RE NUDO - anno VIII - n. 55 - luglio 1977

~·~ ~\!c.. (' '"7; :- o· ,,,., ' o tu ·::::- ~ r.: .. Il NUD0/5 . , lii , j H'--n,,c,t ~---==-==aii-- ....... ~-- ~ . un,1 éoscienza per iar sì che le cam– pagne emiliane o toscane non si tra• sformino in una grande ghetto dove concentrare i giovani turbolenti. Con questa consapevolezza dobbiamo an· che rifiutare la paranoica visione del– le trappole capitaliste che recuperano e divorano tutto. Non saremo certo noi a risolvere le contraddizioni in cui la società capitalista si dibatte, andando a lavorare in campagna. Prendiamo invece atto che di qui a dieci anni può diventare una condi– zione sine-qua-non riuscire a mante– nere ( meglio sarebbe dire ritrovare) la nostra umanità. Nessun governo delle sinistre potrà infatti capovolge– re i modelli di sviluppo delle costru– zioni urbane. La grande conquista sarà costruire mi:lle alveari umani di cento piani per dare una casa a tutti i proletari. E dalle mille casermone sventoleranno le bandiere rosse. Ap– punto. Davanti a queste conquiste proponiamo quindi una ritirata, de– gli umani. I ricchi l'hanno capito da tempo e le campagne circostanti le città sono sature di ville e villone di chi due giorni alla settimana ~rede di d rivivere la condizione umana per poi rituffarsi nel mare di cemento. Mol– tissimi ricchi però non sono abba– stanza ricchi o intelligenti per abban– donare .definitivamente la fonte della loro ricchezza o del superguadagno. Il popdlo degli uomini ha un vantag. gio enorme: non ha una Hra da per– dere, non ha fonti di superguadagno da perdere, non ha lavoro. Per molti irl freno è rappresentato dalla paura della scelta individuale, la paura di fuggire, di arrendersi. Ma sono gli ultimi freni, stanno venendo i tempi della morte dell'ideologia, dei modelli, dei miti. L'ORIENTE NON E' ROSSO, . E' SOLO MISTERIOSO Il crdllo del mito cinese apparente• mente (realtà esterna) non ha avuto ripercussioni evidenti nel movimento inteso. come pardtini, realtà organiz– zate, invece· effettivamente ha éontti- buitu a modificare profondamente un mare di compagni, individualmente, nel loro essere, nel loro rapporto con l'ideologia, con la politica (realtà in– teriore). Qua'l'è dunque la realtà da cui si ha paura di fuggire? Il gioco della poli– tica ci ha fatto credere per troppo tempo che la fuga coincideva con l'andare via con lo spostarti, con il mollare la reahà di tutti i giorni. Pro– viamo adesso a ·fare un altro gioco, quello di ipotizzare che non esista una grande realtà oggettiva a cui far riferimento ma che esista una realtà soggettiva (non necessariamente indi– vidua'le, ma anche collettiva) con cui confrontarsi. Facendo questo gioco ci si accorge che si può fuggire ·ovun• que anche nel partito, anche buttan– dosi a capofitto nella militanza, an• che ( e soprattutto) facendo qualsiasi cosa senza mantenere vivo un rap– porto con la propria realtà interiore cioè semplicemente con se stessi al– l'interno di una dimensione comuni• tari.a.

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