RE NUDO - Anno VII - n. 43 - luglio 1976

30 pepe! - al servizio del più mostruoso sfruttamento industriale o militare. Arrivederci qui, dovunque. Coscritti della buona volontà, avremo una filosofia feroce: ignoranti per la scienza, furbi · per le comodità; e creper~mo per il mondo che avanza. E la vera marcia. Avanti, marscf,, Di fronte al mondo dell'occidente, alla sua storia, al suo colonialismo, R. cerca di risalire ai suoi «antenati Galli». Ma cristianesimo e mondo borghese si ripresentano sempre come imperialistica definizione del suo lo, con filosofia scienza e democrazia annesse: dentro il loro I o che é dentro di noi · tutto è definito. L'unica salvezza intravista é sfondare questo i'o: «Non ho ricordial di là di questa terra e del cristianesimo. Potrei non smetterla mal di rivedermi In questo passato. Ma sempre solo; senza famiglia; anzi, quale lingua parlavo? Non ml riconosco mal nel consigli del Cristo, e neanche nel consigli dei Signori, - rappresentanti del Cristo. Che cos'ero nel secolo scorso? ... Oh la scienza! Tutto è stato ripreso. Per il corpo e per l'anima, - Il viatico, - ci sono la medicina e la filosofia, - i rimedi delle donnettee le canzoni popolari adattate... La scienza, nuova nobiltà! Il progresso. Il mondo si muove! Perché mal non dovrebbegirare? È la visione dei numeri. Andiamoverso lo Spirito. È cosa certissima, è oracolo, quel che vi dico. Comprendo,e non riuscendo a spiegarmi senza parole pagane, vorrei tacere... Rispetto al cristianesimo e Ordine Borghese, R. cercava altrove, «prima» e dopo: quel qualcosa lo chiamava «purezza». 3) ... L'IO È UN ALTRO Attraverso un'esperienza «maledetta,, cercava un lo che sapesse anche essere altro dall'Io razionale di 2000 anni di storia: dall'Io maschile, razionale, borghese, adulto sedimentato. Nella famosa Lettera del veggente scriveva (1871): Infatti, lo è un altro. Se l'ottonesi destatromba, non è certo per colpa sua. La cosa ml pare ovvia:lo assistoallo sbocciaredel mio pensiero: lo guardo, lo ascolto: do un colpo d'archetto: la sinfonia si agita nelle profondità, oppure salta con un balzo sulla scena ... Il primo studio dell'uomo che voglla essere poeta è la sua propria conoscenza, Intera; egli cerca la sua anima, l'Indaga, la tenta, l'Impara. Appena la sa deve coltivarla; la cosa sembra sempllce: In ogni cervello si compie uno sviluppo naturale; tanto egoisti si proclamano autori; ce ne sono molti altri che si attribuiscono li loro progresso Intellettuale!... ... lo dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente mediante un lungo, Immenso e ragionato disordine di tutti I sensi. Tutte le forme di amore, di sofferenza, di pazzia; egll cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura nella quale egll ha bisogno di tutta la ·fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale egli diventa Il grande infermo, il grande criminale, Il grande maledetto, - e Il sommo Sapiente! - Egli giunge Infatti all'Ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima già ricca più di qualsiasi altro! Egli giunge all'Ignoto, e quand'anche, smarrito, finisse col perdere l'Intelligenza delle proprie visioni, le avrà pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e lnnomlnablll: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sul quali l'altro si è abbattuto! -11 seguito tra sei minuti Riprendo:. . Dunquè Il poeta è veramente un ladro di fuoco. Ha l'Incarico dell'umanltà, degli anlmall addirittura; dovrà far sentire, palpara, ascoltare le sue Invenzioni; se ciò che riporta da laggiù ha forma, egli dà forma; se è Informe, egli dà l'Informe. Trovare una lingua; ... Questa lingua sarà dell'anima per l'anima, riassumerà tutto: profumi, suoni, colorl; pensiero che uncina Il pensiero e che tira. Il poeta definirebbe la quantità di Ignoto che nel suo tempo si desta nell'anima universale: egli-darebbe di più - della formula del suo pensiero, della notazione della sua marcia verso Il Progresso! Enormità che si fa norma, assorbita da tutti, egll sarebbe veramente un moltiplicatore del progresso! Quest'avvenire sarà materlallsta, come lei vede ... Questi poeti saranno! Quando sarà spezzata !'Infinità schiavitù della donna, quando ella vivrà per sé e grazie a sé, dopo che l'uomo - finora abominevole, - l'avrà congedata:sarà poeta anch'essa! La donna troverà dell'Ignoto! I suol mondi di Idee saranno diversi dal nostri? - Troverà cose strane, lnsondablll, ripugnanti, deliziose; noi le prenderemo, le capiremo. · Nel frattempo chiediamo al poeti del nuovo, - Idee e forme. Ogni mestierante potrebbecredere ben prestodi aver soddisfattotale domanda, - No, non è questo! I Pratica dell'inconscio e dissoluzrone dell'Io, dunque, per pqter trovare identità: liberazione di ciò che di noi ci hanno detto essere Altro (oppure: nemmeno ce l'hanno detto) e quindi della donna «per sé e grazie a sé•: con «l'incarico de.gli animali, addirittura». E nel profondo la nostra identità, in zone «innominabili• per l'Ordine borghese. R. vuole nominarle, come Poeta maledetto: ma pensa già però ad altri «orribili lavoratori• di un «avvenire materialista•. Non vogliamo proprio riconoscerci in questa eredità, e allontanare R. confezionandolo nel pacchetto dell'irrazionalismo? È cosi «pallida• la nostra Ragione da non sopportare la vista di noi stessi e, tam poco, della Vulva materna? L'etichetta che si è imposta è «Comunismo-Progresso– Ragione»: non è troppo stretta, cioè profondamente sbagliata, per la nostra identità? Non è più realistica un'etichetta del tipo «Comunismo-Altro•? Di tutto questo R. parlavà cercando di inventare un linguaggio: dove le vocali erano colorate ( «A nera, E bianca, I rosa, U verde, O blu, .../Oh, l'Omega e il raggio violettodei suoiocchi!»); dove fosse possibile trovare una verità dell'anima e del corpo, anzi di un anima e di un corpo; dove un'esperienza «maledetta» doveva trovare la forza di divenire forma di un mondo. «CAMBIARE IL MONDO», scriveva. «La vera vita è assente. Noi nonsiamo al mondo/ Occorre, per cambiare il mondo, «scrutare l'invisibilee udire l'inaudito•, e «trovareuna lingua», inventare un nuovo linguaggio. Ma dentro il quale, linguaggio, non poteva essere distrutto, come R. s'era illuso, il mondo borghese, e nel quale, linguaggio, si aprivano sempre più per lui zone ampie di silenzio. Più, per negare il mondo borghese, bisognava uscirne, più questo imponeva il silenzio. La letteratura non è la rivoluzione. È o può essere esperienza di negazione, di rivolta. Può essere cronaca e pratica di una nostra obbligatoria «stagione all'inferno»: obbligatoria: perché nell'inferno ci siamo. Ma la letteratura ha un senso se ci decentra, se ci fa vedere il mondo da un nuovo punto di vista: sia che si svolga come discorso sull'Io-Altro, sia che ci faccia vedere il mondo da sotto insù, ponendo il . «sottosuolo» come osservatorio privilegiato (in una poesia R. descrive visivamente che cos'è il mondo visto dalle viscere della terra). Sia che si senta il mondo essendo un «battello ebbro», un battello «ubriacato dall'acqua» che ha visto «Florideincredibili», ma è stato soffocato dall'impossibilità, dalla realtà, sino a scoppiare: Ho visto gli arcipelaghi siderei e delle isole Da.icieli deliranti aperti al vogatore: - E in queste notti immense che tu dormi e t'esili Stuolo d'uccelli d'oro, o Vigore futuro? Ma basta, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti. Ogni luna mi è atroce e ogni sole amaro: L'acre amore mi gonfia di stordenti torpori. Che la mia chiglia scoppi! Che vada in fondo al mare! Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo, Un bimbo malinconico abbandona, in ginocchio, Un battello leggero come farfalla a maggio. Non posso più, bagnato da quel languori, onde, Filare nella scia di chi porta cotone, Né fendere t'orgoglio del pavesi e dei labari, Né vogar sotto gli occhi orrendi del pontoni.

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