RE NUDO - Anno V - n. 28 - 1974

Negli ultimi quattro anni moltissime sono state le esperienze di vita comunitaria portata avanti da tutti quei compagni che cercavano in questa alternativa una realizzazione concreta del lato teorico di una vita comunista. In questi periodi i fallimenti sono stati tanti ma sono serviti per far capire un'errore grossissimo che proliferava e che purtroppo esiste ancora nelle nuove comunità sia di campagna che di città e che è la ghetizzazione del gruppo. Ghetizzazione che avviene quando il gruppo si chiude ai problemi esterni cercando di risolvere i propri problemi all'interno isolandosi da tutti quei contatti che permettono una crescita parallela e che quindi sono un momento di scontro e di dialogo tra compagni. Le repressioni che ci portiamo dietro, frutto di una educazione borghese e di millenni di storia, non ci è possibile eliminarle soltanto con la volontà. Dopo aver individuato la causa è necessario agire tenendo conto però che tra il pensare e il fare esiste un cammino assai lungo e terribile pieno di rinunce e contraddizioni che spesso permettono alla classe dominante di tentare il nostro reinserimento sotto formule nuove, magari dando etichette e quindi lanciando delle mode. Una delle più grosse contraddizioni deriva dal senso della proprietà che si manifesta in tutto quello che facciamo e soprattutto nella vita sessuale e affettiva che tutti riconosciamo come momento di castrazione e di individualismo bieco. Secondo me il vivere in una comune è un casino soprattutto per questo: il rapporto esistenziale completo tra compagni. Anche se è un casino per un ragazzo superare il fatto di Imparare a cucinare o lavare I piatti e tutto il resto dal momento che per una educazione di dominio maschile tutto ciò tocca alla donna è un casino ancora più gros~o superare il fatto di impostare un rapporto di non proprietà e quindi di non oggettivazione delle compagne. Esiste, nel rapporto tra due persone di sesso opposto e non, il voler tenere la persona come una esclusiva proprietà e unica fonte di affetto e di calore umano. Secondo me è proprio la · mancanza di affetto e l'isolamento ricevuto in famiglia ad influire su una scelta di questo tipo. Vediamo infatti in tutti noi la volontà di conservare la sicurezza affettiva anche se ne discutiamo e ci rendiamo conto che questo è un male perché dà adito all'isolamento affettivo delle coppie. In una comune formata di tutti uomini il problema della coabitazione si presenta molto più semplice dal momento che, sempre per la solita educazione, molto difficilmente un compagno • normale • accetta di vivere un rapporto completo con le persone del suo stesso gruppo. Punto questo molto importante dal momento che per la non oggettivazione si dovrebbe dare comunicazione completa tra tutti. Si sa per certo che dopo aver fatto all'amore si è molto più disposti al dialogo e alle aperture confidenziali, quindi perché non comunicare con tutti? In fondo la nostra politica è vivere una vita piena e non alienata. Tutti i nostri problemi di comunicazione sono nella difficoltà di capirci e quindi di amarci. Le comuni, secondo il mio parere, sono dei gruppi che devono costituirsi dopo che le molto bene appunto per i persone si sono conosciute problemi già elencati; quindi impossibile immettersi in un gruppo già costituito perché questa manovra verrebbe senz'altro a discapito di quella gente che già sta operando in questo verso. I compagni che decidono di stare assieme per dare vita ad una comune devono innanzitutto capire che il tutto non è un punto di arrivo, ma soltanto un punto di partenza e come tale deve essere aperto il più possibile e deve avere in testa ben chiaro che cosa si vuole fare e come si vuole vivere. Nicolò Sabato scorso sono andato a tro– vare la Chiaralisa che abita, anzi occupa, uno stabile a Chelsea. E' stata una cosa così. Avevo voglia di vedere una faccia che mi ri– cordasse qualcosa, vecchi com– pagni, amici e tante cose fatte insieme. Lo stabile era una casa a tre piani in una traversa di King's Cross, una strada oramai conosciuta come il simbolo di quello che fu la Londra ye' ye' degli anni '60. Erano anni che non andavo da quelle parti e la scena non è che fosse cambiata molto. Solo che c'era più gente con i capelli a/l'altezza del culo in mezzo a fiabesche boutiques dai colori inconfondibilmente ti– pici dell'era psicoelettrica, e i no– mi dei negozi avevano un vago sapore tipo Neal Young ( • The Emperor of Wyoming •, blue jeans a lire 13.000 al paio e sti– vali tipo cow-boy-West Coast– Crosby, Stills-Nash & Young-co– mune ecc. ecc. Al modico prezzo di 23-25 sterline il che tradotto in italiano vuol dire all'incirca lire 42.000. Non proprio come a Seni– gallia. Fortuna che era una sven– dita). Cristo! mi son detto! Qui RE NUD0/15 i casi son due: o ci siamo infil– trati noi, oppure si sono infiltrati loro. A questo punto, come dice– vo, sono entrato dove occupava la Chiara ed ho trovato che si stava_spipazzando allegramente. Per un attimo mi era sembrato di essere tornato ai bei tempi quando si cantava in coro« Teach your children • ed ognuno fab– bricava gli spinelli come fossero piccole opere di artigianato lo– cale. Mi domandai se quella gen– te sapeva che l'occupazione di quello stabile implicava un atto illegale, rivoluzionario (almeno in teoria) e se si ricordava anco– ra che cosa volesse dire la paro– la «rivoluzione». Già, perché seb– bene tutti quanti conoscessero il significato delle parole « dope, joint, free people ( • free » di comprare i suddetti stivaletti a lire 40.000, avendone le possibi– lità, tanto per intenderci), quasi nessuno si ricordava cosa voles– se dire « revolution ». Quasi fos– se un neologismo appena spun– tato fuori da un apparentemente oscuro testo degli Hawkwind. Mi ricordai allora delle parole di un certo Emmet Grogan, rigunr

RkJQdWJsaXNoZXIy