LUOGHI E MONUMENTI DELLA LEGGENDA ROMULEA 391 parlano in connessione con la presunta tomba di Romolo o di Faustolo o di Osto Ostilio: così Dionigi di Alicarnasso (I, 87) fa menzione qui di un leone di pietra; secondo gli scoliasti di Orazio, che si rifanno a Varrone, i leoni sarebbero stati due: ora i due bracci sagomati del basamento a U potrebbero assai acconciamente avere sorrette di siffatte figure; e lo stesso Dionigi (III, 1) accenna, attribuendo il sepolcro ad Osto Ostilio, alla presenza vicino ad esso di una stele con iscrizione contenente le sue lodi. Ma né le esplicite, se pur tra loro contrastanti, testimonianze degli scrittori antichi né l'esame in sé dei monumenti rimessi in luce ci hanno finora svelato appieno la natura, il carattere, l'età dei monumenti stessi. Da cinquant'anni ad oggi archeologi, storici e filologi, hanno, ognuno per la parte sua, indagato e cercato di interpretare quei monumenti senza poter giungere a dire intorno ad essi una parola sicura. Quel che solo può affermarsi è che la scoperta aprì innegabilmente (e fu la prima: altre ne seguirono nei decenni successivi fino ad oggi) una visione forse per l'innanzi insospettata sulla Roma della fine dell'età regia e dei primi tempi repubblicani: sì che se ancora oggi si discute sulla natura e sul!' età dei singoli monumenti, tuttavia sul loro valore generale agli effetti della conoscenza di quel periodo della storia e della cultura di Roma nessuno v'ha che ne dubiti. Che il testo contenuto nell'iscrizione della stele, seppure non debba farsi risalire fino al secolo VII o VI a. C., come il Ceci e il Gamurrini vollero al momento della scoperta, e come recentemente hanno di nuovo sostenuto, sulla base di elementi glottologici e in parte,anche archeologici, il Graffunder, il Ribezzo, il Goidanich, non possa mai riportarsi a un'età poster_iorealla metà del secolo V, e debba quindi considerarsi, e per questo e per il suo contenuto, un documento di altissimo valore non solo della lingua, ma della storia del diritto e delle istituzioni in Roma, è ormai ammesso dai più; come certo è che fra i materiali della e.cl. stipe raccolta intorno e sopra i monumenti sono terrecotte e bronzetti di sicuro carattere etrusco, databili alla metà o alla fine del sec. VI a. C., i quali, uniti ad altri materiali consimili rinvenuti posteriormente in altre zone di Roma (ricordo fra gli ultimi quelli dell'area sacra di Sant'Omobono al Foro Olitorio) sono la testimonianza inoppugnabile del carattere che l'arte e la civiltà di Roma avevano in quel periodo in cui, secondo la tradizione, il potere nella città fu in mano di re di origine etrusca. Tuttavia ancora assolutamente dubbi sono la natura dei singoli monumenti, e in particolare quella del basamento ad U, del basamento quadrangolare dietro ad esso e del tronco di colonna conica, la loro età, la loro relazione con l'area e i monumenti del più antico Comizio, nel quale o al margine del quale essi erano posti, infine l'interpretazione della stele. Non parlo di questa, che è argomento di spettanza di filologi e non di archeologi. E accenno soltanto brevemente al penultimo degli argomenti
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