RE NUDO - Anno VII - n. 44-45 - agosto-settembre 1976

14 mo fatto è stato enorme. lo ho lavorato più qua che in fabbri– ca. Mentre in fabbrica io riesco a leggere il giornale, q(!i non sono riuscito neppure a parlare con i compagni. E poi c'è un'al– tra cosa. Non è un caso che il Corriere della Sera e tutti della Stampa borghese dicono che questo festival è una merda. Perché? perché finché faceva– mo musica belli tranquilli, an– dava tutto bene, quando invece iniziamo a parlare, ad aprire gli occhi sulle contraddizioni reali, allora si mettono paura, non siamo più i bravi ragazzi sballa- ~ ti!!! .. E se qui non siamo riusciti a parlare della droga abbastanza a fondo, di cosa sono realmen– te i circoli del proletariato gio– vanile, di come viviamo tutti noi, se non siamo riusciti a far questo, la colpa è nostra, e al– lora è su questo che dobbiamo riflettere.» Carlo Silvestro. «lo volevo sgombrare questo fantasma del Corriere della Sera e degli altri giornali, dicendo che non ce ne importa assolutamente niente, perché di quello che facciamo qui noi rispondiamo al movi– mento e non alla stampa bor– ghese. Poi vorrei dire alcune cose molto sgradevoli, almeno lo spero. Partiamo dall'organiz– zazione. Se molta gente ha as– sunto l'organizzazione come controparte, è evidente che esi– ste una parte. La parte sono io, sei tu, tu, tu, tutti quanti noi. lo mi domando cosa ha fatto la parte, cioè il soggetto di questa festa, perché I-a festa riuscisse in modo diverso. Cioé si sapeva benissimo da giugno dell'anno scorso che quest'anno ci sa– rebbe stato un'altro Festival. Allora, che cosa abbiamo fatto per gestire in prima persona questa festa e non lasciare che una organizzazione la gestisse anche per noi??? gratuitamente. La terza cosa, è a proposito del palco. lo dico da anni che il palco è un mo– mento di colonialism6'e di pa– terna!ismo. Ma chi rende possi– bile, chi rende reale l'esistenza di un palco, è la gente che si siede intorno ad un palco quan– do questo palco esiste o qual– cuno lo mette su, o quando qualcuno manda della musica da questo palco. Allora il palco si può distruggere solo se si può creare un'alternativa a questo palco. È inutile distrug– gere questo palco quando poi si è pronti a subirlo.» Jacopo f o. «Sono d'accordo col Carlo e vorrei aggiungere alcune cose. Fino ad ora si è detto che gli altri festival anda– vano bene, mentre quello di quest'anno non va bene a nes– suno. Allora, a mio parere, c'è Seconda domanda: la questio– ne dell'esproprio. lo ero alluci– nato durante questa faccenda, perché tutti siamo d'accordo su una cosa: che l'esproprio deve essere vincente. E perché sia vincente deve essere ricono– sciuto come momento di mas– sa. Ora non era vincente, perché c'erano cinquanta per– sone, o anche cento, che pre– tendevano di coprirsi con gente che era qui, tutti noi, che non eravamo stati neppure informa– ti, Ora, siccome sappiamo che l'esproprio va portato avanti da tutti, non va portato avanti con quest'avventurismo sulla pelle della gente che se non è infor– mata, non può essere coinvolta pi complessivi, e dall'altra parte i compagni che hanno iniziato a far politica in prima persona che si sentono esterni. Però l'errore a mio parere è da parte di quei compagni che iniziando a fa_rpolitica in prima persona non hanno avuto la capacità e la forza di sviluppare la loro presa di coscienza in capacità organizzativa. Qui c'è la po– vertà di quello che abbiamo prodotto in quest'ultimo perio– do, perché dove sono i gruppi teatrali che sono nati in que– st'anno, i gruppi di animazione e tutto quello che di nuovo c'è stato, se c'è stato? Dov'è tutta la ricchezza che abbiamo pro– dotto? Non dobbiamo trovare delle streghe, siamo LC, gli au– tonomi o Valcarenghi. Siamo noi,. e la nostra incapacità a produrre e a portar qui cose belle, ad essere stati incapaci di gestire questo festival.» una parte di vero, cioè che que– st'anno c'è stato un grosso cambiamento, cioè il fatto che 13 moltissimi compagni hanno ca– «Credo sia chiaro a tutti che questo Festival è diverso dagli altri, però il problema è di capi– re perché. Secondo me questo di quest'anno è meglio, perché ha dimostrato l'esigenza, da chiavate e tornare a casa più contento di prima per essere sfruttato. Da questo festival ghetto i compagni vogliono uscire, cioè i compagni voglio– no tornare nella propria vita quotidiana in modo diverso. Il casino che ci troviamo dentro, nella nostra vita di tutti i giorni. È finita il festival, la nostra festa è il bisogno di comunismo!!! Venire qui e sentire i comples– si, qui ci si voleva conoscere!!!· Si è detto l'anno prossimo que- - sto festival non s'ha da farè.· Secondo me questo è sbaglia– tissimo. E lo si è visto ieri, quando è arrivata la polizia, e i compagni sono corsi, volevano tutti difendere il loro spazio, il Festival. Per la prima volta è fi– nito l'organizzatere, che da Mi– lano dice a me a Napoli: io que– st'anno faccio il festival, oppure lo faccio da un'altra parte. Vieni pure. Il problema è che voglia– mo sviluppare delle strutture di base. Abbiamo bisogno di co– munismo, e ne abbiamo biso– gno subito!!! L'unica festa che riuscirà sarà solo il comunismo, e riuscirà solo se noi saremo capaci .di crescere.» pito con l'occupazione delle ca– se, che ha coinvolto migliaia di persone, con altre lotte, col femminismo eccetera che è ne– cessario e fondamentale far po– litica in prima persona, cioè a partire dalla propria situazione di scuola, di casa, di strada, di fabbrica, di donne far politica, e non delegare tutto questo alle organizzazioni. E questo ci ha riproposto una situazione orga– nizzativa, la presenza dei grup- parte di tutti i compagni, di ren- 14 dersi conto che il festival è so- «Qui si parla tanto di festival, lamente un momento parziale, ma io mi chiedo: dov'è il motivo e che invece la nostra vita è un per fare una festa? Ma qui non momento complessivo. Cioè a c'è mica da stare allegri! Forse nessuno andava più bene di ve- si pensava di dover far festa nir qui, piantare la tenda, farsi il perché dopo le elezioni avrem– proprio spinello, farsi quaranta mo conquistato il potere per via

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