JEAN PAUL SARTRE I. Il forte saggio di ontologia fenomenologica di 700 pagine intitolato l' Etre et le néant, studio che definisce l'essere una realtà fenomenologica accidentale, ponendo la realtà del nulla, l'inesistenza di un mondo immaginario e combattendo l'umanitarismo astratto. II. La trilogia dei romanzi conosciuta sotto il nome Les chemins de la liberté, che vorrebbe dare una soluzione di libertà alla generazione contemporanea, continuando a sviluppare la tesi già adombrata nel dramma Les mouches. III. La tragedia in un atto 1-lttis clos che può considerarsi più che gli altri suoi drammi, la dimostrazione scenica, dolorosa dell'etica espressa sia dall'Etre et le néant, sia dall'Imaginaire; sia dalle altre sue pagine apparse, sulla teoria delle emozioni e sulla trascendenza dell'Ego, in varie Riviste. Ebbene le composizioni di questo scrittore procedono graniticamente, connesse ad un fine speculativo, preciso, se pur passionale. Egli non fa del freddo cerebralismo anche se lo proclama. Perché vuole interessare al suo proprio tormento la sensibilità degli altri individui, per indurli a loro volta non solo a pensare sui problemi esistenziali, (di cui già il nordico Soeren Kierkegaard fin dal secolo scorso effuse religiosamente la consapevolezza tragica), ma a bollare d'infamia con ritratto preciso l'odierno materialismo del denaro e del vizio, - piaga dei secoli troppo propensi a scaricare le proprie colpe sui governi o sulla Chiesa, - e cancrena del nostro tempo. Per lui non ci sono scuse, non si possono scaricare su altri le proprie colpe. Né possono esistere ideologie morali o politiche basate su sabbia. Ciascuno sia se stesso ed abbia l'audacia di esserlo. Non si possono concepire fantocci. Donde vicino allo scetticismo sempre più fosco del filosofo e dell'artista commove lo slancio dell'uomo che vuole assumere rispetto alla patria ed al mondo la propria parte di responsabilità, pur convinto che nulla può giustificare e valorizzare la sua esistenza fittizia e che egli non ha né il desiderio, né il diritto, né l'orgoglio di vivere. Da una parte accetta l'essere pieno, in se stesso così com'è (cioè il modo d'essere dell'oggetto) e di fronte vi pone il nulla ( che sarebbe il modo di essere della coscienza), mondo cosciente, non immaginario, che rappresenta appunto la precarietà della vita. Non pone l'uomo sulla terra con la presunzione di compiervi rispetto al passato o al futuro una funzione necessaria o sacra in virtù del suo ufficio sociale di avvocato o di professore o di soldato o di sacerdote, secondo l'etica tradizionale. ma ne fa un essere slitttevole, fittizio. Il sovvertimento portato nell'etica dal Sartre consisterebbe appunto nel porre questa realtà del nulla: e nel far~ della realtà umana la sorgente del nulla: opponendosi a chi ambienta l'uomo nel mondo con il diritto
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