ANTONINO PAGLIARO riidiy ' per via • gli rimane completamente estranea. Nel futuro italiano amerò, canterò, finirò il parlante coglie solo il valore temporale inerente all'elemento -rò -rai ecc. e non sa, né gli gioverebbe saperlo ai fini dell'uso, che si tratta di una formazione perifrastica neolatina cantare habeo. li segno morfologico, come portatore di una nozione astratta di rapporto, è più che altro mai slegato dal momento che lo avviò a quella funzione, onde più che mai arbitraria appare la sua posizione nel sistema, in quanto rapporto di segno e significato: basterà ricordare i tentativi, quasi sempre vani, di rintracciare l'origine degli elementi morfologici, ad esempio delle desinenze personali del verbo, nell'arioeuropeo. Ma non per questo il morfema nella sua unità di suono e significato appare meno necessario ai fini della funzionalità del sistema. E, d'altra parte, per poco che si spinga lo sguardo oltre la fase attuale, il· segno si rivelerà come storicamente necessario: dal punto di vista dello sviluppo della lingua, esso è quello che deve essere e non potrebbe essere altrimenti. Quella libertà che abbiamo vista operante nell'assunzione del suono articolato a fonema, cioè a un valore distintivo, opera anche nella costituzione del segno, come individuazione e scelta del tratto qualificante sia di cose e di processi sia delle determinazioni necessarie perché dal segno di valore generale si scenda, nell' obiettivazione della frase, alla rappresentazione del particolare che si vuole esprimere. Ma una volta che il segno viene assunto con quel determinato valore· (ed è questo il momento della creazione linguistica), la sua origine non impegna più minimamente il parlante. Ciò che importa è la sua presenza ben distinta e definita nel sistema a cui partecipa e nel quale esso, come unità individua di suono e di significato, è elemento costitutivo necessario. * * * 8. A questa diversità del distinguere che si manifesta sia nel sistema fonologico, sia nel segno lessicale e in quello morfologico considerati nella loro funzione tecnica di portatori di un certo valore significante, si aggiunge, nella determinazione della fisionomia delle singole lingue, la diversità del conoscere che in esse ha la sua obiettivazione. Si denuncia, anzitutto, nelle lingue una diversa tendenza o, se si vuole, un diverso indirizzo nella costituzione di unità concettuali organizzatrici del reale, nel senso che l'ambito in cui opera la categoria dell'identità o dell'omogeneità può essere più e meno vasto. In italiano il verbo mangiare vale tanto per il ' mangiare · umano, quanto per quello degli animali; il tedesco indica il primo con essen e il secondo con fressen; il tamanaco, lingua americana a Nord dell'Amazzoni, ha jucuru ' mangiare pane ·, jemeri ' mangiare frutta, miele ·, janeri ' mangiare carne ·. Il cerochese, lingua di tribù indiane dell'America settentrionale, ha numerosi termini per indicare le varie maniere del ' lavare·, ma non ha un termine per indicare ' il lavare •. Certo ci si può domandare se questi fatti, in cui si rivela una tendenza ali'espressione concreta, la quale appare in numerose lingue di tipo arcaico (oltre le americane, anche le maleopolinesiache), si debbano considerare come manifestazioni di un'incapacità della mente ad astrazioni più vaste o non siano un riflesso della stessa storicità, di cui l'ambiente biologico, specie in un grado non progredito di civiltà, è certo gran parte. Così, se in malese si hanno termini per le diverse specie di piante e anche per le singole parti di esse, ma non si ha un termine per indicare l'albero in generale (si noti che un termine per ' albero • non si può postulare nemmeno per l'arioeuropeo), non vorremo dedurne che ciò dipenda da una qualche incapacità all'astrazione, dal momento che, svolgendosi la vita di quelle genti in mezzo agli alberi, la qualificazione dell'albero in genere viene ad essere
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==