RE NUDO - Anno VIII - n. 51 - marzo 1977

loro idee sono sbagliate, che il loro individuali– smo piccolo-borghese è meschino, che il pensa– re prima agli altri e poi a sè stessi è l'unico at– teggiamento giusto nel– la vita. Il fatto più sorprendente è che queste nuove con– vinzioni le applicano ve– ramente e senza sforzo: sono diventate una se– conda natura. Come è potuto succedere? E' un miracolo della tec– nica psicologica d'avan– guardia. Eccone una bre– ve descrizione: « Il pri– mo passo consiste nel rivangare il tuo vecchio modo di pensare, nel ri– velare ai tuoi compagni i pensieri più reconditi. Il passo successivo è quello di analizz_are i propri pensieri, da dove provengono, perchè sei arrivato a pensare in quel modo, quali sono le tue motivazioni. Il terzo passo consiste nel criticarsi, nel valu– tare se questi pensieri sono giusti o sbagliati in rapporto ai nuovi va– lori che si vogliono far . propri (in questo caso: il bene della collettivi– tà). L'ultimo passo è quello di tradurre in azioni con– crete i nostri nuovi prin– cipi. Questo è ciò che chiamiamo trasformazio– ne del modo di pensa– re». C'è da aggiungere anche che: a mano a mano che si fanno dei progressi ti mettono in una cella mi– gliore, e ogni cambia– mento di cella è un pas– so avanti verso la tua liberazione (quella fisi– ca, di quando si esce di galera). Se invece recal– citri, offri resistenza, al– lora ti puniscono, ti met– tono le catene ai polsi e poi anche ai piedi. Insomma, è una autoco– scienza coatta. I tuoi compagni _di cella hanno l'obbligo di aiutar– ti: debbono criticare il tuo comportamento, mi– nuto per minuto, alla lu– ce dei principi. All'interno della cella • c'è una spede di gerar– chia: chi è più avan– ti nell'autocoscienza co– manda il gruppo e tiene i rapporti con i sorve– glianti. I sorveglianti so– no a loro volta coinvolti nel processo di autoco– scienza, e sono quindi pubblicamente criticabi- 1 i. Nasce così l'emulazione per il perfezionismo. Un giudizio? E' lo strumento più avan– zato in mano allo Stato per estirpare dalla radi– ce ogni modo sbagliato di pensare. Per esempio il tarlo del! 'individuali– smo, che mette continui bastoni nelle , ruote al– l'avanzata del comuni– smo burocratico. E' uno strumento indi– spensabile per chi ha una visione paternalisti– ca dei rapporti interper– sonali e sociali: con es– so finalmente ognuno diventa il padre dell'al– tro e la vita passa in un continuo processo edu– cativo. Sulla bara la collettività darà il voto: 1O e lode è il massimo. (W. P.) 10,1 · storie Zen Adelphi editore - L. 1800 Ndn-in un maestro giap– po1 ese ricevette la visi– ta di un professore uni– versitario che era anda– to da lui per interrogar– lo sullo Zen. Nan-in servì il té. Colmò la tazza del suo ospite e poi continuò a versare. Il professore guardò tra– boccare il té, poi non riuscì a contenersi. « E' ricolma. Non c 'entra più!». « Come questa tazza - disse Nan-in - tu sei ricolmo delle tue opinio– ni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen se prima non vuoti la - tazza? Questa è la prima delle 101 storie pubblicate in questo volumetto della collana Piccola Bibliote– ca dell'Adelphi. Il modo migliore per I e g g ere questo libro è rinuncia– re a porsi il problema e l'obbiettivo di capire co– s'é lo Zen. L'atteggiamento mentale più sensato è quello di rendersi disponibili alla lettura di qualcosa di diverso dal processo di apprendimento a cui sia– mo abituati da sempre. Ogni storiella è un flash che ti colpisce. Il mes– saggio non ti arriva co– me succede normalmen– te, mediato dalla logica, bensì in modo irraziona– le, diretto. Se chi legge è «vuoto», aperto, disponibile allo– ra il messaggio arriva, magari non subito, non alla prima lettura. Quan– do si abbandona I 'atteg– giamento mentale di chi vuole « entrare nel me– rito » allora succede qualcosa. E' un po' simi– le all'esperienza della prima fumata di erba: se chi fuma per la pri– ma volta entra in attesa di quello che deve suc– cedere, se uno si aspet– ta qualcosa e si pone con questo atteggiamen– to mentale verso il fu– mo, allora è facile che non succeda niente. E' facile che l'effetto non « arrivi ». Zen in fondo è questo: non frapporre nessun RE NUD0/57 ostacolo fra te e la real– tà, realizzare ciò che è. Zen tende a portarti al di là delle tue proiezio– ni, a diretto contatto con la realtà, per questo usa l'assurdo, I'irraziona– le, il paradosso per spezzare il cerchio, per spezzare l'abitudine a rapportarsi alla realtà in modo mediato. Spesso cerchiamo affan– nosamente delle rispo– ste, delle verità e non ci accorgiamo che pro– prio questo modo di cer- · care è l'ostacolo che va– nifica il raggiungimento dell'obbiettivo. ' l,.~/E,,'11«~ .. .UNLJCEO Al LICEALI t.10::0!IPt~IH)'""...t.0 Mosse Jorgensen: Un liceo ai liceali (S. P.) Emme edi:z;ioni - L. 3.200 Nella primavera del '67, mentre a Milano sorge– va il campeggio di Mon– do Beat, Nuova Barbania per la stampa, a Oslo in Norvegia prendeva for– ma il primo liceo demo– cratico, chiamato Liceo Sperimentale Norvege– se. Nel caso di· Milano le autorità statali (la po– lizia) e quelle comunali (l'istituto d'igiene) rase– ro al suolo l'insediamen– to e lò irrorarono con 50 chili di disinifettante, come forma di spregio o per scaramanzia. Nel caso di Oslo il co– mune ha dato ai giovani promotori del liceo una sede e i soldi per so– pravvivere. Il Iiceo è a democrazia diretta, tutto il potere all'assemblea generale,

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