Quaderni di Roma - anno II - n. 5-6 - set.-dic. 1948

ANTONINO PAGLIARO ne deriva che egli, seguendo le orme di Fed. Schlegel, vede il criterio esclusivo di classificazione delle lingue nella maniera con cui vengono espressi i rapporti fra i vari elementi, che costituiscono l'unità dell'atto linguistico. Tale criterio di classificazione, del resto, è l'unico oggi ancora valido, oltre il criterio genetico. In verità, il sistema di determinazione delle nozioni generali inerenti ai singoli segni è fattore eminentemente qualificativo di una struttura linguistica, perché riAette in modo diretto ed esplicito una maniera particolare di organizzazione del reale, una direzione del conoscere. Poiché la determinazione è dell'atto linguistico, in quanto obiettivazione di un certo contenuto di coscienza, cioè, di un dato particolare assunto a conoscenza (quindi in funzione di valori universali), la maniera di essa è strettamente legata con una modalità del conoscere. Anzitutto, la morfologia è in diretto rapporto con il grado di obiettivazione raggiunto dal segno, cioè dalla sua autonomia funzionale, rispetto all'atto linguistico che rappresenta il concreto. In una lingua, in cui il segno lessicale non esiste quasi come realtà autonoma, ma esiste solo negli atteggiamenti che esso assume nella proposizione (cosl è nelle lingue polisintetiche), è chiaro che l'astrazione, la quale presiede alla creazione del segno come schema di un conoscere acquisito, non è perfetta. Ancora nel caso delle lingue Aessionali si osserva che il valore del segno in sé non va disgiunto dalla determinazione che lo concretizza linguisticamente: lat. l11p11s è il ' lupo ' non in sé, ma in funzione di soggetto; nel segno il dato conoscitivo generale è già impegnato nella sintesi, a cui è demandato di esprimere il particolare. In conseguenza è per esse legittima la qualifica di lingue sintetiche. Invece nelle lingue, in cui il segno appare come forma conchiusa nel suo puro valore lessicale,,cioè nell'unità concettuale, in cui l'analisi conoscitiva inquadra il dato concreto dell'intuizione, l'analisi e la sintesi appaiono come momenti nettamente distinti e, perciò, è legittima per esse la qualifica di lingue analitiche. Secondo noi, solo da questo grado di autonomia del segno è possibile ricavare un criterio di progresso che sia applicabile allo sviluppo delle lingue. Comunque, è certo che questo dato differenziale è il più importante, perché impegna tutto l'atto linguistico nei due momenti essenziali dell'analisi, che dà la conoscenza, e della sintesi, che attua l'espressione. 10. Nel quadro di questa fondamentale differenza si pone un'altra diff,renza non men.o essenziale ed importante, analoga a quella che ci è apparsa col'ne la prima da registrare nella natura dei segni: cioè, la diversa ampiezza dei valori che il segno morfologico è in grado di raccogliere in sé. Si nota in alcune lingue la tendenza manifesta a dare al segno morfologico un valore ristretto e parziale rispetto alla categoria del rapporto: mentre, ad esempio, nell'inglese l'aggiunta della desinenza -s basta ad indicare il plurale di nomi di ogni genere, in italiano le desinenze -i ed -e servono per il plurale maschile e per il femminile rispettivamente; in latino oltre -i ed -ae dei temi in -o e in -<i si ha la desinenza -es per i temi in consonante e in dittongo e inoltre -a e -ia per i neutri; il greco ha anche desinenze per il duale; nelle lingue delle isole Marshall si ha il plurale in ro, ra, ran per gli uomini, mentre per gli animali e gli esseri inanimati si ha ko, kfi, kan : qualche cosa di simile ricorre nell'algonchino e in altre lingue dell'America settentrionale; nelle lingue camitiche si ha il collettivo e, rispetto ad esso il segno dell'individuale, ad esempio in chamir lés 'lacrime, pianto ', les-a ' una lacrima' e, inoltre, si ha il segno della nozione generale, rispetto a cui è possibile fare un plurale ( ad esempio in bilin dimm,, 'il gatto in generale· dimam11 ' i gatti in generale') e, inoltre, un individuale rispetto a cui è possibile fare il plurale (dimmu-ra 'il singolo gatto·, dimmu-t ' i singoli gatti '). :È palese come in questi casi la categoria grammaticale del numero non è arrivata a quella netta contrapposizione singolarità-pluralità, che si esprime nelle nostre lingue, ed è invece impegnata in un'esigenza più viva di

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