RE NUDO - Anno VII - n. 42 - maggio 1976
resto è una oscura ciotte di «di– sponibili» alla provocazione e all'attentato. Cioè: la classe è il suo partito-sindacato, l'operaio singolo è l'ignoto, lo sconosciu– to, l'operaio «in sè». E questo operaio è difficile individuarlo, colpirlo, coincide con l'operaio– persona, non ha «rappresentan– za» per cui l'unica cosa che in– tanto si può fare, è colpire la sua «rappresentanza apparen– te» cioè i gruppi. AMENDOLA: TUTTI FASCISTI E veniamo ad Amendola, anche lui sul Corriere il 4 maggio. Dice: Respingo le teorie che giustifi- cano le violenze politiche in atto come manifestazione sponta– nea di stati obiettivi (disoccupa– zione, frustrazione, emargina– zione, discredito degli organi dello Stato e crisi di vecchi e or– mai superati valori morali e poli– tici). Queste condizioni obiettive esistono, certamente, e costi– tuiscono il terreno favorevole a/– l'incremento della criminalità, specialmente minorile. Ma la violenza politica organizzata non è un fatto spontaneo, ha centrali e indirizzi che vanno in– dividuati. Certo le condizioni ge– nerali del Paese alimentano sentimenti di ribellione, di rifiu– to, di rabbia, come si dice. Ma con la rabbia non si combina nulla e non si cambiano le con– dizioni esistenti. Precisato qu'esto, Amendola sposta allora il discorso sulle origini ideologiche della «provo– cazione», e le rintraccia nell'«ir– ruzione» durante l'ultimo de– cennio nel campo della lotta di classe di masse di origine con– tadina e studentesca prive del robusto impianto marxista– storicista proprio del movimen– to operaio tradizionale. Di qui anche i gruppi che a giudizio di Amendola sono stati trattati con troppa comprensione dalla sini– stra, e anche la sinistra sinda– cale: Nel movimento sindacale, tra i militanti provenienti dalle orga– nizzazioni di ispirazione cattoli– ca, numerosi sono i casi di col– legamenti con i gruppi estremi– sti. Bisogna dire che tali posi– zioni sono state favorite anche da coloro che nella DC e nei partiti di maggioranza, hanno visto nell'agitazione estremisti– ca un mezzo per indebolire le posizioni del partito comunista, per cercare di scavalcarci a si– nistra, per rompere il difficile processo di unità, sindacale. fvfolti che hanno lavorato - inu– ti(mente - per incrinare la forte d(sciplina ideale e politica del PCI, sono oggi responsabili an– clile essi delle forsennate agita- . zibni estremistiche. E di qui, in un crescendo altret– tanto «forsennato» Amendola accomuna le agitazioni estre- miste, ie azioni tendenti a rom– pere anche con la violenza le grandi manifestazioni unitarie, i giudizi politici faziosi, /'intolle– ranza per gli oratori non graditi, le invettive ingiuriose prepara– no il terreno all'uso della violen– za, al lancio delle bombe incen– diarie, ai gesti teppistici contro la sicurezza ed i beni dei citta– dini (negozi ed automobili). Di qui alle azioni criminali delle cosiddette Brigate rosse (se– questri ed attentati) il passo è stato, troppe volte, compiuto. Ma allora come negare che tut– to ciò è legato, e non solo obiet– tivamente, ma attraverso una catena di gesti provocatori, al piano terroristico fascista? È qui già chiara una linea politi– ca da Ministro dell'Interno, nel– la quale si va a stabilire una li– nea ininterrotta tra sinistra sin– dacale e fascismo, passando per gruppi e B.R.: come a dire che a sinistra del PCI l'unico spazio è la. provocazione e l'u– nico spazio della provocazione è il fascismo. Anche qui legge– re e rileggere soprattutto per quei compagni che alle elezioni si preparano a votare PCI. ALMIRANTE AMA I VIGILAN– TES Ma invece di parlare di fascis– mo vediamo un po' che dicono i fascisti: e qui è interessante ri– portare la dichiarazione di Al– mirante al GR1 dopo l'omicidio di Milano (consigliere MSI spa– rato). Dichiara Almirante che gli risulta abbastanza curioso notare come egli fosse stato aspramente rimproverato e messo sotto accusa per avere, in trent'anni di onorabile carrie– ra politica, affermato in un di– scorso che «se lo Stato non ci difende, dovremo difenderci da noi», mentre invece nessuno ha detto niente rispetto al fatto che gli operai organizzano picchetti nei «posti di lavoro» contro «i sovversivi», (cosa lodevole). In– somma dice l'Almirante: io l'a– vevo detto già da un pezzo che bisognava fare i vigilantes! Pare allora che i fascisti «sog– gettivi» amino identificarsi più con le squadre dei «vigilantes» che con gli ignoti provocatori. Come la mettiamo? PER L'ESPRESSO È STATO GHEDDAFI L'Espresso nel dubbio, sempre seguendo il filo «strategia della tensione» che negli ultimi anni ha fatto vendere parecchio e ha fatto proliferare un'intera cate– goria di giornalisti «detectives» di lettori glossatori di volantini, espone un'ipotesi che è vera– mente il massimo del ridicolo: 13 se negli incendi non ci ha mes– so la mano la Cia, o il Sid, o la DC, o l'ultrasinistra, chi può es– sere stato, chi è il «ragno»? Gheddafi «...gli incendi alla FIAT - scrive l'Espresso - che nessun gruppo politico dell'ul– trasinistra ha rivendicato, pos– sono avere un'origine nella vec– chia ruggine tra Gheddafi e Agnelli? Il Ministro degli Interni sta indagando anche in questo senso.» A parte le risate di prammatica, anche qui, come sopra, abbiamo un giornale di sinistra che utilizza vecchi ca– valli di battaglia di giornali di destra (vedi Borghese). È ab– bastanza ovvio: di fronte all'in– comprènsione sostanziale di un fenomeno nuovo, la prima rea– zione è la caccia alle streghe e di qui all'uso di argomenti aper– tamente di destra il passo è breve. CONCLUSIONI TANTO PER INIZIARE Vediamo allora di fare un breve riassunto della situazione e trarne alcune prime conclusio– ni: 1. La rappresentanza riformisti– ca in fabbrica e non solo in fab– brica si va ormai chiaramente strutturando come momento di controllo sugli operai, in ten– denza anche previo vaglio ideo– logico delle assunzioni e sche– dature politiche, cosa che i vecchi e dissestati uffici perso– nale, o gli psicologi del lavoro, non hanno mai potuto fare con la stessa efficienza. 2. Si dimostra sempre più falli– mentare la linea di quanti (B. R. e c.) hanno pensato di poter «organizzare» in modo «politi– co» una rabbia di radici indivi– duali e personali che è diversa e nuova proprio perchè non so– lo non si riconosce nel «ciclo• ma non si riconosce neppure nella «politica». 3. L'operaio «in sè», l'operaio non come rappresentanza di classe, ma come persona, è destinato ad essere per i pros– simi tempi il vero Mr. Hyde del– la situazione. Oscura, ignota anima doppia dell'operaio che vota PCI (lo stesso operaio). In fabbrica e nel quartiere, biso– gna ripartire da qui non per l'ennesima ideologizzazione del «nuovo soggetto storico» (pro– letario giovanile o chi per lui) su cui fare organizzazione (più o meno la solita) o celebrativismi vari del soggettivismo della vio– lenza. Bisogna partire da qui nel senso che mai come ora è chiaro che il problema del «sog– getto» è proprio il problema del «soggetto»: cioè della persona.
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