RE NUDO - Anno VII - n. 44-45 - agosto-settembre 1976
6 PARCO LAMBRO: I GRUPPI POLITICI Nel programma ampia– mente preannunciato nel– le conferenze stampa alle radio libere e su Re Nudo avevamo detto che que– st'anno al Lambro al pri– mo posto non ci sarebbe più stato lo spettacolo ma l'animazione, la produzio– ne culturale che il proleta– riato giovanile organizzato dei quartieri, le donne, gli omosessuali avevano fat– to vivere nel corso di que– st'anno a Milano e fuori. Quello che è emerso al Lambro è stato invece un grande spettacolo ed è lo spettacolo della miseria culturale di quello che il movimento della nuova cultura ha prodotto fin'o– ra. Un'autocritica radicale che coinvolge vari compa– gni ma, prima di tutti quel– le organizzazioni politiche che hanno preferito stare alla finestra e guardare che la storia andasse avanti per poi fare la lezio– ne e il compito in classe. Indicativo però di un at– teggiamento culturale as– surdo risulta essere anche il comportamento politico delle forze aderenti al fe– stival che quasi unica– mente si sono preoccupa– te di fornire strutture di servizi al festival. Un at– teggiamento che rivelava una acritica adesione a ciò che sarebbe dovuto succedere ma senza porsi il problema di come parte– cipare, come intervenire. È sintomatico vedere la partecipazione al lavoro preparatorio delle com– missioni. Sette le commis– sioni di ·lavoro sul festival e i compagni delle orga– nizzazioni sono così inter– venuti durante i 3 mesi di lavoro: gli Anarchici han– no partecipato cinque commissioni, Lotta Conti- nua 3, la IV internazionale 3, il Partito Radicale 3, Autonomia Operaia 3, Fal– ce Martello 3. Circoli del proletariato giovanile: I. Le commissioni coperte da tutte le organizzazioni sono state: Servizio d'or– dine, segreteria organiz– zativa, stampa e propa– ganda. Da questi semplici dati ri– sulta lampante come an– cora una volta le organiz– zazioni politiche abbiano inteso questa scadenza come un qualcosa da an– dare a gestire, ad organiz– zare, a proteggere (nel migliore dei casi) ma as– solutamente come qual– cosa di estraneo a quello che può essere il momen– to di lavoro più importante e cioé il momento della di– scussione, del confronto delle proposte sul che fa– re. Per esempio, guardiamo i settori di impegno e il comportamento dei mili– tanti delle organizzazioni: il problema è grosso. Du– rante t.utto il festival ab– biamo difeso i compiti, per esempio, del servizio d'or– dine èonoscendo da vici– no i problemi bestiali che andava affrontando di giorno in giorno, le condi– zioni assolutamente im– probe in cui doveva ope– rare sia rispetto lo spaccio d'eroina sia per il controllo degli ingressi (e solo 1/3 dei presenti aveva la tes– sera) sia per il pericolo della polizia sempre pron– ta ad intervenire. NON VOGLIAMO PIÙ FARE LA MAMMA Questa consapevolezza però non deve evitare di riflettere sull'inevitabile contrapposizione tra S. O. e gente del festival che poi va a ripercuotersi su di una più generale estra- neità tra organizzazione generale del festival e pubblico. È d'altra parte certo che oggi a Milano è impensa– bile nel momento in cui si decide di fare "la festa del proletariato giovanile" non darsi le strutture necessa– rie: grande palco, servizio d'ordine deciso, stand ali– mentari ultra efficienti. Organizzazione masto– dontica, oggettivamente repressiva. Quindi noi non pensiamo per il futuro a questo festi– val con un'altro tipo orga– nizzazione bensì noi vo– gliamo radicalmente met– tere in discussione proprio il festival in sé che nella grande città ci obbliga a una struttura organizzati– va che ci condiziona e str'avolge completamente le intenzioni, cioé la linea culturale, l'immagine stessa del festival. Per esempio chi fra il pubblico poteva immaginare che nel nostro programma l'a– nimazione doveva avere un ruolo principale? Nes– suno. Dai fatti la gente ha vissuto l'area dell'anima– zione come un'appendice secondaria. L'immagine maggioritaria è stata quella del festival con la chiave inglese alla cintura, la violenza nel vendere e nel comprare il panino; la violenza nel co– municare e comunicarsi le cose, la violenza di chi salendo sul palco deve riuscire a realizzare l'ob– biettivo di domare il pub– blico o rischiare di farsi sbranare, la violenza del pubblico impotente nel creare pronto invece ad esigere e ad abbattere. Amore odio verso il mito, amore odio verso l'orga– nizzazione da cui ti aspetti tutto ma verso cui provi insofferenza se non sei soddisfatto. E così tornia– mo alla mamma, al rap– porto tipico figlio-genitori. Questo vale anche per i ladri di polli: chi non ha ru– bato qualcosa in famiglia, ai genitori, scagli la prima pietra. Non è per giustifi– care nessuno, è per chia– rire perché da oggi Re Nu– do rifiuterà questo ruolo. Noi siamo contro la fami– glia quindi non si capisce perché dovremmo accet– tare di farci attribuire il ruolo di genitori. Ci saranno altri genitori, magari un po' più repres– sivi non solo nell'immagi– ne ma anche nella sostan– za, a "migliorare" questo tipo di esperienze. Quindi per il futuro rifiuteremo di darci apparati condizio– nanti, rifiuteremo la città che ci costringe a queste difese. Faremo due passi indietro, sicuramente mi– noritari rispetto la grande massa del Lambro ma di certo più ricchi di possibi– lità di fare sperimentazioni e pratica di momènti di vi– ta e comunicazione alter– nativa, senza spettacolo, senza palco, senza corpi separati, senza organizza– zione centralizzata. '
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