LUOGHI E MONUMENTI DELLA LEGGENDA ROMULEA i Latini chiamarono poi Luperco: « Ora a mala pena si riconosce l'aspetto antico della località, poiché i luoghi che circondano il tempio (di Pan) sono tutti occupati da edifici l'uno all'altro congiunti. Una volta infatti, come si dice, v'era qui un'ampia grotta (.a1t~),11.iovµé:y11.) posta al di sotto del colle, una folta selva la copriva, e sotto le rupi sorgenti profonde, e una valle adiacente alla rupe, ombrosa per i molti e alti alberi che la rivestivano». La descrizione, che vuol riportarsi a quello che era l'aspetto della località nei tempi antichissimi, è integrata da un secondo !?asso dello scrittore (I, 79), nel quale c'è qualche accenno a quello che nella lccalità si vedeva al momento in cui lo scrittore stesso metteva giù la sua storia: egli riferisce la leggenda dell'abbandono dei gemelli nella cesta e della lupa che, uscita ad allattarli, va poi a nascondersi nel luogo sacro a Pan: nel luogo, denso di alberi, egli dice, si apre una grotta cava (1té:-.p11x.otÀ'Y)), da cui sgorga l'acqua; quindi aggiunge: « Il bosco non c'è più, ma la grotta da cui spicciava la sorgente la si vede ancora adiacente agli edifici del Palatino sulla via che conduce al Circo, e un sacello vicino ad essa, dove è un'immagine che rappresenta il fatto, la lupa che offre le mammelle ai due bambini: opera antica di !Jronzo ». Il ricordo del Lupercale ricorre in altri scrittori di età augustea o immediatamente susseguente: Virgilio, Livio, Velleio Patercolo, e il luogo sacro è schematizzato .nei suoi elementi, direi, più che rappresentato fedelmente, in monumenti della stessa età e posteriori: Ara Pacis Augustae, ara di Arezzo, urna cineraria ora a Stoccolma, ara di Ostia, ara Casali, intarsio da Boville nel Palazzo Colonna ecc. Può sembrar strano, ma è certamente un dato che non va affatto trascurato, che del Lupercale vi,siano scarsissime notizie prima del!' età di Augusto: il che può fare ragionevolmente supporre che prima che Augusto lo riportasse (o lo portasse?) in onore, il luogo o era al tutto trascurato o più non ricordato affatto. Le indicazioni di Livio (I, 5, 2) e di Velleio Patercolo (I ,15), agli effetti della determinazione topografica della grotta, sono di nessuna utilità; più utile il ricordo di Virgilio (Aen., VIII, 343), non tanto per quel che ne dice espressamente (che cioè essa era sub mpe), quanto per quel che si ricava dal contesto del suo passo: che cioè essa era dal lato del colle che guardava verso la porta Carmentalis e verso l'asylum del Campidoglio, cioè verso il vicus T uscus: l'indicazione concorda sostanzialmente con quella di Dionigi, che indicava la grotta, come si è visto, sulla via che conduce ( dalle falde del Palatino e dal Velabro) al Circo. Contrastante sembra invece a prima vista la testimonianza, assai più tarda, del commentatore di Virgilio, Servio (ad Aen., VIII, 90) il quale, parlando del fico ruminale, precisa che esso era « ubi nunc est Lupercal in Circo »: ché da essa dovrebbe dedursi essere stata la grotta sotto le pendici del Palatino verso la valle del Circo: il che, tra l'altro, sarebbe in contraddizione sia con lo svolgimento logico dei fatti con cui la leggenda ricollega il Lupercale, e cioè con il luogo dove la cesta
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