentro e mi fa sentire forte come un leone. Ho delle arniche con me: si ride e si scherza. Io comincio ad avere dei dolo– rini, sto zitta e vado avanti a ridere e a parlare. Dopo un po' comunico loro che, forse ci siamo. Presa dall'ansia una corre a chiamare l'ostetrica di turno che mi spedisce di filato in sala travaglio, quella che io chiamo la stanza di tortura.
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