GIOVANNI MACCHIA quadrante non rigidissimo, smosso spesso dalle reazioni di uno spirito appassionato. Di ciò si può avere la documentazione scorrendo in una sua biografia i regesti dell'attività politica: la sua simpatia per Napoleone, la nomina a primo segretario all'ambasciata di Roma, a quella di Ministro, e poi le dimissioni dopo l'esecuzione del Duca d'Enghien, protesta morale di un monarchico legittimista, seguita dagli attacchi larvati all'Imperatore nell'articolo sul « Mercure » e nel « Discours de réception » ali'« Institut » (1811), e dall'attacco aperto nella brochure« De Buonaparte et des Bourbons » del 1814; Ministro di Stato nel 1815, Pari di Francia, e poco dopo furioso capo dell'opposizione. Il suo libello « De la Monarchie selon la Charte » è sequestrato, il titolo di Ministro di Stato perduto, la sua pensione soppressa. Nel 1821, dopo la caduta del Ministero Decazes, che fu in parte opera sua, la resurrezione: ministro a Berlino, ambasciatore a Londra; l'anno dopo è al congresso di Verona, designato capo della delegazione francese dal Pnmo Ministro Villèle. Nel 1823 Ministro degli affari esteri, decide la guerra di Spagna, quella guerra che, com'è stato detto, egli concepì come un'opera d'arte; ma nel 1824 il suo brusco allontanamento dal Ministero Villèle, « scacciato come un lacchè». Egli ritorna all'opposizione, accusando il Ministero di essersi separato dai monarchici, di aver tolto al popolo k libertà fondamentale delle istit4zioni che esso doveva alla saggezza del re e la sua opposizione contro il Ministero diventa col tempo opposizione contro il Regime, così che egli prese l'aspetto di un monarchico che agiva contro la monarchia. Nel 1828 è ambasciatore di nuovo, a Roma, ma nel 1830, caduti i Borboni, quando la Monarchia di Luglio gli promette gloria ed onori, dà le sue dimissioni da Pari di Francia. In tutta questa fitta rete di avvenimenti, pur ridotta ali' essenziale - e non abbiamo fatto cenno a quanto accadde nella vita dello scrittore negli anni dopo il '30 - è facile scorgere un meccanismo di azioni e reazioni, che fa pensare, non a torto, su quale fondo d'anima si reggessero le idee politiche di Chateaubriand. « La polémique est mon alluce naturelle. Il me faut toujours un adversaire, n'importe où », egli ha detto, fosse questo avversario Decazes, fosse Villèle, fosse addirittura Napoleone o Luigi Filippo. « Homme solitaire, melé par hasard aux choses de la vie, ne marchant avec personne .... je demeure, comme toujours, indépendant de tout, adoptant, des diverses opinions, ce qui me semble bon, rejetant ce qui me parait mauvais, peu soucieu_xde plaire ou de déplaire à ceux qui les professent ». Le contraddizioni, più o meno apparenti, del suo operare venivano a conciliarsi nell'intimo di una natura ardente, mobilissima, ove l'idea interrompeva il rigido cammino che le impongono gli spiriti protetti nella logica, come in un'armatura, e si accendeva, deviando, al fuoco delle passioni e anche dei risentimenti. Certo l'obbedienza testarda a un principio, voluta ciecamente da tanti suoi contemporanei, la professione
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