RE NUDO - Anno VII - n. 47 - novembre 1976

RE NUD0/14 cottato com'è dalla televisione, vec– chia e nuova gestione, da quando cioè ha sostituito la Tor.pedoBlù con le canzoni direttamente ispirate dai testi di R. Laing o David Cooper. Que– sto cambiamento però non è avvenuto per una folgorazione improvvisa, cor– risponde ad una costante crescita di un discorso sull'uomo che possiamo far risalire al «Signor G. (1970) dialo– go fra un impegnato e un non so». In tre anni, tre spettacoli in cui sempre più la fotografia della realtà politica, del. quotidiano e cioè della gente, si trasformava in radiografia. Gli spettacoli di Gaber, scritti insie– me a Sandro Luporini, nascono in poco tempo, in una estate (Gaber può permettersi di odiare e rifiutare la vacanza) però sono concepiti mol– to tempo prima. Infatti è nella vita quotidiana che Gaber trae spunto per i suoi testi. A Milano infatti Ga– ber è spesso alle'manifestazioni, ai convegni, ai festival, in molte occa– sioni d'incontro dove può ascoltare, vedere, capire, assimilare la realtà in movimento. La sua ricerca è appas– sionata ma non abbastanza da fargli perdere il ruolo di professionista, il suo interesse umano per i temi che affronta è vivo e privo di confini pre– costituiti ma intatta rimane la sua capacità, al momento della sintesi artistica, ad estranearsi per potere così meglio entrare nei diversi per– sonaggi che paiono totalmente nudi sulla scena. In questo gioco da vero equilibrista stà il limite umano che è nello stesso tempo il maggior pregio artistico di un Gaber uscito da tempo dalla dimensione del cantautore tra– dizionale che parla su di se, per en– trare invece nella problematica di un certo tipo di uomo che non è solo lui, usando se·stesso come tramite. . Quest'anno, attraverso «Libertà ob– bligatoria», Gaber ci propone una nuova carrellata nei cui spunti, prima o poi, lo spettatore è destinato a ri– conoscersi. L'inizio è dedicato ai re– duci del '68, un motivo amaro per--:•. un'intera generazione "noi buttavamo tutto in aria e c'era un senso di vittoria come se tenesse conto del corag– gio la storia" Poi Gaber cala nell'individuo, ed è l'ex universitario del '68 che si trova intrappolato nelle pastoie burocrati– che, nell'inserimento. E Gaber canta " ...ti ci abituerai, ti ci abituerai, no . non faremo più nessuna resistenza noi che eravamo certi di non essere coinvolti ora si può contare sulla nostra presenza... " Poi arriva la riflessione sulle cose la– sciate a metà, il mondo visto come un museo di sforzi incompiuti; «l'In– dia - dice Gaber - è un museo di atee G1 o CO IL SOGGETTO RIVOLUZIONARIO, La carta d'identità. Mettersi fuori o stare dentro, questo è l'interrogatlv9 dal quale parte lo spettacolo - fuori o dentro, s'intende, per 'rvoluzlonare' -. E stato questo, per 'rivoluzione' e 'liberazione' e per tutte e due insieme, l'inter– rogativo di questi, e di molti altr~, anni. Infiniti sono stati I modi proposti per coniugare queste due dimensioni. Ga– ber, filosofo del quoti– diano travestito, an– che per sè stesso, da cantante (e menoma– le, se no, per qualche certificato, avremmo avuto un altro filolo– go), non accetta solu– zioni da farmacista, un po' di fuori e un po' di dentro, dentro e fuori, dal fuori al den– tro, dal dentro al fuori etc.-e~c. · (Il letfòre più perspi– cace potrebbe legge– re in questo scherzo nomi di organizzazioni politiche e su quelle nomi di teorici e un'in– tera storia del pensie– ro e di qualcosa d'al- - tro). Fuori e/o dentro? Il 'movimento' ha detto prima fuori e, oggi, più dentro che fuori, risul– tato: poichè «la storia non tiene conto del coraggio», siaino nella «merda più totale ... unica sostanziale dif– ferenza da un borghe– se normale». Fino a qui si potrebbe trattare solo di un reduce, di un pessimista, di un... (la sinistra è così piena di banali certezze da trasformarle in lnsultl-slogans). E Invece qui viene posto l'Imbarazzante Interrogativo: chi sta fuori e/o den– tro? Già, chi? Si.chiamava Il problema del soggetto, e, a questo punto, la do– manda è così rivoluzionarla (sì, vecchia, certo, vecchissima quanto la beneo– dorante parrucca di chi fa questa osservazione) da cancellare, in prima istanza, la questione se il soggetto sia o non sia rivoluzionarlo. Chi? Certo non Cartesio (solo un filosofo non professionale può permettersi profondità scherzando). Il soggetto, l'Identità, ma cos'è l'Identità se non la carta d'identità? E qui non c'è proprio niente da ridere. Identificazione, lo dice la parola, diventare essere dell'esso, del ciò. Diventare esso, pronome neutro, ciò che sta al posto della cosa, aldilà delle differenze tra maschio e femmina, fra questo e quello. Eppure, per colmo d'Ironia, l'Identità è ciò che viene sentito come più intimo, più personale, più differente. «Perché io sono Lorenzl ... o no? Non Importa, non si saprà mai. L'importante'è che sono In re– gola, ce l'ho tutte le carte ... » Che l'Identità diventi problema accade perché «la gente si rassomiglia, si rassomiglia troppo». Questo movimento dal differente all'Indifferente, al tutti uguali, è già chiaro nella carta d'Identità: nome proprio più s.ognome del pa– dre, Il differente ha portato la sua dlvers,ltà dentro la colnclélenza col padre, nell'assumere la 'personalità giuridica' autonoma col cognome del padre, ov– vero quando è autonomo le sue leggi sono già quelle sociali. Non è solo la storia freudiana della famiglia, è anch1:1 quella, caro marxista, dell'lndlvlduali– tà borghese, giuridica, solo 'formale'. Ma, probabilmente, non ci avevi mal pensato. E forse non cl avevi pensato proprio perché ·1rapporti, nel mondo cristiano-borghese, sono rapporti fra Individui che si esprimono In rapporti fra cose, e cose che, a loro volta, hanno la sembianza (e sono così) di Indi– vidui che però, proprio perché sono 'cose animate' si chiamano 'persone', cioè maschere. Difficile? Gioco di parole? Eppure tutti I giorni vediamo e veniamo a contatto con persone di cui Ignoriamo tutto, funzione esclusa, e tutto ciò occupa gran parte del nostro tempo e delle nostre attività. E così le maschere sembrano quello che sono, maschere cioè persone, e le persone sembrano quello che sono, Individui che sono diventati persone (parlano, mangiano, scopano, fan– no figli, lavorano, militano o no, muoiono). E così che il mondo borghese, da sé, col suo funzionamento circolare, si giustifica: è naturale la sua storia in-

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