LA COSCIENZA DELLA STORIA NEL CRISTIANESIMO ANTICO 365 Ha scritto recentemente il Mouroux ( 1): Il cristiano che comprende esattamente la sua pos1Z1one è necessariamente un essere teso verso la parusia; egli si trova immerso in un mondo in travaglio che vive l'immensa e dolorosa attesa dell'ultima liberazione e partecipa attivamente a tale attesa. Proteso con tutte le sue forze verso la venuta del Signore, il cristiano è colui che cerca la sua patria, ma da ciò non deriva il disprezzo per il mondo transeunte, l'abbandono dell'attività temporale; al contrario il desiderio che attira verso l'Invisibile ed il Bene sperato trascina tutto il resto in questa sua aspirazione. Il cristiano non evade dal mondo, ma supera ed eleva fino alla città permanente ogni sforzo terreno che va compiendo; invece di consumarsi in una sterile attesa, lavora e si logora per affrettare la venuta del Signore e mediante tale partecipazione alla gioia ed al dolore del mondo, ogni uomo diventa non soltanto vero cristiano ma sempre maggiormente uomo cioè quell'essere sacro redento da un Dio fatto uomo. Il Cristianesimo si è presentato come la buona novella della liberazione e della salvezza offerte agli uomini, donate loro da Dio; qua libertate liberavit nos Christus ! ma ha pure insegnato che per render efficace ed effettiva tale condizione bisogna trasformare il dono in conquista ( « gratia Dei in me vacua non fuit » constatava obbiettivamente San Paolo) ossia per fare un gioco di parole che adombra una profonda verità, occorre liberare la libertà con un duro lavoro personale, con una lenta salita verso la piena conquista della propria salvezza. Si tratta in altre parole_di estendere ai singoli individui quel che è già stato acquisito per l'intera umanità, di compiere la divinizzazione dell'uomo, quella teopoiesi che è stato Io scopo della venuta stessa del Cristo, come gli antichi scrittori cristiani ben sapevano ed illustravano mentre oggi questo grande principio è quasi dimenticato (2). Tale lavoro non finisce mai ma ogni giorno si fa un passo avanti, la libertà si afferma ed il fanciullo spirituale diventa uomo nel dolore delle riprese e delle risalite continue. La grande parola cristiana: dilige et fac quod vis, è il motto della vera libertà, della santa indipendenza dei figli di Dio che possono fare quello che vogliono perché faranno soltanto quello che debbono fare. Ma ciò che avviene nell'individuo si ripete per le generazioni, e ciascuna, procedendo nella storia, genera nuovi ostacoli a se stessa, intesse altri legami pur cercando la liberazione ed arrischia spesso di cadere in nuove servitù. Quale sarà la meta di tanta storia? ce Io dice la II Petri riprendendo una frase che ricorre varie volte nella Bibbia: « Noi aspettiamo, secondo la sua promessa, nuovi cieli e nuova terra, nei quali abita la giustizia». (I) I. MouRoux, Senso cristiano del/'11omo (trad. ital.), Brescia, 1948. (2) BREZZI, Homo-de111. I.A teopoieii, ecc. cit.
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