RE NUDO - Anno VII - n. 44-45 - agosto-settembre 1976
8 biamo un mondo dentro, e lo abbiamo cercato e espresso in– sieme. Un puzzo incredibile di cadave– re emanava dal palco dei divi e dagli stands dei commercianti e impiegati-della-repressione-su– se-stessi-e-perc iò-sug Ii-altri. Ma un dolce sapore di vita veni– va dalle mille situazioni autoge– stite, dai saccheggi e anche dalla grande assemblea di lu– nedì. In questo sapore molti di noi si sono ritrovati e conosciu– ti. Si sono sorrisi e accettati e scambiati migliaia di sensazioni e aspirazioni. Certo, i problemi c'erano e ci devono far riflettere. La denun– cia delle femministe l'ultimo giorno al palco 2. La denuncia dei compagni «omosessuali». Ma un sacco di cose han co– munque confermato che la realtà è in trasformazione e che si trasforma assieme a noi. lo sono venuto via con molte più «cose» (perdonate la espressio– ne) di quando ci sono arrivato. Non me ne sono andato con tri– stezza ma con gioia .. Con la gioia di un sacco di movimenti vissuti in modo totale e non isti– tuziona,le e schizofrenico (cioè con la preo'ccupazione del «po– litico»/separato - ma porkod– dio per inciso dovremo pur ride– finirla 'sta «politica»!). Il mio corpo. La sua bellezza dolcez– za non aggressività. I ·corpi de– gli altri che han danzato e balla– to con· me. Lo sballato che mi raccontava. La pioggia che ci bagnava. La gioia. La dolcezza di Marisa e i suoi occhi con un casino ma un casino di colori e sensazioni, e.la notte a sentirci accarezzarci sorriderci guar– darci parlarci scambiarci amar– ci e lasciarci dopo l'ultimo the assonnato del prato ormai in smobilitazione pacata per re– stare con la bellezza dei mo– menti. Il Lambro non è solo il laghetto. E un momento della nostra vita e del continuo superamento reale delle nostre situazioni. Per uscirne «rafforzati» e stra– volgerne gli aspetti ghettizzanti irrompendo nella vita-fuori. In questo senso l'ho amato e gli ho dato ciò che potevo, senza aspettarmi ricompensa ma in– vestendo tutto me stesso per il piacere della gioia. E gioire è sperimentare e affermare un «principio della realtà» (per dir– la con la psicanalisi) inconcilia– bile con quello che ritroviamo nelle nostre famiglie, istituzioni, luoghi di lavoro, di consumo, di sacrificio, di preghiera. È ricer– care e praticare il «desiderio» e il suo superamento. Perché non ne abbiamo mai ab- 81b 10 ,no ., bastanza e vogliamo tutto sen– za rinunciare a niente e sacrifi– .carci continuamente. È sempre più vero che «sinora il bisogno di sopravvivere ci ha impedito di vivere». E, sloganisticamente, come ab– biamo più volte ribadito al Lam– bro: ORA CHE LA FESTA È FI– NITA, RIPRENDIAMOCI LA VI– TA! ciao con tantissimo amore anche perché tutto sommato mi piacete walter e, . ·- . ., Q"' 0- .. .J ·o✓JI-•., .•. Milano. Me ne sono andato da Parco Lambro il 27 sera. Penso che tutti i commenti che ora verranno saranno molto condizionati da ciò che è suc– cesso il 28 e come al solito il continuo accavallarsi delle cose rischia di cambiare nella so– stanza valutazioni e giudizi, ed è per questo che riferendomi principalmente ai due giorni da me vissuti volevo scrivervi alcu– ne cose circa quello che per me è sté\tb il fallimento della fe– sta di quest'anno. Una prima cosa su cui pensare è che la sera finale dell'anno scorso c'e– rano circa 100.000 persone! PERCHÈ? Il motivo che li ha portati lì è: ascoltare musica, non cosi a cazzo, ma bensì una cosa precisa: musica coinvol– gente, bella, in grado di essere un motivo per liberare la gioia che si aveva voglia di liberare. Ora, (a parte che la PFM non ha raggiunto questo scopo) c'è una grossa polemica sul fatto: musica fatta da divi, rapporto sbagliato fra chi ascolta e chi sta sul palco ecc. Si tratta se– condo me di una grossa esa– sperazione del problema. Non si può continuare a fare dì tutto un problema dç1 inquisizione, ma bisogna a mio avviso inizia- re ad essere un po' più terra terra e prendere le cose come realmente sono. Viviamo in una società in cui tutto è ridotto él. merce: lo stereo, il registratore, i dischi e anche la musica stes– sa è una merce. Ora, esistono merci buone e merci cattive: dobbiamo imparare a prendere e usare le merci buone a usarle in modo giusto e positivo per noi. Negarle, non volerle senti– re perché sono commerciali vuol dire fare sterile astrazione; specie se si riesce a distingue– re fra veramente commerciali e no. Vuol dire insomma non mangiare più spaghetti perché son fatti da Bari Ila!!! Questo mi sembra importante far capire, perché mi sono sembrate francamente esage– rate tutte le critiche (anche se alcune 'potevano essere vere, però ... !) al gigantismo organiz– zativo della festa dell'anno scorso. L'organizzazione ha soffocato gli spazi creativi, que– sto si è detto. La confusione a questo punto mi sembra molta, e se ne sono visti i risultati que– sto anno. A mettere insieme più di 100.000 persone può essere la voglia di consumare la merce musica in maniera diversa e li– berante che spinge tutta questa gente a ritrovarsi. C'è insomma un'occasione un motivo per ri– trovarsi. Poi ognuno cerca i momenti di creatività non fa al– tro che frantumare e disunire quello cl:le invece era un mo– mento unitario. lo credo che molti sopravvalutino assai l'a– spetto esteriore di queste feste prendendole come un fatto di per se di crescita di coscienza e di atteggiamento comunista. Ebbene, io credo, e mi spie– gherò meglio poi, che prima di giungere a momenti di creati– vità di massa reali, ci sia anco– ra moltissimo da fare per cam– biare dentro di noi, e che que– sta è la cosa principale. Co– struire il comunismo è un pro– blema collettivo di classe, ma è soprattutto un problem~ di cambiare totalmente il proprio io individuale nel rapporto con gli· altri o con la natura (ad esempio quanti sono convinti di aver avuto con i prati del parco Lambro un rapporto più giusto di un qualsiasi pieni.cista di– struggiboschi della domeni– ca?). È possibile qu·indi iniziare a cambiare ad essere davvero più creativi, discutiamo, con– frontiamoci, facciamo autoco– scienza su questo, ·ma non par– tiamo da mettere insieme 100.000 persone e pretendere di essere creativi tutti assieme con il capitalismo e con tutte le sue brutture, repressioni, alie– nazioni che ci fa vivere dentro. Il fallimento della festa già nei prin;,i giorni è dipeso da questo: dal voler frammentare e lascia– re al libero spontaneismo, quando invece è tanto necessa– rio ancora guidare ed educa– re ... Poi è aumentato l'uso degli acidi non come mezzo di ricer– ca interiore, ma· perché tanto «non c'era altro da fare in giro». La festa è fallita appunto per questo: troppa gente scogliona– ta che non sapeva cosa fare. Ma parliamo anche di quello che è principalmente all'ordine del giorno, il grave episodio del– l'appropriazione agli stand den– tro il Parco Lambro. Diciamo subito che io non sono contra– rio all'appropriazione, al fatto cioè che il proletariato impari a prendersi e a conquistarsi ciò di cui ha bisogno. Il proletariato come classe, però, e classe si è quando non solo ci si è ogget- _ tivamente per nascita, ma quando soprattutto si ha la co– scienza e l'ideologia per essere classe dirigente. Moltissimi si autodefinisconq proletari ba– sandosi sul loro atteggiamento esterno e· ritengono le loro esi– genze essere quelle del prole– tariato e le loro iniziative essere atti politici di tutto il proletaria– to. Dietro a ciò non si nasconde altro che la volontà opportuni– stica di farsi i cazzi propri ma– scherandoli della etiqhetta «po– litico». La questione dei prezzi al Lambro è stato un esempio di come i gruppi ancora una volta sopravvalutino le loro esigenze finanziarie e molto spesso sot– tovalutino le esigenze di massa. Ma detto. questo, fatta la giusta protesta, preso atto dell'auto– critica fatta, compagni: l'appro– priazione, perché? Ai danni di quale contropdrte? I gruppi ri– voluzionari? Re Nudo? Sono lo– ro gli avversari del .proletariato? La spaccatura, il non volere ac– cettare una democratica di– scussione sui prezzi fatta fra compagni è un atto molto gra– ve. Compagni, il continuare a spaccarsi, a chi serve? Specie in questo momento in cui l'unità
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