RE NUDO - Anno VII - n. 43 - luglio 1976
da due poliziotti in borghese tutti hanno paura di stargli vici– no O di uscire insieme) e forse io credo che il sentirsi ancora legati a quello che sta oltre le mura della caserma potrebbe aiutare gran parte di noi a tro– vare la forza ed il coraggio e la gioia di conti.nuare ad amare e lottare contro il fascismo. Per favore, perché non portate avanti almeno un dibattito su questo argomento? Scusate il tono forse un po' supplichevole della lettera, ma è che sto un po' in crisi, mi scoccio anche di correggerla, ma fra poco dovr.ei congedarmi e ritrovare me stesso anche se ho la sensazione di aver fatto ancora troppo poco per quelli che lascio qui. Un compagno militare a .Paler– mo. Accogliamo in pieno la critica, e ce ne scusiamo. In questo stesso numero pubblichiamo una testimonianza di un episo– dio successo sotto la naia. Co– munque cogliamo l'occasione per proporre a te, compagno anonimo, e ad altri che lo vo– gliano fare, di fare voi un dibat– tito in caserma, o fuori, e di mandarcelo. Avrebbe molto più senso che se noi ci mettessimo a tavolino a pensare nel chiuso di una stanza. Aspettiamo con fiducia. fratelli, compagni, freak di aver venduto una stecca di nepalese a un ragazzino che neanche conosco. L'unica consolazione è che «pagheranno tutto, pagheranno caro.» Ma ciò che più mi tor– menta è essere impotente di fronte a questa bastarda schifo– sa società che ci reprime, che ci imprigiona nelle famiglie nel– le scuole nelle fabbriche negli ospedali psichiatrici nelle pri– gioni e da cui purtroppo non riu– sciamo a liberarci neanche quando restiamo tra di noi su un prato su una spiaggia a fu– mare e fare l'amore a parlare di una Libertà che esiste solo nei nostri sogni più belli. Ed è sol– tanto in questi momenti, in cui sei veramente te stesso, l'Uni– verso, che senti una voglia tre– menda di piangere e l'Amore più lucido si confonde con la voglia di distruggere ogni cosa cominciando da te perché ti chiedi se fors(} non stai vivendo per morire quando sarebbe il giorno di morire per vivere. Cosi tra un joint e un chillom volando dai sacri templi di Be– nares ad allucinanti visioni tra stregoni indios ti chiedi se non è troppo il sangue versato in nome di una Libertà che forse continuerà a rimanere imprigio– nata per sempre nei nostri so– gni più belli. E quando vedo Shi– va tagliare con un solo colpo le teste di tutti i maiali e vedo lo stesso dolce sguardo lucido di– struttore di ogni cosa già morta, riflesso negli occhi di ogni fra– tello, capisco che la Rivoluzio– ne è già cominciata dentro ognuno di noi. con Amore Luca, Carèere giudiziario Livor– no qui è tutta merda. Passo le gior– nate a leggere per non dovermi rodere il fegato a pensare che sono qui in galera per uno spor– co gioco del sistema, per un giudice che vuol fare carriera, perché sono stato sempre me stesso, senza paura senza ·ver– gogna e perché parlo una sola lingua: la Verità. Non sono un Pinelli, una Ulrike Mainhof, o un Renato Curcio, ma nel mio pic– colo anch'io ho rotto i coglioni :., al sistema ed è per questo che sto facendo la galera, senza un motivo reale, solo con l'accusa Oggi,· 1° maggio, festa del lavo– ro, io donna, accuso i lavoratori maschi di truffa continua, perché mentre loro fanno festa, noi donne lavoriamo nelle case, senza il riconoscimento di nes– sun diritto sociqle. Non il diritto al riposo settima– nale e annuale che la Costitu– zione impone a tutti i lavoratori, ma da cui le donne lavoratrici sono escluse. Non il diritto ad una retribuzio– ne per il lavoro che le donne svolgono all'interno delle fami– glie, giorno dopo giorno, anno dopo anno, senza interruzione. Non il diritto alla pensione, do– po una vita di lavoro. Non il diritto alle cure in caso di malattia. lo, ragazza madre, in attesa del mio terzo figlio, denuncio lo Stato e la Chiesa di «crimini contro l'integrità della stirpe», e inizio dal 9 maggio, festa della mamma, uno sciopero della fa– me, per urlare a tutti, che sia– mo tutti responsabili della mor– ·te di Concetta Valenti madre di sei figli, suicidatasi bevendo acido muriatico per le «disagia– te condizioni economiche»; e di Maria Pafumi madre di tre figli, impiccatasi per fame. Perché crimini di colpevolezza sociale come questi sono inde– gni di qualsiasi società che ami definirsi civile. Perché costringere al suicidio o all'aborto le madri povere è un crimine sociale che ci degrada ad un livello inferiore a quello dei crimini nazisti. , Perché nei lager di sterminio nazisti le vittime non si suicida– vano, dovevano essere uccise, perché pur subendo le più in– concepibili forme di violenza e di degradazione, credevano nèlla vita. In Itali a nel 1976, due donne sono state costrette ad uccider– si in maniera atroce perché non credevano più nella loro vita e in quella dei loro figli. Sono state costrette ad ucci– dersi perché le forme di violen– za, di emarginazione, di sfrutta– mento, di degradazione sono, oggi, ancora più inconcepibili di quelle dei criminali nazisti. Quatid~'.l}_hitii~nria ·che _hadato la '{itai: non arèqe più n,elk! vita, allora una società è arrivata ad un punto di 'disumanizzazione totale. Perché la pena di morte sia de– finitivamente abolita per tutti e non soltanto per i ricchi, biso– gna riconoscere immediata– mente a tutte le madri che si trovano nelle stesse condizioni di Concetta Valenti e di M&ria Pafumi uno stipendio persotale non mediato dalla pres _r• 7 dell'uomo; bisogna riconoscere a tutte le madri che lavorano al– l'interno di una famiglia curan– do e crescendo dei cittadini ita– liani, uno stipendio personale. Stipendio che deve essere rica– vato dalla tassazione progressi– va di tutti i redditi e movimenti monetari; o dalla riduzione di tutti gli stipendi maschili. E ciò-in ottemperanza delle tan– to srombazzate enunciazioni di parità, uguaglianza, democra– zia, libertà, giustizia che tutti gli uomini politici categoricamente fanno... e immancabilmente tradiscono. E se ancora una volta, come sempre, le donne saranno tra– dite, allora io mi rifiuto di far parte di questa società nazista, e rinchiudendomi in una zattera che affido al mare, vado a fare atto di testimonianza d'amore e di disperazione, verso tutti co– loro che la nostra società con– danna a morte. Con speranza, amore, tenerez– za, rabbia e disperazione Serenella Vianello Caro Re Nudo, sono uno studente e oggi sono incazzato un po' più del solito: sono tornato da una manifesta– zione antifascista. La cosa che mi ha fatto incazzare è la que– stione degli slogan: «Col san– gue delle camicie nere faremo più rosse le nostre bandiere», «Se vuoi bere un prodotto ge– nuino bevi sangue Sanbabilino o missino ...» Credevo che nel 1976 simili aborti fossero sep– pelliti per sempre e che anche all'interno della Sinistra rivolu– zionaria certe cose fossero su– perate, invece non è così. Vo– glio vedere l'umanità di questi nuovi partigiani che tingono le loro bandiere con il sangue dei fascisti, e che vogliono rivolu– zionari vampiri per una rivolu– zione vampira!! La rivoluzior:ie da atto di fòrza con cui una classe ne rivolta un'altra diven– ta un club di sadici o giù di lì. Se questi slogan si dicono per ca– renza di idee, di programmi, di indicazioni, bene allora credo sia molto meglio tacere, discu– tere e chiarirci le idee: alcune (Segue a pag. 48)
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