RE NUDO - Anno VII - n. 41 - aprile 1976

Trt queste recensioni ce n'è runa di un disco che non Hl te. Chi indovinerà la re– censione immaginaria riceve– rà in regalo il disco. GIORGIO METANOLINI - Naziona– lizzare l'energia elettrica! (ediz. Fronte pop URSS 1930) Sono stanco ... sono tanto stanco. Proprio non ho voglia di scriverla questa recensione. Ma come si fa?... È un compagno. E poi la sua casa discografica se non gli fac– ciamo la recensione finisce che ci nega la pubblicità. È che proprio non ho voglia ... non so cosa dire. Il disco l'ho sentito e risentito. Ho ap– prezzato molto. Una volta si dice– va, con le mani sui coglioni, "Mi ha lasciato un po' perplesso ..." Però come si fa a stroncare? ... È un compagno. E poi fa il jazz: mica vorrai toccare il jazz! Se è jazz vuol dire che va bene, no? E l)oi lo fa nel concerti degli stalinisti. È no– to che Stalin era un grande appas– sionato di jazz, grande fondatore di istituzioni benefiche per musicisti jazz poveri o pensionati, note co– me "Gulag", e pare anche che ogni volta che firmava un ordine di fuci– lazione, il buon baffo tra sè e sè canterellasse "Tiger rag". Comunque veniamo al disco: il tito– lo è pregnante anche se un po' "re– tro", la musica è astringente però molto avanti, cosi avanti che fino a metà disco si sentono solo lontano e stentati "segnali" di sax terrore ... padron, tenore. Forse è una libera (free) interpretazione musicale (musical interpretation) dei primi tempi dell'energia elettrica quando gli impulsi erano discontinui e te– nui. La preistoria del telegrafo. Poi attacca un indiavolato ''ensemble" (together) da cui si proietta fuori un rullare di timpani da cui a sua volta scaturisce uno stupendo guizzo di tromba che certo vuole ri– ferirsi alla scossa beccata da Fran– klln la prima volta che ha fatto vo– lare un aquilone. Intervallo con ap– plausi delle masse •che natural– mente partecipano (vorrei vedere: hanno anche pagato il biglietto 2.000 lire!). Poi il pezzo più bello, un travolgente, favoloso silenzio (sllence) che dura dall'ultimo solco all'etichetta. È senz'altro la parte più riuscita dove... no no non c'ho voglia... ma perché devo fare le critiche? ma perché devo fare? Ma pareh6 davo? Ma perché? Ma ... MARGOT, Sul cammino dell'ine– guaglianza (Divergo) Margot me la ricordo bene, in una lontana trasmissione televisiva fat– ta se non sbaglio da Gaber. Si sta– va formando allora, uno strano giro per lo più milanese, ma non esclu– sivamente perché i contorni anda– vano da Gaber, Milly, Maria Monti, Carraro e poi l'Enzo Jannacci, a Fausto Amodei (che ovviamente in televisione non c'era) e molti del giro dei "Cantacronache", gli ante– signani con molta ironia e parec– chia giusta parsimonia, della can– zone "politica". Le radici di tutto questo stavano musicalmente ed espressivamente nella canzone francese anche se questa era poi presa e riaffondata in terra lombar– da (la "mala"). Tutto questo giro poi si sarebbe sciolto e ognuno sa– rebbe andato per la strada sua, il che per certi versi é stato anche un peccato. Beh, Margot c'era dentro anche lei. Non come una qualsiasi'. Era molto lontana dai cliché di can– tante allora imperanti soprattutto nel campo di quella che si diceva (non senza una punta di dispregio) musica da "cabaret": qui infatti ve– nivano fuori caratteri prepotenti e imperiosi come la Monti o la Vano– ni o la Milly. E anche nel giro dei "politici" stavano venendo fuori la Marini, la Mantovani. Margot inve– ce era una che non recitava, non declamava e non urlava. Arrivava li con la sua chitarra e cantava con una voce appena sussurrata ma non per posa e talvolta un po' in– certa ma non per furbizia. Le can– zoni le faceva lei, i testi e le musi– che: una delle prime pochissime cantautrici italiane e l'ufficialità dei critici e dei discografici stupida– mente non se ne accorse. Margot non era neanche una Cantante, se vogliamo, perché s'imponeva co– me persona. Anche per i testi, le cose che diceva, cosi poco orato– rie, cosi quotidiane: tipo la canzo– ne di quella che s'è sposata col metronotte e a letto non si trovava– no mai. Aveva capito probabilmente che la gente ne ave piene le balle degli impermeabili e gli ammiccamenti del Carraro e della Vanoni, e che magari c'era invece un angolo di disponibilità per sentire una canzo– ne, proprio una canzone. Vabbé ... Adesso Margot ha fatto questo nuovo disco, dopo molto tempo che non s'è fatta sentire. Il disco usa come base d'ispirazione il Di– scorso sull'ineguaglianza di Rous– seau. A dispetto di tutto il "leninis– mo" con cui Margot ci spiega la collocazione "di classe" di Jean Jacques, si capisce che quello che l'ha avvicinata al maggiore teorico della Rivoluzione Francese, é la percezione della natura sotto e dentro la storia, e del personale sotto e dentro il politico. Bella an– che l'idea purtroppo non portata si– no in fondo di utilizzare una musica di Rousseau, che di musica ne sa– peva parecchio dato che il suo Dlc– tlonnalre de Muslque fece testo a lungo e le sue opere soprattutto il Devln du vlllage e il Pigmalione fe– cero scuola e furono determinati per esempio sulla formazione di GILlck. Di "Arie" Rousseau ne ha scritte moltissime, ispirate sovente a canti popolari ginevrini, e magari già che c'era Margot poteva tenta– re di rielaborarne qualcuna. Co– munque non importa: parliamo di quello che c'è e non di quello che non c'è. Per arrivare al punto, a me sono piaciute soprattutto quelle canzoni in cui Margot è pratica– mente sola con la chitarra come ad esempio la prima: "Errava per la foresta verde", e dove l'arrangia– mento é più sobrio (anche se biso– gna dire che non pesa quasi mai con l'eccezione di "Un tempo la ricchezza" dove il Virgilio Savona si é sfogato alle tastiere in modo anche un po' vecchiotto) come ad esempio in "Potrà esserci un uomo più forte di me?". Comunque il pezzo più bello per me è "Dalla ne– ra tana", di cui trascrivo il testo: "Dalla nera tana della Qualificazio– ne/usci con l'Eleganza l'Immagina– zione/Merito e Precisione/Cor.ag– gio e Perfezione/con l'Ingegno e la Bellezza/l'Intelletto, la Destrezza/– l'Amor Proprio giubilante/la Parola ben portante/Sguardo speculativo/– stretta Osservanza/il codazzo qualitativo/dell'Ineguaglianza. - /L'uomo comincia a grattarsi la ro– gna/nell'Istituto della Menzogna." Bello vero? Qui la parola-simbolo l'espressione "difficile" acquista un effetto satirico e intimidatorio nello stesso tempo che accompa– gna a perfezione questa specie di processione dell'Ineguaglianza e dei suoi termini. Altrove invece si ricade un po' nell'espressione "ar– dua" che non è data dal testo rus– soiano, ma dal modello musicale alla "francese" che se ha prodotto tante buone cose, ha anche sem– pre avuto come eredità storica un pizzico di intellettualismo in più. Comunque ... é chiaro che se uno vuole cercare Rousseau é meglio 47 che si vada a leggere direttamente il Discorso, ma se uno vuol cercare Margot qui c'è, e in diversi punti viene fuori con tutta la sua dolcez– za espressiva, quella dolcezza che l'ha un po' emarginata tra i politici e tra i cabarettisti e che bisogna in– vece imparare a riascoltare. G. M. MICHEL POLNAREFF (Wea) Divertente 'sto disco, si sente taci• le. E certo non chiedetegli di più. Quando Polnareff vuole toccarè corde meno superficiali .e più inti– me è un mezzo fallimento, come in So long beauty, un pezzo alla Ray Charles che per essere appena ac– cettabile dovrebbe essere cantato appunto da Ray Charles. Per il re– sto Polnareff si situa su un piano non troppo lontano da Elton John con un po' di lezione dei Beatles in più in certi arrangiamenti e molto rock in meno. Scorrono via bene in questo senso Fame a la mode e No no no no noi now. Conferme di ba– nalità in Wondering man e Ralny Day Song solita mesta quanto ov– via lamentazione sotto la pioggia con pianoforte (povero me che va– do nella merda col. solleone, non ci potrò mai far su una canzone!). Forte invece il pezzo Jesus tor to– nite, il più riuscito anche per l'i– deuzza provocatoria e smitizzante del Polnareff che nell'inciso dice all'amante: "Let me be your Jesus tonite", un tipo di identificazione con Cristo perlomeno più simpati– ca del solito santonismo-supèro– mismo-masochismo-scemenza di tanti. Anche questa vena provoca– toria di Polnareff che diversi casini gli suscitò in Francia quando a De Gaulle ancora vivo usci su un ma-

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