Quaderni di Roma - anno II - n. 5-6 - set.-dic. 1948

LUOGHI E MONUMENTI DELLA LEGGENDA ROMULEA bracci fino ad un'ampia camera di forma circolare situata sotto l'aula regia dello stesso palazzo imperiale. L'identificazione del Boni, enunciata in un articolo di un quotidiano di Roma («La Tribuna» del 26 gennaio 1914), ma mai convalidata dalla pubblicazione della relazione di scavo ( 1), lasciò e lascia invero alquanto perplessi e nessuno ha creduto di accettarla. Il vano a tholos ha tutti i caratteri delle comuni cisterne di più antica età repubblicana (un'altra ne è stata rinvenuta di recente sotto la basilica Emilia), e le gallerie sotterranee presentano stretta analogia con quelle che si incontrano in tutte le città etrusche, a Veio, a Tarquinia, e, come si è accennato, sul Palatino stesso nella medesima zona del Germalo ove abbiamo riaperto gli scavi del Vaglieri. Certo queste hanno ampiezza e sviluppo maggiori del consueto, ma la struttura e lo stesso rivestimento con intonaco impermeabile, che ne ricopre pareti e pavimento, sembrano riportarci in modo indubbio a manufatti per raccolta e conservazione d'acqua o di prodotti del suolo, e più precisamente di cereali. M1111dus e Roma Quadrata sono ancora dunque da ritrovare: dove, in qual punto del colle? Ma erano essi poi la stessa cosa o due monumenti diversi? il Boni li ritenne una cosa sola, e precisamente pensò che il vano a tholos fosse il Mundru, sulla ~corta del passo di Catone, riferito da Festo, che dice essere esso detto così « da quel mondo che è sopra di noi; esso ha infatti una forma simile, come ho potuto sapere da quelli che vi sono entrati », e che Roma Quadrata fosse il lastrone quadrangolare di tufo che ne chiudeva la bocca. Il Lugli e altri studiosi stranieri (il Weinstock, lo Hedlung) sono di opinione diversa, e distinguono nettamente il Mundus dalla Roma Quadrata: il primo era un vano sotterraneo, sacro agli Inferi: poiché le fonti ne parlano ora sul Palatino ora nel Foro presso il Comizio, taluni di quegli studiosi pensano ad un suo spostamento di là a qua, e lo identificano con il Niger Lapis; la seconda era un'ara che prendeva il nome dalla sua forma: essa sovrastava una fossa, quella nella quale erano state gettate primizie e zolle di terra: di essa parla Ovidio, ed essa è ricordata ancora al principio del secolo III d. C.; Festo dice che era« in Palatio ante templum Apollinis »: se la testimonianza di Festo è esatta, non vi ha dubbio che essa non può riconoscersi nel monumento scoperto dal Boni, che si trova nell'an•a cl~l palazzo dei Flavii. E che fino a quando non verrà determinato il sito del tempio di Apollo (l'idea del Pinza e del Lugli, che esso si debba identificare con quello normalmente detto di Giove Vincitore, ha ancora valore di ipotesi), anche la ricerca della Roma Quadrata vaga nella maggiore in- ( I) La relaiione è manoscritta negli archivi del Foro: alcuni brani di essa, insieme ad alcune piante e fotografie, sono stati recentemente pubblicati da M. L. Man.~lla Viancllo in «Antichità», I, 1947, parte lii: è mio proposito renderla nota, se non integralmente (eh~ per molte parti non strettamente attinenti allo scavo essa riuscirebbe forse di scarsa o nessuna utilità) almeno nelle sue parti essenziali, non appena ciò sarà possibile.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==