RE NUDO - Anno VI - n. 37 - dicembre 1975

to rigidamente ~oralistico in proposito perche d1 fatto la droga euforizzante sembra costituire un bisogno genera– lizzato del proletariato giova– nile o di vasti strati di questo, dalle fabbriche di Detroit ai ghetti di tutte le metropoli capitalistiche. . Che q_uesto bisogno non sia pnmano ma indotto non cambia nulla: il ritmo cii una sua fondazione primaria sembra irresistibile. Realisticamente il problema della droga va quindi subito trasferito dal terreno della valutazione della droga "in sè,, a quello, se permettete la terminologia, della droga« per sè », sul terreno cioè della valutazione complessiva del fenomeno e dell'uso che ne fa il potere. Insomma, il proble– ma della droga va riportato da un lato a quello delle tecniche del potere nelle società capi– talistiche mature, dall'altro conseguentemente all'analisi della capacità e della forza proletarie di contestare que– ste tecniche. Ora, sul primo piano c'è poco da dire. C'è ormai una buona bibliografia sulle tematiche dell'anticipazione repressiva ed è facile capire (per i compagni) come vanno que– ste cose. È comunque diver– tente notare quanto queste tecniche siano, nel caso della droga, imperfette ed ambiva– lenti dal punto di vista di classe: i danni della droga pesante sono infatti rilevanti in un buon numero di famiglie borghesi dove droga pesante, riti esoterici, autodistruzione intellettuale precoce prendo– no giustamente il posto della tradizionale lue. Fascismo e droga sono ben intrecciati non perchè la droga è fascista ma perchè il borghese è fasci– sta. Più interessante è forse fare alcune annotazioni sul secon– do terreno, vedere cioè se la costituzione della droga in nuovo bisogno del proletaria– to giovanile ne abbassi o accentui il potenziale di lotta. A me sembra che nell'uso della droga : di quella leggera come di quella pesante - si consolidino alcuni comporta– menti rivoluzionari del prole– tariato. Sono il desiderio di immediatezza nella comunica– zione intersoggettiva, il biso– gno di conoscenza collettiva, la lotta contro l'estraneazione e per una presa di possesso : anche percettiva - del reale, l'odio più pesante per la mistificazione burocratico– capitalistica della vita. Dire che tutto questo è senz'altro « bisogno di comunismo" è forse usare un pleonasmo: la trasformazione dei bisogni in bisogni• politici è sempre un fatto di organizzazione e di lotta aperta. Ma è certo che la droga, divenuta bisogno pri– mario, può esasperatamente rivelare e consolidare la nuo– va composizione del proleta– riato giovanile: rivelare per- cettivamente l'unità e l'intensi– tà concrete del « lavoro astrat– to" che lo costituisce, conso– lidare la tensione a trasforma– re il problema del potere in volontà di appropriazione. Come sempre avviene nella dialettica dei bisogni, l'artifi– cialità iniziale svela cosi la sua necessità storica, - parados– salmente la droga era richie– sta dal desiderio di costituire e di generalizzare una lotta più avanzata, che fondasse nel personale la speranza di comunismo. Anche, soprattut– _to, la droga pesante, con la sua dismisura di desiderio, con un rifiuto dell'esistente che confina con la morte. Si badi bene: non faccio l'apologia della droga pesan– te. Ma credo che impedirne l'uso non sia questione di etichettarla come «fascista», credo invece che impedirne l'uso possa solamente discen– dere dalla capacità di rendere politicamente , collettivamen– te effettivi i desideri che l'uso di« tutta" la droga rivela. Solo se la speranza di comunismo è pratica il desiderio non si trasforma in autodistruzione. Parlare con un eroinizzato è come parlare con un terrori~ sta: lo convinci solo se inter– preti l'intensità del suo odio e dai alla ricchezza del suo desiderio una speranza di espansione collettiva. È forse per questa serie di riflessioni che non sono d'ac– cordo con il trionfalismo del– l'ultimo editoriale di Re Nudo. Non basta « essere dappertut– to». L'autonomia del proleta– riato giovanile va organizzata, e subito, dal suo interno. · Marxianamente val la pena di ricordare che i valori d'uso non si danno se non nella figura dello scambio, che non c'è un sistema di bisogni alternativo se non sulla base di quell'unico valore che è irriducibile al comando, e cioè la ribellione della forza lavoro, la forza invenzione, - contro il sistema capitalistico dei biso– gni il sistema proletario delle lotte. Quello che non riunifica ·1a lotta, anche il bisogno più rivoluzionario, lo riunifica il capitale, il padrone. Non oc– corre essere teorici molto fini per capirlo. E allora finiremo in una sorta di inattiva ed estatica gioia dell'emergenza spontanea e diffusa, tanto masochisti da compiacerci di quello che pelosamente ci conferma l'ultimo gruppetta– ro, « che davvero siamo dap– pertutto», « siamo tutti auto– nomi», basta che aspettiamo « il partito» che organizzi i nostri comportamenti. Aspet– tiamo, guardando crescere i fiori. E se qualche fiore, grazie alla nostra inattività, subito appassisce, ricorreremo - ne– cessariamente - all'esorcismo della droga fascista. Ben venga lo scandalo della « pe– sante». e allegri ragazzi. Toni Negri Dal profondo dell'abisso poche parole. Se fosse per rispondere a ciò che Corvisie– ri ed altri suoi amici gruppet– tieri sostengono sul problema della droga non varrebbe la pena di sprecare un grammo di inchiostro. Non interessa. Muffa e pol– vere sul bisogno di comunis– mo che è presente nella gen– te. Roba di cui liberarsi al più presto, da spazzare con la grande scopa della liberazio– ne; ultimo anello della catena che i proletari dovranno spez– zare per rimettere il mondo sui piedi. A partire però da questa grande "querelle" sulla droga si apre, a parer mio, un pro– blema nel movimento e su questo bisogna discutere, Niente logiche da referen– dum, pro e contro l'erba, op– pure elogi dell'LSD che ri– schiano di diventare un po' esercitazioni di polemica. Gli '"scritti" (sic) di Corvisie– ri e altri sono un'occasione da non perdere per affrontare quella che per me è la que– stione di fondo: la politica. Dopo centocinquanta anni credo sia arrivato il momento di passare dalla critica dell'e– conomia politica alla critica della politica. Il livello della crisi e le mo– dificazioni nella composizione di classe impongono questo salto di qualità. Nell'impero riformista non ci sono più spazi per le me– diazioni. La politica, anche quella di gruppi, è un arsenale di ferri vecchi, incapace di cogliere il livello dello scon– tro. La politica è misera. Non è in grado ormai più di esprime– re e comprendere tutte le con– traddizioni . che si muovono nel sociale. La politica, cosi come essa è, è espressione dell'io diviso della segregazione del privato nel deserto del pubblico, è schiavitù al feticcio ed alla cosificazione capitalista. Donne, proletari, omosex, giovani presentano contraddi– zioni e bisogni "politici" nuo– vi, diversi che non sono mini– mamente recuperabili dall'u– niverso politico dato e .dai sistemi organizzativi che esso ha espresso. I gruppi sono camice di forza per .il movimento, rap– presentano solo la traduzione sindacai-riformista della do– manda di rapporti comunisti, tutto subito, emergente da questi nuovi strati di classe. I partiti, quelli grandi e grossi, è bastato il 68 a dimo– strare che avevano poco a che fare con il comunismo, erano e sono articolazioni del potere borghese e basta. L'"america– nizzazione" del conflitto so– ciale, come tendenza, richiede una verifica radicale nel fare e nel pensare l'antagonismo di classe che non può più essere solo pratica dell'obiettivo 9 (autoriduzione, occupazione delle case, riappropriazione) ma da subito deve essere pra– tica della ricomposizione di oggettività e soggettività, pra– tica collettiva di livelli cre– scenti di rapporti comunisti; trasformazione di sè e dilata– zione della coscienza. Ripren– dersi le cose e, dentro, ripren– dere se stessi come totalità intera, al di fuori dei paradig– mi e dei ruoli che ci impone il capitale. Corvisieri in fondo non ne ha colpa, se non riesce ad andare al di là del suo naso, se pensa che ogni contraddi– zione umana è riducibile ad una commissione del suo gruppo. Riproduce solo una ricomposizione falsa, una sin– tesi alienata, una intierezza tutta ideologica. Bisogna pur campare nella vita, magari an– che a forza di'aspirine. Campane a morto per la politica, ma anche per il vec– chio militante, mens sana in corpore sano, ginnastica anti– fascista e tutto chiaro, niente schizofrenia e catalogo delle risposte pronte. Il militante, funzionario della politica che non esiste per sè ma solo in quanto strumento dell'orga– nizzazione, interamente og– gettivato, tutto riunioni e vo– lantini, è finito. Se comunismo è ricomposi– zione di sè, di cervello e di corpo, di ragione e sensazio– ne, la "militanza" è la massima negazione di tutto questo, è scissione, divisione ruolizza– zione, servitù de!la cosa, ri– produzione eterna di mistifi– cazione. Il militante/ è schizofrenia capitalista full-time. E questo cominciano a ca– pirlo molti militanti di A.O., i quali non solo "fumano" ma sempre più rifiutano i rapporti ed i comportamenti che la "militanza leninista" impone. E Corvisieri si incazza, sbraita e ripropone sulle colonne del suo giornale, con il rigore di un vescovo seccato dal "dis– senso", il suo triste ideale di vita: gioia di vivere, di classe, alla fin fine è militare in A.O. Di fronte al nuovo che cre– sce Corvisieri, come Toscano, Vinci come Cafiero non han– no che la vecchia arma della "criminalizzazione antilenini– sta" di tutti quei comporta– menti sociali emergenti non recuperabili nel canone mar– xfstaleninista pensiero di Maotzetung. Se leggessero un pocò Reich si renderebbero conto di usare un meccanis– mo politico caro ai poliziotti ed ai servi fedeli della borghe– sia che emargina il "diverso", che rinchiude come malato l'omosessuale, che lobotomiz– za chi mette in discussione l'ordine costituito ... Ma sono tigri di carta, an- ► che se fanno male e molto ... e . la rivoluzione lavora con me– todo. Alberto de Bernardi

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