RE NUDO - Anno VIII - n. 54 - giugno 1977

dello zucchero; lo stridio del cuc– chiaio nel sacchetto. Ma, lacerante, il dolore cosciente del distacço infi– nito dall'uomo (le lettere a lui indi– rizzate wno U, ma egli è scacciato dallo universo del film). La vita dura la· sua realtà, non il tempo che l'uomo ha stabilito per noi. Il tempo non scorre solo oriz– zontalmente, ma sprofonda, perde la strada, si inabissa, ascolta altre voci. Non più il tempo che il lavoro tran– cia e divide e sconfigge. Il cinema delle donne (Chantal, ma non solo, Karen Arthur, Germaine Dulac, Maja Deren etc.) 'mette in scena ' il rifiuto della logica maschi– le, dissolve (nella rappresentazione) la separazione tra io e mondo, attra– verw un recupero della ' percettivi– tà ', del ' tempo reale ', del corpo e del fisico, del 'tattile '. La macchina da presa si muove lungo gli oggetti, con lentezza a volte esasperante, di– latandone le fibre, la fisicità, la pre– senza. Non è più solo l'occhio in gio– co, ma la mano, il gesto, il tatto, il contatto con le cose. Il montaggio non è solo mezzo di selezione, l'im– magine lascia scorrere il reale nella sua pienezza, con il suo tempo. La lentezza di questi film è la len– tezza del tempo femminile rinchiuso nella staticità delle case, della ripeti– zione dei gesti... L'immagine 'femminile' entra nel flusso degli avvenimenti: la donna si volge ad essi con le mani e con le dita: il gesto li tocca per cono– scerli, senza rimuoverli. La macchina da presa dilata, avvicina, fissa, rad– doppia (ma non è allucinatorio) la presenza della realtà. L'uomo nei film della Ackerman è la parola definitoria e definitiva; il verbo creatore e castrante. Il cam– mionista ' parla ' l'amore, la sessua– lità: brucia il corpo di lei (invisibi– le) come del resto il suo (nascosto). Egli non vive il suo eros, ma lo de– scrive, lo suscita, lo aumenta, lo crea culturalmente. Chiude il fatto all'in– terno dei suoi argini di parole, di– struggendo violentemente la presenza di lei. Il caos degli oggetti, dei corpi pro– tesi, degli spostamenti è il caos che dichiara assurda l'oggettività maschi- · le: il gesto femminile suscita nel pal– mo il caos originario, sconfigge l'a– scetica scelta attraverso il montaggio, queste immagini in cui non circola più sangue. Spesso, nel cinema delle donne, l'in– quadratura è caos, disordine: l'inqua– dratura è densa, 'carica' di oggetti, cose, corpi. In 'Je, tu, il, elle ', gli oggetti funzionali, quotidiani, sono eliminati uno dopo l'altrn, spostati, ' pervertiti '. Dalla furia devastatrice si salva solo un materasso, appoggia– to a terra. Il rapporto con l'altro si ' materializza ' in lettere scritte per giorni e giorni e incollate sul pavi– mento. Lettere su cui cade lo zuc– chero, unico cibo della protagonista. Infine è •lei a ' vivere ' sul pavimen– to- Il corpo delle donne (delle stesse re– giste/inter,preti) si scaglia nello scher– mo. Lo attraversa e violenta, metten– dosi a nudo. FINALMENTE corpo ' reale ' di donna e non sua astrazio– ne castrante. Io voglio nascere con l'altra donna RE NUD0/41 che violenta lo schermo con il suo corpo; che ha scelto l'immagine per ' sperimentarsi '. SPEZZARE il mon– do chiuso della rappresentazione. ENTRARE nello schermo e ricono– scermi nel silenzio della Ackerrnan ... silenzio che sceglie il corpo, l'amore; l'inconscio, l'orgasmo e tace la paro– la maschile di cui siamo/sono {la scissione inizia qui e i miei problemi nei confronti della -scrittura) nutrita. Piera· ... UNA DONNA UN MOSAICO ... ... CHE HO VISTO SGRETOLARSI E RICOMPORSI Siamo chiuse nel linguaggio della pa– rola. Mi è insufficiente per esprimer– mi, mi amputa mi fissa in schemi. A noi donne manca, come ai «pazzi» una quals.i.asi mediazione espressiva autonoma, per comunicare in femmi-· nile col maschile, perchè ogni tipo e forma di espressione linguistica co– munemente usata, esprime solo i va– lori maschili derivati dalla cultura e scienza dell'uomo. Linguaggio mai nato il nostro! Quando si parla di scienza dell'uomo, di conquista dell'uomo (l'uomo è ar– rivato sulla luna... le scoperte della tecnica...) la donna, dicono, è sottoin– tesa. LEI NON C'E'. Lei allattava, aspet– tava, sperava, puliva, dentro una ca– sa. Lui, costruiva, inventava, faceva le guerre, fuori la casa. Matrice occultata e dimenticata in quel « dentro », dentro la sua storia, la sua casa. Storia e cultura costruite non con lei, ma su lei, senza lei. Involucro di idee, di nomi, di valori che altri le costruivano addosso, tra– duzione di un'immagine che vedeva– no, trasparenza dove penetravano, confronto, specchio, da dove attinge– vano forza e sicurezza. Quindi non parliamo di parità ma di non vita per la donna, di non esistenza. La mia storfa, la nostra storia è con– fusa nella storia dell'uomo . . Non voglio la sua storia. E' di guer– re che imparavo a scuola, di distru– zione e violenze che vedo tutti i gior– ni. Ma usato e inscatolato il tempo, quel « tempo reale » che tradotto da lui e per lui ,ne riflette solo le sue esigenze. il fluttuare l'andare il venire l'incrociarsi il mio tempo non è il vostro tempo la fatica

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