RE NUDO - anno VIII - n. 55 - luglio 1977
RE NU00/84 probabilmente un suo disco per l'Ananda, un'etichetta di musicisti nata qualche tempo fa a Roma). Anche questo non sfuggge alla regola. Si tratta di trentasei variazioni sul tema cileno •El pueblo unido• (jamas serà vencido), affrontato da Rzewski con una serietà, una carica, un mordente senza tregua. Il tutto con la sensibilità del– l'accademico, il •drive• del jazzista, il senso della co– municazione della musica popolare e il gusto per il coinvolgimento del rock. Non è poco. Trentasei variazioni che lo scorso anno Rzewski ebbe modo di presentare dal vivo, al piano solo (come è normale per lui), davanti ad uno sparuto pubblico al Beat 72 di Roma (ma chi c'era difficilmente dimenticherà la serata). Quello che impressiona in lui è il «metodo», la compiutez– za, la realizzazione, la ten• sione, il non comune senso del profondo. Peccato che musicisti crea– tivi e aperti come lui cadano facilmente in trappole, come quella che ha visto appunto questo pianista, sempre a Roma qualche tempo fa nel corso di una sua breve tour· née italiana, esecutore di una ignobile partitura di Luca Lombardi. Il disco invece è tutto da gustare. Cat Stevens lzitso Island D. S. Nella perfetta foto di coper– tina Cat Stevens gioca con lo yo-yo rosso su sfondo di studio rosso e gilet di lana rosso. Bordo e scritta gialli. Ombre studiate, piccolo ri– tlesso di luce sullo yo-yo (che forse in greco si chia– ma izitso .....:.non so è un' ipotesi). Nell'angolo in basso a de– stra compaiono due bottoni, che fanno capire che il gilet è aperto. La musica nei solchi funziona allo stesso modo della co– •pert.ina, una perfezione nel lavoro che, forse, rivitalizza il •banale»; banale percliè è banale fare un'altra disco di canzoni dopo averne già fatti tanti: perchè è banale che Cat Stevens scriva I pez– zi, owiamente, ..alla Cat Ste– vens•, banale fare un pezzo in cui si canta (Non ho· mai voluto) essere una star-tito– lo-non ho mai voluto andare ai party avec la bourgeoisie– banale invitare Chick Corea a partecipare alle registra– zioni (per gentile concessio– ne della Polydor). Banale rivitalizzato? Se si, nella cura del lavoro, nella continua invenzione che ti e– ne insieme arrangiamenti che nella sostanza •musicale• non si discostano da quelli di sempre, ma che hanno invece timbri più ricchi (mol– ti sintetizzatori e in partico– lare il polimoog), sempre U· sati con estrema discrezione ed eleganza, e (è il loro pun– to vincente) non mancano mai, nemmeno per una bat• tuta di avere un piccolo toc– co di geniale mestiere che rinnova frasi che apparten– gono già ampiamente al mondo del conosciuto, ren– dendo di nuovo credibile l'in– castro di una musica sem– pre legata a schemi molto geometrici. Cioè più semplicemente, niente di «nuovo• o •origi– nale», ma invece un lavoro che non è vecchio e riesce a tenere sulla linea il suo autore. Tipico disco a cui è possibile nel tempo affe– zionarsi o anche dimenticar– lo alla svelta; l'ascolto velo– ce delle recensioni non dice di più, se non di provare a sentire perchè nel suo ge– nere e, in mezzo a grossi cali di rendimento di molti star, non sembra male. Banco del Mutuo Soccorso M. V. Come in un'ultima cena Manticore Nel panorama della musica italiana il Banco è sempre stato per me uno del gruppi più convincenti fino dal pri· mo album, dai tempi di • R. I.P. • e del • Giardino del Mago•· Quest'ultimo lavoro non è da meno, anche se da allora molto è cambiato (In posi– tivo?) nella vita di questo gruppo: il successo Inglese prima e poi americano, l'en– trata nella •scuderia• Man– ticore di Greg Lake (quello famigerato degli E.L.&P. per intenderci), la produzione di versioni inglesi dei loro al– bums. • Come in un'ultima cèna • vuole essere un esame, una verifica del rapporti che si hanno quotidianamente con gli amici • ..... A cena per esempio •, dove ognuno sa già che sentirà I soliti di– scorsi scontati e le battute già dette. Ad un certo punto, improwl– samente, uno degli amici mette al centro della discus– sione se stesso, il suo lo con tutte le paure, I sensi di inferiorità e i meccanismi di difesa che ha nei rapporti con gli altri. In questo modo ognuno si rivela, si • apre • agli altri e mette in discus– sione la sua falsa sicurezza (• Il Ragno •), ·i suol schemi fissi (.. Slogan! •l. la sua paura di mostrarsi come è realmente (• Quando, la buo– na gente dice •). La musica rimane nel solito stile del Banco, con le tastiere dei fratelli Nocenzi in primo pia– no. La fusione ka classico e rock continua ad essere più che apprezzabile (bello il brano acustico • la notte è piena•). Ottima anche l'idea del li– bretto-nota con la presenta– zione dell'album e del testi. Michal Urbaniak Body English EMI A.B. Di questo violinista polacco anche gli appassionati di jazz più accaniti sanno ben poco. E' il marito di Urszula Dud– ziak (ricordate •Papaya•?l, oltre a suonare il violino è un bravo sassofonista, non– chè un es!'erto di sintetizza– tori. Dopo il successo euro– peo, dove riuscì ad imporsi con un tipo di musica folclo– ristica ma di natura jazzisti· ca (si andava dalle polke in chiave blues ai motivi popo– lari macedoni), anche per lui è arrivato il momento della Americ_a. Quello che poteva essere un buon momento per un tipo di jazz che cercava indipendenza dal modello a– mericano è oggi finito da un pezzo. Michal Urbaniak è og– gi un jazzista funky. Il suo nome compare sempre più spesso ai primi posti dei re– ferendum di •Down Beat», decisamente un astro na– scente, peccato che del mu– sicista creativo che conosce– vamo non sia rimasto più nulla. Da europeo rinnegato Ùrba– niak si è trasformato in un buon artista tunky, profes– sionale quanto basta per surriscaldare il clima delle discoteche che vivono con questo tipo dì musica. In questo •Body engllsh• compare anche sua moglie Urszula, che ha avuto una pa– rabola assai simile. Peccato che i loro pischl ar– rivano sul mercato proprio ora, quando il discorso musi– cale si è così Impoverito. Chissà quanti se li ricordano, questi due coniugi polacchi, ad un lontanissimi festival jazz di Pescara di moltissimi anni fa, stupendi e onesti anticipatori del folk-jazz? Cre– do veramente pochini, anche perchè vennero cacciati dal palco dopo pochi minuti per– chè l'elegante pubblico delle Naiadi non gradiva le loro ricerche. o.s.
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