RE NUDO - Anno VII - n. 48 - dicembre 1976

di creatività o di abrutimento a seconda che la si guardi o no in faccia; dato che per essere co- · raggiosi è necessario avere paura. Avevamo cercato il senso ultimo della nostra esistenza nella lotta - politica, cioè in un amore co– struttivo per gli altri, e in certi periodi lo avevamo trovato; ma poi questa fiducia di vivere per qualcosa, nei limiti della politica tradizionale, si è fatta inconsi– stente; le prospettive di una ri– voluzione sociale in Europa sono risibili, a meno che non sia la guerra prima. Intanto il revisionismo, la disoc– cupazione, e l'inflazione che smorzano le lotte, l'inquinamen– to del corpo e della mente e queste nostre lotte che ricomin– ciano sempre: i detenuti, le don– ne, i disoccupati, i soldati, ... la vecchia talpa? Ma dio, come scava piano! _Ela montagna è sempre li - e noi qui come cani bastonati (o meglio, bastonati come cani) a disfare e ricucire rapporti personali e sociali sem– pre più faticosi. Che se ne sia o no consapevoli, è questa l'aria che respiriamo l'aria di questo tempo, cosi po– vera di slaci e di allegria. E allora è naturale fermarsi e in– terrogarsi ancora: autocoscien– za, meditazione, gruppi d'incon-- tro. Chi siamo, dove andiamo, per che .viviamo? Nascondere queste domande dietro la fac– ciata r&ssicurante del grande partito o anche dietro gli slo– gans, gli esporpri da 4 lire o i rumori di epidermiche violenze è ancora un ·mododi fuggire verso niente. Provare a essere più simili a come ci vorremmo, usare la mente come una trivella, risco– prire dimensioni ·da troppo tem– po annebbiate, può essere un lavoro rivoluzionario. Se avremo il coraggio di com– battere la paura e il senso d'im– potenza. Se sapremo usare un nostro io diverso nell'amore per gli altri. Se vorremo ritracciare i confini di un terreno di lotta. Se lasceremo Cristo e Budda nei loro cieli Se rifiuteremo la scienza sicura del saggio per la conoscenza emozionata dell'uomo. Se continueremo ad amare la terra, la carne e il sangue di cui siamo fatti e le capriole che suc– cedono in ogni vita. Se vorremo conoscere il nostro 'prossimo come noi stessi. Se sapremo di non avere capito quasi niente, ma con un po' di allegria. Se, se, se... Marina V. ~eeASSO LA soc.,nA' o•u.o SP..,.,,.P,eoU>I (/N H.i·R ~ _ ,. ~ Mi.. tJI 1 ~ ' €-;.,._ - . . ---- sto un grosso sforzo di concentra– zione, una vera e propria ·ginnastica mentale, uno sforzo che ti serve per avere una maggiore conoscenza di te stesso, per vedere il tuo falso «io». La meditazione serve a questo e se la fai con concentrazione questo sforzo produce un cambiamento rea– le; ovviamente se lo fai per moda cioè con un atteggiamento superfi– ciale, non ottieni sicuramente nes– sun risultato, cioè nessun beneficio e quindi nulla che possa essere con– sacrato. Roberto: io non riesco a capire come Cooper riesca a legare l'acido alla meditazione. Secondo me sono esperienze che vengono da due mondi completamente diversi. L'aci– do è un prodotto occidentale. Walter: guarda che il primo librQ sull'acido è basato sul libro tibetano dei morti; cioè non è vero che vengo– no da esperienze totalmente diverse perché Timoti Leary era uno che c'era dentro a quelle cose. Roberto: si ma non mi risulta che in India prendano l'acido. Walter: il problema non è che in In– dia prendano l'acido, ma che in America dove prendono l'acido han– no dietro di sé anche esperienze di meditazione indiana. Quello è l'am– biente da cui è partito l'acido; non è partito né dalla Svizzera dove è stato scoperto né dall'India dove si fa me– ditazione ma è partito dall'America dove le due cose erano già confluite. Come vivere le esperienze Gianfranco: secondo me non sono tanto importanti le singole esperien– ze che Cooper riporta perché lui par– la di quelle li ma potrebbero anche essere delle altre; ciò che interessa è il modo di porsi rispetto a queste esperienze. E il modo mi sembra sia quello .della ricezione, della non paura, della non esitazione, quello del non rifiutare di scontrarsi an– che con le esperienze cosiddette negative quindi la morte, quindi il dolore, il senso di fluttuare nel nulla, nel vuoto, dell'io indistinto al di fuori - dalle relazioni, quindi anche il so– gno, anche l'incubo. Prendiamo per esempio l'esperienza dell'attore, di chi fa spettacolo, per parlare di un'altra esperienza che non viene nominata da Cooper ma che è altrettanto importante. Fare spettacolo inteso non come rapporto dove tu cerchi di ·violentare della gente, di trasferire sull'esterno, ma di sentirti in quella situazione, come cambi tu rispetto a quella situazione,

RkJQdWJsaXNoZXIy