STORICITÀ DELLE LINGUE 377 superflua, mentre l'indicazione di ogni singola pianta con un suo proprio nome e quella delle diverse parti di essa rispondono alle esigenze più immediate della vita quotidiana. Vi è indubbiamente nelle diverse lingue un diverso grado di concretezza, che si riflette, come vedremo fra poco, anche nella morfologia. Ma quest'atteggiamento della mente non deve essere considerato come un'incapacità in generale alla creazione di unità concettuali, poiché senza questa facoltà non c'è lingua. Egli è invece che ogni lingua riflette un conoscere umano variamente orientato, quindi un' applicazione della capacità universalmente umana di classificare il reale, la quale si dispiega in maniera diversa, in conformità alla determinazione in cui l'universale si atfua. · Qualche tendenza generale può cogliersi nell'ambito di un tale classificare. La creazione di nozioni astratte, riguardanti non proprietà o processi delle cose, bensì la partecipazione soggettiva, interiore all'intuizione sensibile o intellettiva, come i sentimenti di bellezza, verità, giustizia e simili che accompagnano tutti i rapporti fra l'uomo e il reale, può aversi solo quando non la realtà esterna, ma la stessa coscienza diventi oggetto del conoscere. Nelle lingue dei popoli di cultura può agevolmente seguirsi il sorgere di siffatti valori semantici e dei relativi segni, in rapporto ali' individuarsi del concetto come dato conoscitivo. Naturalmente, la mancanza del segno non significa che sia mancato, ad esempio, il sentimento del bello e del giusto, bensl solo che la pura interiorità _dellacoscienza si è posta più difficilmente come momento conoscitivo, che non l'esperienza sensibile. Basti pensare allo sforzo linguistico, che segue la conquista dei concetti etici e che si manifesta nel primordiale bisogno di dare ad essi una realtà concreta: presso i Greci Dike e Themi sono divìnità con attributi personali ben precisi. Zarathustra, il creatore della religione mazdaica, sostitul alle antiche divinità naturistiche del mondo ario concetti etici astratti, ai quali diede una realtà divina, appunto perché fossero più accessibili alla mente. Persino a Roma si ebbe qualcosa di simile e su scala ben vasta. Ancora un poeta, tanto raffinato e colto come Orazio, poteva così dare forma individuata al canone morale del mondo romano : « Pudor et lustitiae soror incorrupta Fides nudaque Veritas » (Odi, I, 24, 7). * * * 9. La funzione linguistica non si esaurisce nella distinzione di un conoscere per sé che classifichi il reale sensibile e intellettuale mediante un sistema di segni. L'esigenza della classificazionee del segno che esprime un valore generale è in font zione dell'obiettivarsi di un contenuto di coscienza particolare; onde la necessità per tutte le lingue di far convergere l'universalità del segno verso la rappresentazione oggettiva del contenuto. Perché ciò avvenga, è assolutamente necessario che il segno sia in qualche maniera determinato, di modo che il conoscere universale in esso racchiuso sia avviato alla rappresentazione del particolare come si compie nell'atto linguistico. Perciò ogni lingua ha un suo sistema di collegare i segni fra loro, perché esprimano una rappresentazione compiuta (sintassi) e un complesso di elementi che servano ad attuare tale sistema (morfologia). Generalmente, il fattore più qualificante di una struttura linguistica viene ricercato nel sistema morfologico, che esprime il rapporto sintattico. Humboldt, ad esempio, non ha guardato ad altro all'infuori di questo rapporto, rimanendo così ancorato a quella pura tradizione logistica, che aveva dato origine alla grammatica razionale. Quello che egli ritiene veramente qualificante nella struttura delle lingue è soprattutto l'articolazione del conoscere come si spiega nelle forme linguistiche;
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