RE NUDO - Anno VI - n. 37 - dicembre 1975
36 per sé il 50% in sovrappiù. Che -poi era più del 50%: sembra infatti che il Mariano non pagasse gli straordinari e gli extra-sindacali, anzi ci hanno raccontato persino che una volta ha grottescamente addebitato a un orchestrale dei suoi, giunto un quarto d'ora in ritardo in sala di incisione, il quarto d'ora d'af– fitto sala più il quarto d'ora di tutta l'orchestra che aveva dovuto aspettarlo! Il "sotto– sciacallo" del Mariano era poi uno squallido personaggio ancora sulla piazza (fascistel– lo per giunta) a nome Danny Besquet, il quale faceva il "mediatore" del "mediatore" mettendo in contatto i musici– sti col Mariano e sottraendo a sua volta la sua parte misera– bile (sulle 2.500 orarie, altra tangente di 250-3001ire). Sem– bra che questa gente continui così. E come loro ce ne sono decine di altri. Per questo diciamo ai compagni musici– sti: FARE I NOMI. Uno scher– zo· al Mariano glielo hanno giocato: lui pagava subito il cinquanta per cento e poi il 10 andava a intascare l'intero dalla cassa Ricordi. Bastava presentarsi in cassa prima di lui... e si intascava così il 150%. Fatto due o tre volte, questo giochetto sembra ab– bia dissuaso pér un po' il Mariano dal continuare la tresca. Ma solo per un po'. E poi come s'è detto non è solo lui: è pieno di avvoltoi che si aggirano per i conservatori, per le scuole civiche del comune e adescano giovani musicisti a roba del genere. NON Cl STATE E FATE I NOMI. Non ci state perché starci vuol dire togliere lavoro ad altri: voi magari prendete il 50% tutto e subito, ma molti altri non lavorano. , Il secondo periodo è quello attuale. In mezzo c'è stata una sindacalizzazione più spinta degli orchestrali ufficiali (session-men). Ma in mezzo c'è stata anche una presa di coscienza politica di un sacco di musicisti che hanno detto basta: basta di suonare i "piripiì", basta di dover essere amici del "convocatore" per essere chiamati a suonare, suoniamo la nostra musica, facciamo musica e non mer– da. Nel riquadro pubblichia– mo appunto lo "scazzo" di un ex-musicista di sala che ha scelto la libertà creativa. Oggi il musicista-di sala-chiamato– sempre, fa un sacco di soldi: può fare dalle cinquanta alle ottantamila lire al giorno! Ma a essere chiamati-sempre a Milano sono una decina. Non si sa più se a parlare di sindacalizzazione o di corpo– razione. Possibile che a Mila– no ci siano solo due bassisti bravi? Solò tre percussionisti? ..Solo tre o quattro sax? Eppu– re lavorano solo loro. Quando il "convocatore" (assurda fi– gura di uno che per mestiere convoca gli altri e per questo "lavoro" telefonico prende tangenti) te ne manda un altro, cinquanta volte su cento questo non sa suonare ... Come suggerirti: la prossima volta richiama quello lì, se è libero. Viene fuori un fatto: · le soluzioni "sindacali" in questo (come in molti altri campi) sono palliativi. La realtà è che si apre una spaccatura gros– sa: ed è anche una spaccatura di modo di fare musica, di intendere la musica, di suona– re. DA UNA PARTE la musica– commercio, la "merda" quoti– diana che risponde a certi canoni a certi cliché prefissa– ti, con sonorità che devono essere sempre quelle, richia– mare il disco di successo, in uno sforzo assurdo a agghiac– ciante di reciproco "ricopio". Per suonare questo tipo di musica bisogna essere più che degli "operai" dei "profes– sionisti", degli "specialisti" magart d'una cosa sola (ma da ripetere ovunque e sempre uguale, perché è garanzia· di successo del prodotto. Questi· "professionisti" fanno valere sul mercato il loro "valore", si fanno pagare parecchio, sono pochi, lavorano un casino, - alla fine dell'anno hanno mes– so in tasca più grano loro di quello che magari mette in tasca un componente qualsia– si d'un complesso anche di fama. Si lamentano sì,. pian– giucchiano, ma continuano non perché non siano in grado di ricominciare a inven– tare, di fare cose loro, di rendersi autonomi, ma perché preferiscono vendersi e allora si tengano anche le loro con– traddizioni. ..· Il che non vuol dire fregar– sene di tutto e lasciare alla loro sorte quegli orchestrali di sala che sono invece convo– cati ogni tanto, che non fanno parte del giro, che sono magari costretti a essere pa– gati meno con mille imbrogli e gabole, ma vuol dire spezzare l'omertà della corporazione: distinguere i veri operai, della musica da quelli che ci mar– ciano. D'ALTRA PARTE la Musica. E la musica la si fa perché ci si gode perché ci si crede, perché magari si rischia il grano o la persona, ma per qualcosa di creativo e di sensato. I musicisti veri co– minciano a mettersi insieme, non formando gruppi immobi– lizzati dalla loro immagine pubblicitaria, ma per scam– biarsi esperienze, suonare ora. per l'uno ora per l'altro ma sempre per sé, nel senso che quello che si vive è il rapporto di scambio umano che c'è nel far musica insieme. Poi magari si può anche fare la serata col tal cantante per avere da vivere, o magari si può anche fare un altro lavoro che non c'entra un cazzo. Oppure si può e si deve riuscire anche a vivere di questo lavoro, non iscatolato, ncin- ripetitivo ma alla ricerca di sé e degli altri r,ella musica. Anche qui niente masochismi: tutto questo può svilupparsi solo nello sviluppo della lotta contro l'industria discografi– ca, contro le mafie varie, nel MISERIA E SESSION-MEN rifiuto di piegarsi alle "media– zioni" o alle "corporazioni", nel crearsi nuovi rapporti di autonomia produttiva, riel potenziare quel poco che c'è di circuito alternativo. E qui la musica per esprimersi deve farsi progetto politico. Non çi sono cazzi. PARLA UN MUSICISTA CHE RIFIUTA IL "RUOLO" L'industria discografica produce oltre che soldi, divi di plastica, soldi, miti di carta, illusioni per sviare le masse giovanili, soldi, falsi cantanti, soldi, burattini teleguidati, soldi, immagini distorte della realtà, soldi, visioni riduttive dell'amore, soldi, del lavoro, soldi e dovrebbe, almeno ci pare, musica. Già, ma la musica chi la fa? La musica la fa il padrone, è chiaro, o almeno, per ora, la decide lui, lui che di musica di solito non capisce niente ma che capisce bene - o dovrebbe - quello che gli riempie le tasche di soldi; allora una serie di trucchi e quell'arma affascinante e pericolosa che si chiama pubblicità gli permette di imporre un determinato particolare dell'ana– tomia umana - chiamiamolo per ora cosi, umano, per adesso, ancora - di un involucro di sangue e nervi, un corpo insomma di un essere - o non essere? - particòlarmente disadattato o forse del tutto drogato nel cervello: il prototipo, il pop-star. DOMANDA: O.K. ma la musica chi la fa? RISPOSTA: Non c'entra quasi mai la musica, il pubblico non ascolta, lo sanno tutti, il pubblico ama, e .poi quasi tutti i pop-stars, di musica ne sanno pare pochina davvero, in fondo sono dei dissociati, che colpa ne hanno? la colpa è del sistema. 0.K., perfetto, allora la musica éhi la suona? La musica la fanno, o almeno, la suonano una razza di musicisti strani, di solito molto precisi, molto -pignoli, con le idee veramente corte e uno sguardo angusto che sembra sempre dirti: lasciami in pace io devo lavorare, ho due mogli· e due figli, ho bisogno di sicurezza. Ho bisogno di sicurezza lo si legge sui loro vestiti grigi e incolori, nello sguardo. freddo che danno e nella loro totale mancanza di fiduda nel potere della. musica di esprimere sè stessi, l'amore e il dolore: no, lainusica è un lavoro serio quindi non si può ridere mai-e questo non è vero; poi la musica è tecnica perché se no viene un· bassista più giovane e ti porta via il posto e tu devi lavorare, poi la musica è moda e la musica è una lotteria di cui i session men, cosi viene anche definita questa peculiare razza cli musicisti, rion dividono né i rischi né le fortune ma continuano la loro triste e.uguale esisterizà lavorando dalle 8 del mattino alle 6 di sera come macchine rinchiusi in sale d'incision.e spettrali con luci-artificiali· e sorrisi di circostanza, rapiti perduti per sempre dalla mistica del nastro magnetico, e forse dall'atteggiamento dei "ma se avessi voluto ..." almeno credono di essere arrivati vicino al mito, o forse non sono da nessuna parte, ossessionati dagli ordini di arrangia– menforuncoli isterici e copiufficio frustrati che hanno lasciato a malincuore da parte la loro voglia di luci per un piatto di minestra assicurato che il costo della vita oggi giorno ha già quasi dimezzato. No, alla larga dall'odiato burattino ormai già disumanizzato eppure quell'amore grande quell'amore sempre compresso ... Allora incr~dibi– le per certi aspetti, sotto una luce in particolare più semplice, ·o più ingenuamente infantile? ma vero: la musica oggi nella maggior parte dei pezzi di cellulosa e plastica inseriti nelle buste del mercato nero che il padrone del disco - e i suoi padroncini - organizzano oggi per la produzione e la distribuzione di emozioni sotto forma di suono, è un preciso gioco a incastri, di interessi calpestati e di umanità frustrata, un congegno ben preciso quasi automatico che· troppo spesso fa scatt11re il meccanismo e deruba per l'ennesima volta il pubblico di un sospiro, un'emozione e a volte il portafoglio fa brutti scherzi. Comunque tutto questo gli operai della musica, i musicisti senza faccia e senza nome, senz'altro di certo senza testa, non sembrano saperlo, o almeno stanno zitti, perché non hanno scelta o la scelta farebbero meglio a trovarsela da soli. E in fretta.
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