RE NUDO - Anno VII - n. 42 - maggio 1976

È uscito MARIO, mensile tutto a fumetti fatto da un gruppo di compagni di Firenze. Sono ri– chieste caldamente collabora– zioni da tutta Italia per rimpol– pare il giornale, che comunque già così è abbastanza "polpo– so". Senza cedere alla tenta– zione delle graduatorie, però non si può fare a meno di se– gnalare i fumetti della Maria Te– resa Faini, veramente forti. Co– munque nel numero ci sono molte altre cose buone: un sim– patico inedito autocritico di · Crumb, foto un po' Hara-Hiri di Strippini eccetera eccetera. Il modello cui sembra ispirarsi MARIO, anche nella veste, è chiaramente quello dei giornali underground americani, con un po' più di pulizia formale e un po' più di corrosione alla fran– cese. È probabile che nel pro– seguire gli amici di Firenze, av– valendosi anche di altre e nuo– ve collaborazioni, riescano a sviluppare un discorso più origi– nale. Pare che dal prossimo numero raddoppino le pagine. La distri– buzione è del tutto sperimenta– le, per ora; la cosa migliore è ri– chiederlo alla fonte cioè: MA– RIO, via di Mezzo 22, FIREN– ZE. La redazione è quella che vedete nella foto. A RE NUDO Cerchiamo un po' di spazio da voi per far sapere qualcosa su alcuni episodi molto significativi accaduti alla «Popfesta» di car– nevale gestita da Avanguardia Operaia al Palalido di Milano la sera del 6 marzo: Vogliamo parlare del comporta– mento irresponsabile e provo– catorio del servizio d'ordine, che ormai si è specializzato nell'interpretare l'Ordine nel senso più poliziesco e maschili– sta della parola e non ha esitato a caricare centinaia di persone ammassate all'ingresso. Ora, si ouò discutere sul pos– sesso o meno del biglietto, sulla necessità delle perquisizioni che in ultima analisi si sono di– mostrate ben poco efficienti (un compagno per prova è en– trato ed uscito tranquillamente tre volte con una pistola ad ac– qua infilata nella cintura), ma l'esperienza insegna _che in ogni caso, quando si arriva ad una situazione di tensiorJe, in cui una folla preme per entrare in uno spazio che sente suo, è ottusità politica e provocazione tentare di arginarla e addirittura caricarla. È violenza squadristica e adia– lettica sprangare, dieci contro uno, compagni definiti «provo– catori» per il solo fatto di aver o– sato criticare questo modo di fa– re. Viviamo continuamente alle prese con la violenza della po– lizia, dei fascisti, dei proprieta– ri, dei padroni; dobbiamo ades– so difenderci anche da quella di coloro che si definiscono cqm– pagni e che non trovano di me– glio che rivolgerla contro altri compagni? COLLETTIVO «6 MARZO 1976» - COMO Sul problema della gestione dei concerti da parte della sinistra rivoluzionaria abbiamo già det– to alcune cose e sicuramente ci torneremo su. Certo è, ed è meglio ribadirlo, che qualsiasi episodio di violenza nei con– fronti di compagni è da condan– nare duramente.Lo dicemmo un anno fa riferito a compagni che avevano incitato allo sfon– damento a concerti organizzati da altri compagni a sostegno di iniziative politiche; lo ripetiamo oggi con la stessa durezza nei confronti di quei servizi d'ordine che definiscono provocazione tutto ciò che non rientra nei loro parametri. Tra i numerosissimi giornali e giornaletti locali che 'arrivano quotidianamente in redazione, ce n'è uno che si distingue ab– bastanza: è "In Piazza", un quindicinale che esce a Seni– gallia (Ancona). Questo giorna– le può essere d'esempio a tutti i compagni che vogliono fare un'iniziativa di stampa a livello locale: la par,te "culturale" non è relegata a far colore ma co– stituisce l'ossatura del giornale, però la redazione non perde un'occasione per inserirsi a caldo nei problemi della zona. Molto belle alcune inchieste co– me quella sugli ospedali, sulla disaffezione alla scuola, sulle speculazioni edilizie (quest'ulti– ma ha messo un po' in crisi la Giunta Comunale di sinistra). Insomma: va bene fare giornali locali che siano il coagulo di molta creatività e gioia di dise– gnare, di scrivere, di dire la propria, però è anche importan– te non estraniarsi dal sociale, dalla pratica continua e impo– stata in modo nuovo, dell'in– chiesta di massa. Per riceverlo o chiedere informazioni varie, basta scrivere a: "IN PIAZZA" - Casella Postale - Senigallia (Ancona). 25 "LITTLE PEOPLE" New York - Maggio Magari domani siete li a pisciare in un cantone e sul muro, tra una pie– tra sbrecciata e l'altra, in quell'an– golo ammuffito che la gente non guarda e non cura, buio, dove si va solo per pisciare, vedete le città deserte, le case, le torri, le opere pubbliche, i resti archeologici della grande civiltà dei Little People, "la gentucola", "i piccoli". I "piccoli" hanno lasciato le loro tracce nei cantoni, sui cornicioni, sulle fine– stre dei quartieri di periferia, lungo le staccionate, nelle brecce dei muri di fabbrica. Hanno lasciato le loro case d'argilla, le loro piccole città vuote. Tracce della loro civiltà sono state trovate a New York e Parigi (Belleville) e domani magari potrete trovarle a Milano, Roma o. Napoli. Chi le semina è·Charles S1- monds, scultore-pittore-architetto– urbanista-fotografo-cineasta. Va in un quartiere, cerca gli angoli più oscuri e comincia a costruire mini– città, torrette, reparti archeologici cli civiltà lillipuziane. Succede che la gente del quartiere dopo un po' se ne accorge, s'incuriosisce, va a frugare negli angoli bui, non solo più per pisciare, ma per scoprire i resti della civiltà lillipuziana. Una grande civiltà emarginata, ma dif– fusa, presente nei pori della metro– poli. La gente comincia a identifi– carsi con Lilliput, vi si ritrova, vi legge i resti della propria civiltà emarginata, le proprie piccole sto– rie. Giorno dopo giorno le mini– architetture urbane si moltiplicano nei punti più impensati. Si dilatano. Si fanno progetto politico di riac– quisizione urbana, di ricostruzione collettiva. Charles Simonds si fa vedere a metterne l'uno sull'altro i minuscoli mattoni delle città dei Little People. La gente si raduna, ne parla. A New York, Harlem si popola di minuscole costruzioni si mettono tutti quanti a costruirle. E poi cominciano a riprendersi gli spazi: un muro, una zona di mar– ciapiede, un'area di giochi reinven– tata, ridipinta, progettata in modo nuovo. Poche isole di vita In un quartiere, isole che nella città sono tante Lilliput, frammenti di civiltà antiche e nuove, ricerca di identità CONTRO e nel pori della città.

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