RE NUDO - Anno VII - n. 43 - luglio 1976

46 Tra queste recensioni ce n'è una di un disco che non Bsiste. Chi indovinerà la re– censione immaginaria riceve– rà in regalo il disco. JO GELOSINO, «Cartilagine» (Disperso, SISAL 1x2) Sulle orme di Cage, Stochau– sen e Telefunken, Jo Gelosino ha fatto molta strada. Chi lo ri– corda ai primi tempi non può trattenere un sorriso stupito: solo cinque anni fa l'avversione di Jo per le macchine arrivava al punto da ·provocargli dei tre– miti prolungati e irrefrenabili appena premeva un tasto o un interruttore. Pare che a casa sua la luce elettrica fosse sco– nosciuta e che fino alla maggio– re età Jo abbia vissuto a lume. di torcia e di lampada a olio. Gli piàceva la campagna allora ed egli girava per la Comune agri– cola di cui era unico ospite (ec– cezion fatta per alcune decine di servi della gleba che gliela tenevano in ordine), accompa– gnato dal suo guru personale con cui intonava lunghe nenie. La grande svolta della sua vita fu quando girò l'angolo di casa e vide da una finestra il custode che guardava la televisione con la famiglia. S'avvicinò a guar– dare e Carosello ebbe su di lui un effetto profondo, e duraturo. I suoi primi mixeggi furono fatti utilizzando nastri di pubblicità televisiva: qualche critico sprovveduto disse allora che si trattava di tentativi di deviare il messaggio eccetera eccetera. «Era in realtà una pura ricerca di sonorità - ci ha invece detto Jo - e di nuove inflessioni cos– miche e aliene: KOP-LIP-AVA BUCATO-MIRAL ... » Da quando scoperse i moderni mezzi di co– municazione la sua vita si rivo– luzionò. E più volte fu fermato in extremis mentre cercava di penetrare qualche presa di cor– rente. Questo suo !<Cartilagine» ci dimostra quanto Il suo di– scorso sia ormai maturo e car– tilaginoso: oscuri e chiari e chiaroscuri messaggi cosmici c1rcolanti ci giungono dall'ulti– ma zona ttberata dell'Es e di– gradano nell'Inconscio fino a farci piombare d'un tratto nel sonno. Il pl'imo pezzo, «Tran– quillanti» è fn questo senso esemplare. M~ anehe U secon~ do («Aria fritta») ci inonda di sensazioni aeree e fluttuanti che ci danno l'impressione del– l'etere e il profumo del clorofor– mio. La penetrazione si conclu– de con «Universo», un pezzo dedicato a un negozio di jeans ai confini della realtà. Se Jo Ge– losino riuscirà a infilarsi nel prossimo programma della NA– SA, pensiamo che potrà darci qualcosa di anche più valido e decisivo: sarà lui senz'altro il primo musicista nello spazio nel programma «Volo tragico» di Capo Chennedy. Gianfranco Manfredi, Ma non è una malattia, (Ultima Spiaggia) Parlare bene del disco di Gian– franco verrebbe spontaneo. Sia innanzitutto perché il aisco è bello, sia perché Gianfranco è uno della redazione del giorna– le, per cui a maggior motivo la cosa è difficile. Allora, provo a fare l'avvocato del diavolo, o l'amico del giaguaro. Anzitutto, essendo un disco di musica cantata in italiano, è giocoforza parlare del testo, cosa che invece non si fa mai per i cantanti stranieri, che ma– gari fanno della buona musica, con magari dei testi di merda. Chiuso l'inciso. Dunque i testi di Gianfranco. Innanzitutto c'è un grosso passo avanti rispetto ai testi del suo primo disco, La Crisi, anche se questo non con– ta molto, visto che il primo di– sco non l'aveva sentito quasi mai nessuno. 11 disco è un po' diviso in due parti. La prima facciata, più scanzonata e ironica (anche e soprattutto come accompagna– mento musicale) e una secon– da, più attenta e «seria». Nella parte ironica ci sono alcu– ne cose che non mi piacciono. L'ironia va benissimo, figuria– moci, e va benissimo anche una certa dose di scanzonatu– ra. Quello che però non mi con– vince è una certa superficialità che c'è in giro nei testi di Gian– franco. Nell'Agenda '68, per esempio, il problema della mili– ta;a è solo quello della mili– tai~ a classica, quella nei grup- pi. o nel '68 di cui non ci si ri– corda niente. C'è un altro tipo di militanza. però, anche quella "alternativa" che riproduce lo stesso rapporto alienato fra quello che si propaganda e si va in giro a dire e quello che poi si fa. Fare la politica dei propri bisogni può anche voler dire non fare politica, ad esempio, e cioè accettare che tutto venga cambiato, compreso (e spesso a partire) dai propri ritmi di vita e di rapporti con gli altri. Allora quando Gianfranco dice che l'alternativa al telefono che squilla sempre è andare a fare un giro in macchina sul mare dove non ci sono strade non mi convince. E non per la solita menata che è una fuga, ma perché è qui nel concreto del giorno che va stravolto il rap– porto col mondo e con gli altri. E ancora, va stravolto dentro di sé. Ecco, quest'aspetto mi sembra sia anche presente in altre canzoni, anche nella se– conda parte, quella «seria». Qui infatti l'unico brano "sincero" (non astratto) è il «Puoi sentir– mi», che mi è sembrato uno dei migliori di tutto il disco. E qui, non a caso, mi piace perché è accennato quel discorso che facevo prima del rapporto con se stesso. 11 che però non vuol dire che Manfredi sia meno effi– cace nei brani «narr"ativi». «li mostro è uscito dal mare», l'ul– timo brano, molto bello: «Il fa– chiro divora gli spaghetti/è fini– to il digiuno/e il mostro che è uscito dal mare/t,a distrutto gli stabilimenti/E la spiaggia ora è piena di gente/che sorride ve– stita di niente». La base musicale mi sembra molto bella, curata e inventiva, sia nella prima parte, costituita di una cavalcata dei ritmi più in voga da un po' a questa parte con un senso canzonatorio molto divertente, che nella se– conda, dove ci sono dei veri e propri pezzi musicali che sta- _ rebbero in piedi anche da sé. Oltre a che Gianfranco, il meri– to va in grandissima parte a Giuliano llliani, conosciuto co– me Donatello, di cui troppo spesso ci si dimentica la bravu– ra e l'inventiva, oltre a Riky Gianco, che mette le sue zam– pate qui e là. Comunque questo «Non è una malattia» è proprio un bel disco, che si stacca di un bel po' di lunghezze da tanta produzione casalingo-casereccia che si mangia la coda con testi assur– di e musiche drammatiche. Un disco che si riascolta anche vo– lentieri, e lo si apprezza strada facendo, specialmente nella seconda parte. Come sempre. il disco si può ottenere direttamente richie– dendolo alla Ultima spiaggia produzione autonome. Via Pod– gora 5 Milano. a lire 3000. Rufus, RUFUS FEATURING CHAKA KHAN, (CBS) Di solito non parliamo della pseudo musica pseudo-soul che ci ha invaso da due anni a questa parte le orecchie e la te– sta. Questa volta però voglio fa– re un'eccezione per i Rufus. Ho conosciuto a San Francisco Chaka Khan, la cantante di questo gruppo, e ne ho ricevuto un'impressione ottima. Militan– te del Black Panther, ha lavora– to molto con piccoli gruppi mu– sicali della Weast Coast, prima del lancio commerciale di que– sta musica negra. Amica di Stevie Wonder, una delle figure più belle e prestigiose della mu– sica nera americana, ha poi praticamente messo insieme questo gruppo, I Rufus, che so– no anche stati in testa alla Clas– sifica americana per un bel po' con una canzone appunto di Wonder, Teli me something good. Ma non solo perché è una compagna voglio parlarne, ma anche e soprattutto perché Chaka ha una voce ecceziona– le, calda e forte al tempo stes– so, una voce che spesso ricor– da da vicino Janis Joplin, una voce arrabbiata, incisiva e pe– netrante. La base musicale pur– troppo non é sempre all'altez– za, ma si distingue in alcuni punti per una certa inventiva, e per un uso quasi scanzonato dei soliti triti e ritriti moduli mu– sicali. Musica easy, certo, ma non della peggiore. S.S.

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