RE NUDO - Anno VII - n. 44-45 - agosto-settembre 1976
52 COPCON: 2001 PANNOLINI NELLO SPAZIO Conoscete lsaac Casinov? Di certo sì: è il più grande scrit– tore di fantascienza vivente. Ma è viven_te?Non si sa... se ne sono perse le tracce dopo l'ultimo Festival del Lambro ... ma andiamo per ordine. /saac Casinov è uno scienziato di fama: è lui che ha inventato la grande macchina de/l'attra– zione che tra qualche anno sarà in grado di portare la Luna sulla Terra, di modo che l'uomo per andare sulla Luna ri– sparmierà le spese di viaggio e non è poco coi tempi che corrono. Teorico del Diamat (materialismo dialettico) è di– ventato mat tout court da quando ha preso a interrogarsi su( ,,cervello pensante che pensa sé stesso»: quello che egli non riesce a spiegarsi è appunto che opinione abbia di sé detto il cervello. Mentre c'era Jerry Rubin sul palco ani– mazione, lsaac Casinov era nella tenda rianimazione in preda ad una violenta crisi nervosa nel corso della quale ha scritto il racconto che segue. Questo inedito, suo vero te– stamento spirituale, narra d'un Festival Pop intergalattico convocato presso Plutone. Per informazioni sul viaggio ri– volgersi alla Segretaria ... Ciao, COPCON La navicella spaziale Lambro 1 stava avvicinandosi al luogo dell'incontro e Fred Moleschott ridacchiava tra sé e sé (anche perché nell 9 navicella non c'era nessun altro). «Che pacchia queste feste, diceva tra sé, ri– cordo ancora il grande sballo spazio-temporale con caduta delle basse frequenze dell'anno scorso. E quest'anno pare sia meglio: .dovrebbe venire tutto il proletariato galattico.» La nave rullò leggermente. Fred s'au– gurò di avere abbastanza,..?uto– nomia, senza autonomia in quel posto non ci sarebbe arrivato mai, r-ié tanto meno sopravvis– suto. Apri il grande portello la– terale e usci nello spazio buio: Si senti flottare e rimase un po' a galleggiare pensando all'im– mensità della materia, al mo– nismo materialista, all'esisten– za del mondo esterno e se ave– va chiuso il gas a casa. Si mos– se verso la capsula per esami– nare le cause di quel leggero rollio, anche se la sua mente era già là, al luogo del grande incontro annuale. Quello che vi– de attaccato alla capsula lo di– stolse un attimo dai suoi pen– sieri: che diavolo era? Difficil– mente definibile se non come una «cosa», «una cosa venuta dallo spazio»: molle, viscida, biancastra, come macchiata qua e là, difficile là fuori valu– tarne odore e sapore e del resto non l'avrebbe assaggiata, le co– se filamentose non le digeriva. Stava ancora riflettendo quan– do gliene arrivò un'altra sul ca– sco: lasciò una scia sporca sul– la visiera, non vèdeva più. Si di– resse verso il portello a tentoni e a tsntoni nello spazio non é facile perché non c'é granché da toccare. Finalmente senti il bordo del portello, ma altre «co– se» già gli s'attaccavano alle terga, sui guanti, sulla tuta. Entrò nell'abitacolo. Ora la na- . ve era tutta un rollio. Si tolse il casco e si sedette agli strumen– ti. Azionò il vibro-computer di bordo. Era esso uno strumento che forniva informazioni per yia corporale attraverso complessi massaggi elettronici: da quan– do i Guru avevano scoperto l'e– lettronica non c'era stata più' pace, si fossero limitati a fare dischi, no? avevano anche messo le mani sulle macchi– ne ... Fred che era uno un po' all'antica e parlava solo con la mediazione della scheda, si sentiva a disagio ad essere cosi accarezzato dal suo computer anche perché non era chiaro di che sesso fosse e Fred su que– sto non transigeva (va bene vi– vere nel 2001, diceva, ma con certe cose andiamoci piano»). «SI-AMO IN U-NA TEM-PESTA DI RE-SI-DUI GALAT-TICI»: le sue ascelle avevano percepito un massaggio, cioè un messag– gio del genere. «Residui galatti– ci?» un po' vago. Aprì il video e ne ebbe paura: contro la navi– cella stava avanzando una vera nube, una grandissima enorme nebulosa (beh Fred aveva ten– denza ad esagerare): migliaia d'aggetti biancastri avanzavano a circondare il veicolo. Chi era responsabile di questo incredi– bile fenomeno? Passato al micro-ingranditore si mise al la– voro per l'analisi bio-chimica delle «cose». Qui funzionava a schede, poteva andare sul sicu– ro, chissà che avrebbero com– binato negli armi a venire i Guru coi micro-ingranditori corpora– li... La scheda diceva: PANNO– LINI. Migliaia di pannolini nello spazio! Indubbiamente questo era un segno che il raduno era vicino. Ma che faceva la Gran– de Giunta Cosmica? Nessuno sperava più che avrebbero dato il via all'annunciato programma di Riforma delle Strutture Astra– li, né che sarebbero mai riusciti a indovinare un Oroscopo, perché cazzo, la Nettezza Cos– mica quella perlomeno sì! Ora la nave si muoveva di meno: stava uscendo dalla tempesta. Oltrel'ultimo pannolino final– mente vide Plutone e tutt'intor– no a Plutone la sterminata mas– sa dei proletari galattici. La Lu– na centrale era un po' vistosa ma la maggior parte degli alieni se ne stava li: erano annunciati colori celebri: Rosso Carminio, Terra Bruciata, Amaranto, Sep– pia e tanti altri che con le loro luci avrebbero illuminato gli alieni fino all'alba (galattica). Però notò subito che era tutto un po' fioco: seppe più tardi che l'Ente Interplanetario per l'E– nergia Atomica non aveva dato l'allacciamento. Decisamente la Grande Giunta cominciava a dar fastidio forte. Comunque non era li per lamentarsi ma per divertirsi e si mise a cercare un asteroide libero. Gli alieni erano venuti da tutte le parti dello spazio: c'erano rappresentanti dei pianeti più lontani. «Ventose libere» gridavano i polipi ab_itan– ti degli anelli di Saturno. «E ora é ora lo spazio a chi lavora» gri– davano invece i Fanigottoni (a– bitanti di Marte) agitando le lo– ro uniche tre dita a mò di pisto– la. Alcuni cadaveri di venusiani che s'erano messi nudi (dimen– ticandosi che nello spazio la tu– ta é consigliabile) galleggiava– no nell'atmosfera già verdi di radiazioni. Era comunque un gran bello spettacolo. Sfilava ora il popolo dei Tarantula coi loro caratteristici orecchi a tamburello e labbra a nacche– re: il loro linguaggio era noto in tutta la Galassia e studiosi di tutti i pianeti avevano cercato senza risolvere il mistero di in– terpretare la caratteristica componente fondamentale del– la struttura del discorso: «Ué!». C'erano poi i Krea, enormi uc– celli variopinti che facevano i loro nidi nei misteriosi Centri Sociali del Nulla, o occupavano il Palazzo del Vuoto. E. laggiù infondo sterminata la fila delle antenne degli indigeni di Radio, un atollo pirata che disturbava le frequenze delle astronavi: anche loro erano un mistero per gli studiosi, come facevano a captare i messaggi conti– nuando a trasmettere senza in– terruzione? C'era un po' di ten– sione in giro: era appena pas– sato un raid di Grandi Siringhe e gli Spranghi loro acerrimi av– versari avevano avuto un bel da fare. Fred Moieschott si senti improvvisamente triste e invece avrebbe voluto divertirsi era il fallimento di una generazione: aveva vissuto duecento anni per che cosa? Sotto la scapola il transistor numero tre comin– ciava a dargli noia: era troppo tempo che non lo sostituiva e ormai quello vecchio emanava cattive vibrazioni. Anche il na– stro cerebrale non scorreva più come una volta: evidentemente la Lubrificazione Centrale ave– va qualche problema. Fred si svitò la calotta cranica e guardò dentro: «Mamma, papà, Signore, Eccellenza, Maestro, cosa fate tutti quanti qui den– tro? Mi ingorgate il meccanis– mo, non mi gusto più la Festa ... C'è del marcio in questa Ga– lassia e non voglio essere io a farne le spese.» I piccoli Ex– propriatori di Lilliput gli rubaro– no la calotta e Fred restò li scappellato davanti a tutti e da– vanti a sé. Voleva mettersi nu– do d'accordo, ma non cosi. E adesso?
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