RE NUDO - Anno VIII - n. 51 - marzo 1977

tre donne, molto più che con un ragazzo. Abbiamo ancora dentro delle forme di mentalità che ci bloccano, che ti fanno vedere in– consciamente nell'altra donna co– me una rivale, una che dà giudizi molto più cattivi. La paura che ho di parlare deriva dalla paura dei giudizi delle altre. E' molto più facile parlare tra due perso– ne che non in gruppo. Luisa: Anch'io riuscivo molto di più a parlare con i compagni che con le compagne. Non so perché, forse perché avevo vissuto molto di più con i compagni; però gli ultimi tempi mi sono ricreduta: è bello parlare con le altre donne, scopri che dopo tutto hanno le tue stesse sensazioni, tu puoi parlare con loro come con te stessa, perché provano le stesse cose essendo donne come te. Non è la stessa cosa parlare con h . I un masc 10. 1 Marcello: lo ho sempre pensato che le donne tra di loro parlasse– ro meglio, che facessero più fati– ca a parlare con i maschi. Invece sbagliavo. Antonietta: lo non mi trovo bene né coi compagni, né con le com– pagne. Carlo: Queste incomprensioni sono dovute anche al fatto che non viviamo insieme. Ma c'è in progetto di occupare una palazzi– na dove alcuni di noi andranno a vivere. Ci sono molti compagni che già oggi possono uscire di casa, e gli altri non vedono l'ora di poterlo fare. Antonietta: lo la possibilità di uscire di casa non ce l'ho perchè sono minorenne, e anche se fos– si maggiorenne sarebbero cazzi miei con un padre come il mio. Se vado fuori di casa non devo più mettere piede a San Giulia– no. E se mi trovo poi con gente che non mi va? Lucia: Anche mio padre era così, ma quando sono tornata dopo es– serne uscita, mi ha ripreso in ca– sa. · Fifo: Quello che vorrei fare io è di non uscire con una rottura vio– lenta, ma con un discorso ... Antonietta: Fallo anche a mio pa– dre il discorso! RE NUD0/27 «Se voglio vivere con dieci compagni, non lo faccio perchè è giusto stare insieme ... ». Carlo: lo la vedo così; ci so– no due o tre che sono abb\astan– za amici, escono .di casa e· vanno a vivere in un posto insieme, poi si fanno altri amici e il gruppo s' ingrandisce. Non che tutto il ·cir– colo esce di casa e va a vivere nello stesso appartamento, sono sicuro che ci sarebbero scazzi tremendi e si litigherebbe conti– nuamente. Simone: Ma nessuno ha intenzio– ne di andare in massa ad abitare una casa e dire: ecco adesso noi– abbiamo creato una comune, tut– to quello che abbiamo va messo insieme, facciamo l'amore libero, ecc. ecc. Al limite tu entrerai in questa casa, continuerai ad ave– re i tuoi libri, i tuoi dischi, la tua stanza. Più avanti dirai: ma che cazzo faccio? i tuoi dischi di qua e i tuoi di là mettiamoli insie– me. Il discorso incomincia da lì, non è che finisca lì. Mario: E invece è il contrario. Così non ci arriverai mai. Un rap– porto per diventare veramente profondo deve essere tra poche persone, e solo in un secondo tempo estenderlo agli altri. Simone~ Se io voglio andare a vi– vere con altri dieci compagni non lo faccio perché «è giusto stare insieme» ma perché in ca– sa sto male e con i compagni del circolo sto bene, avrò le mie - scazzature però sto bene, e mi prenderebbe un casino vivere in– sieme. Fifo: Ma il vivere assieme è un problema solo per noi, per la no– stra cultura. Se vai in Amazzonia vivono in diecimila sotto ,un ca– pannone enorme, per dire. Per noi il problema esiste perché ab– biamo vissuto sempre rinchiusi ,nelle famiglie. Solo che adesso la famiglia non ci va più bene. Non è detto però che nell'arco della tua vita tu riesca a risol– verlo questo problema. Mario: C'è chi ritorna alla cop– pia. Noi abbiamo un'idea molto strana sulla coppia, perché già la parola «coppia» mi dà l'idea di mio padre e mia madre, poveri cristi, che li vedo lì la sera a guardare la televisione e mi fan-

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