RE NUDO - Anno VIII - n. 51 - marzo 1977

Iosa oppressione dell'«amore» co– niugale. La legge non può abolire tutto ciò perché sarebbe la «so– cietà civile» quindi la fine della necessità della legge stessa. La differenza tra D.C. e PCI è so– lo una questione d'efficienza del– l'apparato pubblico: tra chi prefe– risce, per fare piacere al papa, che le donne continuino ad abor– tire ·con la «mammana», e ·chi in– vece ritiene che debbano aborti– re tramite uno strumento pubbli– co di controllo debitamente pre– posto. Il •dibattito non è quindi su .come difendere la vita, bensì su come «organizzare la morte». Così co– me la fabbrica è il regno del la– voro morto su lavoro vivo, così lo stato è il regno della morte sulla vita, dello «zombi» sull'inte– ramente umano. · Dunque la scissione tra «politi– ca» e biRogni è totale. Ogni recupero impossibile. La «politica» è solo linguaggio cada- verico, anche se violento, del po– tere. Il problema è, semmai, di capire ed analizzare, quanto di «politi– co» c'è dentro i nostri bisogni, quanto di cadavere nel nuovo che vuole vivere, quanto di nient' affatto alternativo c'è in molto «prendersi la merce», ,come è spesso vuota d'immaginazione la «bottiglia» che vuole colpire il «cuore dello stato». Questa scissione va affermata, ogni ricomposizione negata come mistificazione. La politica non può essere niente di diverso da que·llo che è: alienato regno del– la cosa, ove i soggetti vi sono rappresentati nella oggettività di «feticci-cittadini», nelle realtà ca– pitalista delle classi. Il partito, il sindacato sono forma dell'aliena– zione, modi storici in cui i sog– getti sfruttati si «rappresentano» nel politico, ma si negano come tali: si perdono come «persone» per ritrovarsi come «masse». Tut- -·· ~®~ìrlffi , t-· cg,~a-n (1® ~lf~~®[b@~@&1J@ I ~~ [è) □ @[A) ~ n, M@'1:,'ff /2 © ~@~(?@ RE NUD0/9 ta la storia del movimento ope– raio è storia di questa espropria– zione permanente in cui la co– scienza viene strappata a chi la produce per oggettivarsi nella co– sa-organizzazione. Il riformismo è in questo caso iI « peccato estre– mamente peccante» del politico sul bisogno. La legge sull'aborto è un esempio lampante di questo meccanismo. Ma allora aboliamo la politica!? Qui però non basta un referen– dum. Sarebbe troppo facile. Pri– ma bisogna abolire la merce. La mercificazione come universo to– tale dei rapporti umani è la ra– gione della «politica» come !in- . guaggio ·cosificato che esprime e riproduce il regno della merce. Seconda considerazione: «il per– sonale non è politico», il perso– nale è personale. Quando si dice– va «il personale è politico» si sbagliava. O meglio se lo si pren– de come slogan polemico contro chi tendeva a dire che i problemi personali· erano «pruderie» picco– lo-borghesi, allora, sì, andava be– ne. Ma siamo nella tattica, anco– ra nel politico. Come quando si dice a salario di merda, lavoro di merda, si afferma in realtà un'as– soluta stronzata: basta rovescia– re la frase, per capirlo: «a sala– rio buono, lavoro tanto e buono». Il massimo del rivoluzionario in realtà ,diventa un giochetto da New Deal. Ma ... è la tattica!! La teoria delle doppia verità. Dire ,che il personale è politico significa ancora riconoscere ·che in ultima analisi il corpo può sta– re al Parlamento; che il politico è un universo capace di compren– dere tutto: Berlinguer, gli operai, la merce, la merda e le ormai fa– mose «pance». Si confonde tutto senza capire che il politico e il personale sono •due grandezze in– commensurabi Ii e la seconda sta nella prima solo come negazione e rappresentazione espropriata. Partire dal bisogno delle persone per «criticare» la polltica, per cri– hcare questo linguaggio morto af– fermandone uno nuovo: la lingua del soggetto. Lasciare a Cesare que·I che è di Cesare è in realtà un concetto prefigurante (Toni Negri se leggesse queste righe, ,non starebbe più nella pelle per questo verbo così rivoluzionario), splendidamente vero. Lasciare al /

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