RE NUDO - Anno VI - n. 33 - 1975
RE NUD0/6 un grosso sforzo di creatività e di analisi (indivi– duazioni di obiettivi reali). Ma intervenire sul so– ciale viene giudicato dai leaders del Fuori, comun– que e sempre una ricaduta nel modo tradizionale di far politica. Per cui, secondo loro, l'unica alterna– tiva è rinchiudersi all'interno del gruppo di auto– coscienza, riducendo così la complessità del reale alla sola sfera del privato e del personale. La conseguenza è che personale e politico diventa– no termini impermeabili, non comunicanti, l'uno con l'altro. Si ricade così nella stessa schizofrenia cui vanno soggetti i gruppi, che vedono due momenti come irremediabilmente divisi. Solo che lo schema è di segno capovolto: il per– sonale tutto, il politico non è nulla. LA CADUTA DEGLI Dtl (BORGHESI) Al fuori! eravamo arrivati con tutta la comples– sività del nostro essere. Ma nel gruppo trovava spazio a contraddizione individuale. Scompariva l'altra faccia della nostra realtà: l'essere proleta– ri. DaHa frustrazione di trovarci, ancora una vol– ta, sottoposti a una frantumazione, prendiamo co– scienza e diamo inizio ad uno scontro molto duro ton la leadership, svelando allo stesso tempo il carattere Interclassista e quindi inevitabilmente tut– to borghese, della pratica fino ad allora condotta. Cade a pezzi l'ecumenismo omosessuale. Il grup– po era sempre stato aperto infatti, agli omoses– suali tout-court, senza specificazione alcuna. Si diceva: siamo in quanto omosessuali, tutti uguali; tutti abbiamo la stessa repressione; dobbiamo sta– re tutti insieme a lottare tutti uniti. Ma ben pre– sto appare chiaro come invece la divisione in clas– si della società attraversi anche il campo omoses– suale. La pratica di autocoscienza così come veniva por– tata avanti, mistificava tale contraddizione. Un esempio banale ma indicativo: spesso, in au– tocoscienza; si parlava delle difficoltà che un omo– sessuale trova ad esplicitarsi come tale nell'am– biente In cui vive, lavora, e così via. L'interpretazione unica ed esclusiva che veniva data dalla leadership era: il senso di colpa ci ca– stra. Dobbiamo smaltellare il super-ego che ci con– trolla, la figura del padre che abbiamo introiettato. La conseguente proposta operativa era: esci allo scoperto a testa alta; forte della tua acquisita si– curezza di omosessuale libero dal senso di colpa: • gay is beautiful! •. Ma noi proletari non poteva– mo essere in 'linea', perchè l'esperienza ci aveva insegnato che uscire allo scoperto comportava dei rischi; infatti l'omosessuale proletario, quando si manifesta. non solo vede compromessa la propria credibilità, ma spesso anche il suo posto di la– voro. Tale rischio non viene certo corso allo stes– so livello dai borghesi omosessuali; per loro i mar– gini di recupero sono enormemente più ampi. Que– sto esempio - ripetiamo, banale - indica per– lomeno come il problema dell'omosesualità non possa essere solo e soltanto ridotto a schemini freudiani, ma debba essere riconsiderato tenendo presente la collocazione di classe di chi tale pro– blema vive. Rotto l'incantesimo dell'interclassismo e dell'ecu– menismo ad ogni costo, molti di noi acquistano co– scienza e, autodefinendosi omosessuali proletari, rifondano il gruppo FUORI come COLLETTIVO AU– TONOMO FUORI di Milano. L'esigenza è di elabo– rare una teoria e una pratica di lotta che non più ci dividano, ma riconsiderino e risolvano, allo stes– so tempo, il nostro essere contemporaneamente omosessuali e proletari. AUTONOMIA Su 'Notizie Radicali' del 10.10.74 è apparso un arti– colo del titolo: 'IL FUORI e il partito', a firma An– gelo Pezzana, coordinatore del giornale FUORI. Tale articolo dice: • ... noi crediamo che entrando come FUORI nel Partito Radicale (la sottolinea– tura è nostra) realizzeremo giorno per giorno il no– stro potenziale rivoluzionario di omosessuali. .. •. Dal che si deducono parecchie cose. Almeno che: 1) esiste un movimento FUORI!, strutturato e bu– rocratizzato che, da partito, tratta alleanze col P.R. 2) all'interno di questo presunto FUORI - partito ci sia una dirigenza. 3) esiste una coincidenza tra FUORI - giornale e FUORI - movimento. Nessuna di queste cose è vera. . Perchè il giornale rappresenta solo il collettivo redazionale che lo pubblica ma non rispecchia e non ha mal rispecchiato la realtà pi.ù comples– sa e articolata (o, se vogliamo, disarticolata) del FUORI a livello nazionale. Infatti i gruppi sono scollegati fra loro, e pure rispetto allo stesso giornale. E' assurdo quindi eh~ Pezzana si erga a dirigenza di una base che è solo presunta e che mal ha fatto deleghe di alcun genere. Per quanto ci riguarda, togliamo l'autorità (auto– conferitasi) di parlare a nome nostro. Noi del COLL. AUT. FUORI di Milano siamo ap– punto autonomi e non riconosciamo altra autorità che noi stessi. Ma la nostra raggiunta autonomia significa pure, che la nostra lotta di liberazione ce la dobbiamo portare avanti noi, senza delega di alcun tipo. E' una scelta maturata quando ci siamo assunti, in prima persona, la gestione della nostra omoses– sualità, togliendola a coloro che se ne erano ap– propriati sulla nostra pelle: gli psicoanalisti porci, la famiglia che piange e si dà da fare per 'guarire' la 'malattia' del figlio, e così via. Autonomia che abbiamo poi sviluppato mettendo in discussione all'interno del nostro gruppo tutti i ruoli di potere che tendevano ad installarvisi. SUL PROGETTO COMPLESSIVO Alla luce della nostra riconquistata identità di omosessuali proletari, intendiamo ora riconfluire nel movimento. Ci interessa una lotta che sia, al– lo stesso tempo anti-maschilista e anti-capitalista. E una lotta che ricomponga finalmente la frattura tra personale e politico. Può sembrare un'esigenza sconfinante nell'utopia. Ma tale è l'esigenza che, secondo noi, in questa fase storica tende ad esprimersi ad ogni livello. Appare infatti sempre più chiaro come il capitale agisca il suo dominio non solo nell'ambito della fabbrica (dove avviene l'estrazione. da parte del padrone, del plus-valore prodotto dall'operaio) ma anche oltre di essa. Non è solo la fabbrica il luo– go in cui si esprime il dominio capitalista, ma è la vita stessa, in tutte le sue espressioni. E' a questo livello di dominio, che è totale e com– plessivo, si deve rispondere con una lotta neces– sariamente totale e complessiva. A tale lotta un contributo fondamentale lo da– ranno i movimenti di liberazione delle donne e degli omosessuali. La critica della divisione fra ruolo maschile e femminile, lo svelamento della dominanza di un ruolo rispetto all'altro, mostra chiaramente come già la sfera del privato e del personale sia con– taminata dall'oppressione e dallo sfruttamento. Non solo: da un punto di vista femminista e omoses– suale viene messa sotto accusa la figura del ma– schio, che appare come l'anello di congiunzione tra il dominio operato dal capitale a livello so– ciale (cioè di macrostrutture sovra-individuali) e q'Uello operato a livello privato personale. Questo, e non altro, significa lo slogan urlato dalle femministe: • L'operaio è sfruttato in fabbrica, ma è padrone in casa •. In un momento in cui la lot– ta si pone, appunto, come complessiva, il discor– so sull'abbattimento dei ruoli diviene essenziale. Altrimenti ci ritroveremo con un privato sempre dominato dalla figura maschile che tenderà a ri– prodursi ovunque. Anche quando si fa politica ri– voluzionaria (basti pensare alla divisione di ruolo esistente fra leader e base, fra intellettuale e 'ma– novali' del volantinaggio). Ma quanto abbiamo appena detto è solo un'indi– cazione minima. Il progetto complessivo che uni– fica personale e politico, lotta anticapitalista e lot– ta antimaschilista, è ancora lontano. C'è quasi tut– to da inventare: teoria e prassi. Ora che, come COLL. AUT. FUORI di Milano, ci poniamo dentro al movimento, ci intendiamo col– legare con quelle forze che verso tale progetto complessivo tendenzialmente si muovono. Innan– zitutto le femministe. Poi i giovani e la sinistra rivoluzionaria. In particolare ci interessa quella parte del movimento che conduce lotte secondo forme autonome. In essa riscontriamo una reale messa in atto della distruzione di .certi ruoli (ba– sti pensare al significato che assume il rifiuto del– la delega). E' chiaro che privilegiamo fra tutti il rapporto con gli omosessuali dispersi nella sinistra e che an– cora vivono la propria pratica politica come di– visa rispetto alla propria omosessualità Riteniamo essenziale la loro partecipazione al nostro Collet– tivo, per la nostra e loro crescita personale-politica. Le nostre riunioni si tengono tutti i venerdì al Par– tito Radicale (che gentilmente ci ospita) alle 21,30. L'indirizzo è: e.so di P.ta Vigentina 15/A - Milano. Tel.: 581203. Collettivo Autonomo FUORI di Milano A Natale, tutti a casa per 25 giorni; così alla Fiat, così alla Lancia e all'Autobianchi. E' una strana festa fredda come l'aria e come l'economia. il salario è garantito, l'accordo è fatto, il posto è sicuro per il 1975. Ma è una vacanza amara. Questi giorni liberi, fuori stagione, hanno un segno ambiguo. Nello spazio forzoso della recessione, dei costi energetici che salgono, delle automobili che non si vendono, nel calcolo preciso della spesa e dei programmi la scelta ha una ragione chiara e giusta. Ma nella lo– gica più vasta e semplice della fatica e del frutto della fatica, nella certezza e nella tranquillità quo– tidiana di ciascun uomo spedito in ferie senza vo– glia, qualcosa non torna. Qualcosa non funziona e non ha funzionato nell'eco– nomia del mondo se si risparmia di più a pagar ferie straordinarie al proletariato. Qualcosa non funziona o non ha funzionato nei disegni del capi– tale che ha voluto lunghe catene di montaggio delle automobili e lunghissimi nastri d'autostrade, se a un certo punto è necessario togliere uomini dalle catene di montaggio per rimandarli in gita obbliga– ta a ripopolare le autostrade in crisi. Quando il ge– nero di Marx, Paul Lafargue scriveva il suo famoso pamphlet il diritto alla pigrizia, non poteva certo immaginare il paradosso del nostro tempo di reces– sione pilotata. Guardiamoli in faccia i 25 giorni che la società offre gratis a questi uomini dagli stipendi svalu– tati. Guardiamole in faccia queste città brutte e sof– focate nelle quali molti operai della crisi possono tornare per un mese a passeggio senza fretta, guar– diamole in faccia queste periferie senza alberi, sen– za silenzio. E' un tempo libero, libero di spendere denari che non bastano neppure alla vita di sonno - autobus, fabbrica, mensa, autobus, TV, sonno - libero di rosicchiare una sera ogni tanto un'ebete pellicola semicochon della produzione pornografica di massa, libero di aspettare davanti al video, l'ul– timo annuncio di buona notte per fine trismissione. Sport, spettacolo, gioco, turismo, biblioteche, urba– nismo, motorizzazione, ogni spicchio delle ...città è stato costruito perchè le scuole, le fabbriche, gli uffici si chiudano al massimo soltanto uno o due giorni alla settimana. E poi d'estate chi può scappa ai monti e al mare e chi non può dorme nella pe– nombra dei palazzoni. Le ore provvisorie e stanche degli operai in cassa integrazione, sapranno di città, di una città simile ad un carcere, con le ore di cella e quelle d'aria. Chi cerca silenzio tra chiasso, chi cerca meditazione trova banalità, chi cerca com– pagnia trova solitudine, chi cerca privacy trova in– vadenza, chi cerca musica, arte, vita, natura, gioco, trova merce soltanto merce che tra l'altro costa sempre di più. C'è una ecologia anche per il tempo libero. Ma quando d.a un giorno all'altro centinaia di migliaia di uomini si trovano davanti alla balaustra di un mese vuoto, tante ore inutili che danno la verti– gine, i lamenti non bastano. il tempo libero il con– sumo del tempo libero è un feticcio e il feticcio 1-iai suoi padroni. Già in un'epoca di buona economia, le forze del la– voro sono soltanto un terzo della popolazione d'un paese industriale: sotto i colpi della recessione es– se si riducano ancora, ed ecco allungarsi questo tempo libero che ha come la produzione, i suoi lavo– ratori-consumatori e i suoi controllori. E il suo fe– ticismo: ci sono obblighi, minuetti, passioni, mode, paure che ci guidano nel tempo libero come in quello di lavoro. Più ore gli uomini passano fuori dalla fabbrica, più il controllo sociale tende ad irro– bustirsi negli spazi del riposo e lo sfruttamento indolore si trasferisce sui consumi aell'ozio. Una buona politica di libertà deve preoccuparsi di que– sta tendenza e contrastarla e rovesciarla. Il tempo libero non ha bisogno di un imbuto dall'alto, ma di circolazione delle idee dal basso.
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