PIETRO ROMANELLI dei gemelli si sarebbe fermata quando le acque del Tevere si ritirarono, sia con quanto aggiunge lo stesso Servio, affermando che là dove era il Lupercale scorreva il Tevere prima che esso fosse deviato: poiché evidentemente questo non può supporsi della valle del Circo. Ma senza andare a supporre, come pure qualcuno ha voluto fare, l'esistenza quasi di un doppio Lupercale, e cioè la grotta vera e propria sotto le pendici del Palatino verso il vicus Tuscus, e il santuario costruito da Augusto nella valle del Circo, e senza nemmeno accusare di inesattezza Servio, io credo si possa accettare anche l'indicazione di questo, dando ad .essa un valore non assolutamente letterale, e cioè intendendo la sua espressione « in circo » come equivalente a « nella regione del Circo »: e in questa regione poteva pure essere compresa, con una certa larghezza, la zona del Velabro verso il vicus Tuscus. Il testo di Servio è d'altra parte prezioso, perché ci dice che al suo tempo il Lupercale esisteva ancora (ubi nunc est), confermandoci la testimonianza dei regionari costantiniani in cui parimenti esso è elencato. Il Lupercale ha dunque vissuto per lo meno sino alla fine dell'età antica. Senonché ci si può domandare: quel che era visibile nel IV secolo era anche la grotta, o soltanto il tempio o sacello vicino ad essa, quello che verosimilmente costruì per la prima volta Augusto, e di cui parla Dionigi? e se la grotta era aìlora visibile, in quale stato precisamente si conservava? e ammettendo pure che fosse essa ancora accessibile nel IV secòlo d. C. possiamo pensare che, a distanza di secoli, la si possa ancora sufficientemente riconoscere? Queste domande è sempre doveroso porsi prima di intraprendere una ricerca, anche per segnare a questa una direttiva precisa; ed è tanto più necessario farsi, per le ragioni che dirò tra breve, nei riguardi del Lupercale. Infatti lo stesso testo di Dionigi, nei due passi che ho prima citati, può suggerirci, ove i passi stessi si mettano a raffronto, una considerazione importante: che se la grotta si vedeva ancora al tempo in cui Dionigi scriveva, essa non era forse più l'ampia grotta che la leggenda diceva essere stata qui un tempo, e che comunque tutto il luogo aveva grandemente mutato di aspetto per i molti edifici che vi erano sorti l'uno accanto all'altro (1). Tale considerazione si consolida, e trova una conferma scientifica di ordine tutt' affatto diverso, in grazia degli studi sulla geologia del Palatino, e della valle ad esso sottostante dalla parte del Velabro, condotti da G. De Angelis d'Ossat (2), in riferimento appunto alla ricerca del Lupercale iniziata dal Bartoli. Il De Angelis d'Ossat infatti, partendo dagli elementi che noi possediamo sulla natura del Lupercale: una grotta da cui (I) Gli scavi del Bartoli hanno effettivamente portato alla luce da questa parte un largo e intricato complesso di edifici, non sappiamo se connessi con i palazzi imperiali o no, i quali, pure appartenendo ad età posteriore a quella in cui scriveva Dionigi di Alicarnasso, possono confermare la sua testimonianza. (2) Perla ,icerra del Lupercale (Studio geo-idrologico) in « Bui!. Arch. Com. di Roma», 1934, p. 75 segg.
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