RE NUDO - Anno VI - n. 37 - dicembre 1975
8 I Drog·a: marxisti a confronto Il dibattito aperto sulla droga dal primo numero di Re Nudo, nuova edizione, si va rivelando come uno dei più grossi e importanti degli ultimi tempi. Alcuni si sono chiesti stupiti: « Ma Re Nudo dell'LSD ha parlato fin dai primissimi numeri, cinque anni fa! Perché gli attacchi ar~ivano adesso?» Forse perché adesso il discorso non è più sulla droga jn sè ma su come vive nella fase di sviluppo del movimento. Anche per questo motivo il discorso si va allargando: va a investire il dibattito sull'organizzazione e sulla militanza, anzi finisce per gravitare su questo (come giustamente osserva nel suo intervento il sindacalista De Bernardi). Anche noi quindi non potremo più limitarci alle superficiali vignette « che sballo!»: la questione «fumo» è una cosa molto seria. Il dibattito su questo numero continua con degli interventi, discordi, che muovono anche delle critiche a Re Nudo. Hano in comune una cosa: è gente con cui ci interessa discutere, al contrario di altri dei quali non ci sembra divertente ricambiare gli insulti. Perché ospitiamo articoli firmati? Anzitutto, è ovvio, perché non sono redazionali, non rappresentano cioè l'opinione della maggioranza di noi, e poi perché sono opera di militanti «rappresentativi"· Lontano da noi ogni mito dei « lea– der»: eppure, proprio a sottolineare il senso politico del discorso, ci sembra importante raccogliere testimonianze di persone che hanno (o hanno avuto) responsabilità politiche riconosciute e che rappresentano di fatto nel movimento delle pratiche e delle tendenze teoriche precise. Il che non significa (anzi!) chiudere lo spazio a chiunque altro abbia delle cose da dire. Alcuni interventi di questo numero ci pare debbano essere puntualizzati, non per ribattere punto per punto ma per chiarire le reciproche posizioni. Anzitutto l'intervento di Toni Negri. Accenniamo solo qualche punto che riprenderemo in un discorso più esteso sul prossimo numero. 1) Perché Re Nudo si batte contro l'eroina? Sembra quasi che il problema non stia lì: se uno la vuol prendere la prenda. Oppure: facciamogli capire che è meglio dirigere verso altri obiettivi il suo istinto di morte. No. C'è un piccolo particolare: l'eroina non è li «offerta", « a disposizione"· È imposta anche con la frode, con il ricatto mafioso con la stessa propaganda borghese all'apparenza« nega– tiva"· E quando si tratta di repressione (come in questo caso) non si può stare a vedere ma bisogna andare all'attacco contro la struttura repressiva. È un po' come se di fronte alla tortura facessimo un discorso cosi: ci sono tanti masochisti in giro che vogliono soffrire in mille modi, il problema è indirizzarli in modo giusto. Si, ma l'organizzazione della tortura è un'altra cosa. Sotto i ferri non si gode, in isolamento non si dice: « Oh, finalmente solo!,,. 2) Non si può accettare come DATO che esistano nella realtà spinte autodistrµttive, autopunitive, fascinazioni di morte. Accettare questo DATO vorrebbe dire accettare il riformismo. Il riformismo come negazione della distruzio– ne, dell'aggressione rivoluzionaria diventa, nella coscien– za proletaria, interiorizzazione delle cariche distruttive, autodistruzione, appunto. 3) È vero che bisogna volgere contro il sistema la distruzione e la gioia estranea del mutamento (a partire da sè): ma come questo può essere fatto? Negri dice: organizzazione. Ma quale? La solita storia del «gruppo", «centro», della « direzione invisibile»? O quale altra? Insomma non vorremmo andare avanti con il sistema dello specchio: all'istinto di morte prodotto dallo sviluppo borghese contrapporre l'istinto di morte proletario, all'organizzazione borghese del comando contrapporre l'organizzazione del comando proletaria specularmente ricalcata. I giochi di specchi sono giochi d'apparenze, a noi piace la riappropriazione del REALE: all'istinto di morte contrapporre la riappropriazione della vita, all'organizza– zione borghese il disordine proletario contro il «_coman– do». Tutto questo richiede sviluppi e precisazioni. Un tentativo di ricostruire un discorso di aggregazione a partire (e senza negare) la ricca realtà della scomposi– zione, della polluzione continua e disordinata di compor– tamenti « diversi"· Una seconda annotazione richiede il contributo di Piero Ravelli, reduce della spedizione cinese « Fo– Capanna "· Ci tocca ripetere che per noi il ponte fra vino e alcolismo non è roba automatica, e non lo è il ponte fra «leggera,, e «eroina"· Il ponte vero è nel rassicurante riformismo elettorale che porta dalla merda di vita che giace su una sponda, alla merda morte che ci attende sull'altra. Un ponte da far saltare. Quanto al discorso su società dinamiche e società statiche, è da ben prima di Levi Strauss che è fatto politico da rivalutare, il mondo delle società statiche. Bisogna chiarire infatti che la nostra dinamica occiden– tale, è dinamica capitalistica negatrice di bisogni del sogno, del corpo, della festa. I Cinesi: la loro realtà è affascinante e magari proprio per il tentativo di sviluppare una dinamica che non distrugga l'uomo. La nostra vita è diversa: recuperare la tecnica e la scienza (quindi anche una chimica giustamente usata) per ritrovare la nostra condizione di persone, la nostra totalità di esseri umani, per la vita, non per l'autodistru– zione. Che la droga, leggera e forte, costituisca un genere d'im– portazione e, nella fattispecie. un genere di esportazione dell'imperialismo, sembra a prima vista fuori dubbio. Che attorno alla circolazione della droga sia piantato un sistema di provocazione da parte del potere (secondo le classiche sequenze dell'anticipazione terroristica, e cioè secondo il meccanismo distribuzione– proi bizione-i nfi ltrazione- cri mi nal izzazione, meccanis– mo del resto già lucidamente provato negli USA, negli anni '20, sulla base positiva di più remote tecniche imperialisti– che di avvelenamento genoci– dio), - bene, tutto ciò sembra altrettanto chiaro. Che inoltre la droga, « in sè », sia un genere tanto inoffensivo quanto micidiale, fa parte del gioco: se certa droga non fosse necessaria e piacevole non esisterebbero la propen– sione a consumarla e la tendenza alla generalizzazio– ne del suo uso, se certa droga non potesse essere micidiale mancherebbe la legittimazio– ne a criminalizzarla. È dunque abbastanza privo di senso distinguere fra droga « in sè,, buona e droga« in sè,, cattiva: -il riconoscimento del fatto che l'una euforizzi, l'altra uccida, non costituisce insegnamento sufficiente ad evitare che si passi dall'una all'altra, perchè è su questa ambiguità che la totalità del sistema di circola– zione - criminalizzazione è fondata. Completamente fuor– viante e vagamente comico è poi assumere un atteggiamen-
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