ROSA ALBA SQUADRILLI orgoglioso, placidistico e perentorio della vita: ed a chi, pur raffrontandolo al niente lo fa tuttavia capace di contenere, come microcosmo, l'idea di Dio. Per il Sartre invece l'uomo diventa solidale col nulla, e gli permette di pensare non Dio, ma il nulla. E troppo morso da un'angoscia bruta per afferrare che il nulla è pure mistero divino. Ma attraverso questa conquista della realtà del nulla il filosofo spera di aprirsi il cammino ad una responsabile libertà umana. Il novecentista, che ha visto calpestare, come inutili, tutti i valori morali, civili, affettivi che credeva sacri, non ha capito che lo schianto è avvenuto perché non v'è immedesimazione cristiana. E follemente,° disperatamente ateo, cerca di liberare l'uomo dàll'angoscia attraverso l'angoscia. Nell'Etre et le néant infatti attraverso l'esame dell'essere en soi cioè oggettivo, inutile ed atemporale: ed attraverso l'esame del!' essere pour soi cioè cosciente, accidentale e fittizio, crede d'essere giunto ad uno stato di liberazione. Ma quale liberazione? . Gli rimane un altro grave quesito. L'atteggiamento dell'essere pour autrui. E cioè rispetto agli altri ed alla società. Questo dilemma è posto in Huis clos, rappresentato nel gennaio 1945 al Teatro Vieux Colombier di Parigi, e anche in Italia. In questo dramma gli altri non costituiscono « il fratello», « il prossimo», ma l'inferno e la dannazione reciproca degli uomini. Nella filosofia sartriana l'amore astratto, la beata rosa celeste di Dante, l'umanitarismo, si convertirebbero in un caos diabolico, in un odio astratto antiumanitaristico. Né si può disconoscere che la guerra atomica glie nè ha fornito il crudele scenario. Però questo odio, che spingerebbe anche ad uccidere l'altro, rimane allo stato di una tentazione suprema e si affloscia nello spasimo di una sconfitta. Perché l'uccidere è così vano nelle relazioni con gli altri come già la tentazione del suicidio si rivelò vana, contro il disgusto d'esistere, nel protagonista del romanzo La nausée. Ora, questa fluidità, questa inutilità del tutto, mentre annichiliscono l'essere sartriano dinanzi alla realtà del nulla che s'identifica con la coscienza, gli ridonano d'altra parte l'assoluta im-. portanza dell'attimo e l'inutilità del delitto o delle soppressioni violente. Non è più il fato pagano eh~ privava l'uomo della sua responsabilità di vita - e di cui per altro Euripide, Socrate ebbero la sagace intuizione; non è il carpe diem che vorrebbe dare a tutti i costi la gioia; non l'abulia amletiana che affoga nel dubbio; o la sfida del superuomo Nietzschiano che inorgoglisce e indemonia; né l'illusionismo del Bergson. Qui per il Sartre ciascuno è arbitro del suo minuto. Anche senza poter essere arbitro della Morte e del mistero. Ed anche senza luce di méta. Dov'è il calmo e profondo dolore della penitenza cristiana che, nel1' ebbrezza della Redenzione dando significato alla vita, acquista nel Bene ali di una libertà lontana da foschie?
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